Rupe di Sasso Marconi - cartolina d'epoca

La Rupe di Sasso Marconi

Descrizione

La rupe è costituita da stratificazioni di arenaria sovrapposte, intercalate verso la base da strati di ghiaie conglomerate naturalmente. Negli stati più grossi di quest’arenaria, a metà della costa sul lato sud, esistevano già nei secoli scorsi alcuni antri che indicavano la presenza di cave. Alcune di queste erano abitate da scalpellini o da individui estremamente poveri che ne avevano fatto la loro residenza. Alla base della roccia, sul versante est, scorre il mitico Rio del Diavolo, che ha origine dal piccolo laghetto chiamato Fosso del Diavolo.

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Cenni storici

Le tracce disseminate per questo luogo sono antichissime: sappiamo che nel 1283 un frate, Giovanni da Panico, ricavò da una grotta un piccolo santuario, dedicandolo alla Madonna del Sasso. La grotta fu poi ampliata da Nicolò Sanuti nel 1477. Lo storico Leandro Alberti, che vide il Sasso di Glossina (come si chiamava allora) nel 1550, lo descrisse con minuzia e stupore. In questo luogo per secoli il rischio di frane era molto alto. Nel 1787, un’enorme falda di roccia schiacciò il santuario, miracolosamente vuoto. A malincuore, durante una processione che coinvolse più di tremila fedeli, l’immagine ritrovata della Beata Vergine venne trasferita all’oratorio di villa Ranuzzi (oggi villa Neri). “Evacuata” la Madonna, si dispose di tagliare la roccia che incombeva pericolosamente sulla strada vicina.
Nel 1789 fu terminato il primo “taglio”, con l’utilizzo di mine esplosive, mentre nel 1829 fu asportata gran parte della roccia e con lei i ruderi dell’antico castello. Nel corso degli anni gli abitanti più poveri delle zone ricominciarono ad abitare le grotte alla base della roccia, violando le disposizioni ministeriali.
Nel 1892, in un alone di misticismo e leggenda, la rupe crollò uccidendo 14 abitanti delle cave. Infine, durante la Seconda guerra mondiale, i soldati tedeschi fecero crollare il piano stradale sotto la rupe, facendo crollare così i muraglioni e la lapide commemorativa del Panzacchi. A oggi sono stati ripristinati i muraglioni e la lapide ricollocata.

Focus narrativi

Nel cordoglio della tragica morte dei 14 abitanti nel 1982, Lorenzo Stecchetti scrisse l’epigramma:

Fu la scena soltanto
Fu il drammaccio cruento
Che vi commosse al pianto.
Se il monte non cascava
Morivano di stento
Ma nessuno ci badava.

***

Quando ancora il posto si chiamava “Praduro e Sasso”, circa cinquecento anni fa, fu sede dei fatti mistici e terrificanti che ancora oggi gli danno il nome attuale. Ai tempi un castello fortificato da alte torri si contrapponeva al borgo composto per lo più da casupole coi tetti di paglia. In quel periodo gli abitanti dei luoghi vicini iniziarono a parlare di una misteriosa creatura che vagava fra i campi e i boschi alla ricerca di anime dannate, seminando morte e devastazione. Una notte tempestosa un lampo fece da sfondo al demone, la cui figura oscura si intagliò nella luce. Fu il panico tra i contadini, che corsero a cercar riparo nella chiesa del castello. Così il demone salì sulla cima della rupe, allora conosciuta come “Sasso di Glossina”, e con tutte le sue forze spiccò un balzo gigantesco nel tentativo di superare le mura di cinta. Improvvisamente, nel cielo buio della notte, apparve una luce abbagliante al centro della quale fu vista distintamente la figura della Beata Vergine. Ella respinse l’orribile abominio, il quale cadde ai piedi della rupe emettendo un ultimo, agghiacciante grido. L’indomani gli abitanti giunsero timidamente ai piedi della rupe e videro un enorme cratere causato dallo schianto della bestia. Dove prima vi erano campi e vigne non rimaneva che una larga spaccatura, attraverso cui scorreva un rivolo d’acqua livida e limacciosa. Da allora quella fenditura venne chiamata il Fosso del Diavolo e il rivolo, divenuto un ruscello, prese il nome di Rio del Diavolo.

***

Oltre al mistero che aleggia sulle origini mistiche del Rio del Diavolo, la zona è stata teatro di terribili e drammatici eventi “terreni”. Le opere di demolizione dell’antica rocca medievale e lo stanziarsi degli scalpellini negli incavi ai piedi della rupe sono fatti di cui non si ha più grande memoria. Sicuramente ricordare i fatti accaduti tra il XVIII e il XIX secolo darebbe nuova dignità a coloro che persero la vita in quei drammatici disastri.

Spunti videoludici

La leggenda della Rupe, nella sua natura, invoca all’eterna lotta tra il bene e il male, lo scontro originario per eccellenza. Qui si condensa il vero significato della storia. Tutto ciò si presterebbe ad una narrazione in stile “cappa e spada”, rievocando gli eventi in un gioco storico, inscenato cinquecento anni fa, con derive fantasy di ispirazione mitico-religiosa. Inoltre è doveroso citare la Pietra di Bismantova (vedi scheda), con cui condivide la verticalità, il landscape (entrambe rupi rocciose) e le leggende (in entrambi i casi vi è la lotta tra la Vergine e Satana, tra il bene e il male). Da questo fil rouge potrebbe nascere un viaggio videoludico che incontri ambo i luoghi.

[Bibliografia]
A. Martelli, Mongardino, storia e leggenda nell’Appennino bolognese, Oversaes, Bologna, 1973

[Sitografia]
Sasso Marconi Foto

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