Greci

Descrizione

Greci, o Katundi, è l’unico paese della Campania a tradizione arbëreshe, e proprio per questo è tutelato dalla legge come testimonianza di un patrimonio storico-linguistico unico. Esso è situato ai confini della Campania, su un colle dell’Appennino Dauno-Irpino che dà l’ingresso al Vallo di Bovino, sul quale scorre l’antica via regia che portava da Napoli alle Puglie.

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Cenni storici

In realtà Greci deve il suo nome alle spedizioni in Italia dei Bizantini che fondarono al loro passaggio molte colonie greche. Solo alla metà del 1400 la venuta degli albanesi cambiò il volto al paese, arricchendolo con la propria cultura in una commistione unica. Divenne con il tempo una vera e propria cittadina, toccando nel 1881 – quando cioè la popolazione italiana era molto minore – i 3.800 abitanti. Oggi presenta invece solo 659 abitanti, per effetto dell’emigrazione che ha coinvolto la zona e che ha portato numerosi abitanti, le cui famiglie erano appunto giunte con l’emigrazione albanese del ‘400, a trasferirsi nel continente americano e in Germania.

Focus narrativi

L’arrivo degli albanesi in Italia avvenne una prima volta nel 1448 quando il re di Napoli Alfonso I d’Aragona chiamò mercenari dal Paese di fronte per sconfiggere gli insorti calabresi, e poi di nuovo tra il 1461 e il 1464 quando Ferdinando d’Aragona vide schierarsi al suo fianco Skanderbeg (vero e proprio eroe popolare d’Albania, che resse per anni la lotta contro l’occupante ottomano in patria), nella contesa con Giovanni d’Angiò. Proprio questa seconda volta e l’aiuto essenziale dato dagli albanesi agli Aragona, spinsero Ferdinando a concedere come ricompensa la possibilità di rimanere in Italia.

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Nonostante alcuni dei paesi arbëreshe abbiano conservato gli originari riti della religione greco-bizantina, a Greci ciò non è avvenuto, con le autorità religiose che, soprattutto intorno al 1600 riuscirono nella conversione forzata degli abitanti. Pur tuttavia, nel lessico è rimasta la vecchia terminologia degli stessi, così che, ad esempio, il matrimonio viene ancora chiamato ven kuror, incoronazione degli sposi, seguendo l’antica tradizione (a volte ancora utilizzata) per cui all’uscita dalla chiesa gli sposi, in corteo, si recavano a casa dello sposo, dove i genitori di quest’ultimo offrivano da bere del vino in un unico boccale, che veniva subito dopo distrutto affinché nessun altro potesse bervi, ad indicare l’indissolubilità del vincolo del sacramento del matrimonio.

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La lingua arbëresh, pur se tutelata ufficialmente, è a Greci utilizzata in maniera pura solo dagli anziani, mentre i giovani oggi sono soliti contaminarla con i dialetti dei paesi limitrofi e con l’italiano stesso. Inoltre essa è sostanzialmente orale.

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L’abitazione tipica del paese è la haliva, una abitazione rurale in pietra e tetto in legno e tegole, la cui particolarità era di essere ad unico ambiente, destinato sia al soggiorno degli uomini sia alla sosta del bestiame. I mobili della casa venivano dalla dote della sposa ed erano composti solo da un tavolo, qualche sedia, lo skutëllare di legno per le stoviglie e il piedhërame per gli oggetti di rame.
Le halive sono state abbandonate in tempi recenti e restano intatte solo a Breggo, un promontorio di Greci, con funzione di ricovero per animali.

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Nelle case più grandi, a più ambienti, la camera da letto presentava una specie di comò, sduqi, e un letto alto ferro che faceva da copertura per le patate. Inoltre il letto veniva riscaldato ponendo sotto le coperte la brace del kataliettë di legno. Fuori l’uscio c’era il varëlare, un’insenatura nel muro da cui sporgevano assi di legno che facevano da poggio per i barili d’acqua.

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Nella cultura tradizionale albanese importanza fondamentale ha la parola besa, cioè la parola data, la fede giurata da cui discende l’obbligo di proteggere qualcuno o qualcosa. La stessa usanza è stata ritrovata nella comunità di Greci, per quanto qui venga utilizzato un sinonimo della parola originaria, fjala, in un’espressione come “Fjala ima nenghe kët bier per dre”, tradotto come “La mia parola non deve cadere per terra”. Così, ad esempio, in una compravendita di case o terreni, se l’affare non veniva più completato, il contraente che veniva meno doveva versare il doppio della caparra data dal compratore.

Spunti videoludici

Uno dei videogiochi più adatti ad essere ambientato in questo splendido borgo potrebbe ovviamente vertere sulla conservazione delle memorie locali, davvero ricche di aneddoti testimoniali raccontate dagli anziani del paese, così da permettere di preservare quello che è un patrimonio unico della cultura italiana, testimonianza a sua volta di come questa abbia sempre vissuto a contatto con gli influssi delle civiltà più disparate. Ciò potrebbe ovviamente avvalersi della collaborazione delle istituzioni locali, ben disposte a un tale lavoro anche per effetto delle leggi che tutelano tale cultura. A questo fine ci sentiamo di suggerire un genere di gioco quale quello degli Rpg, più adatti forse a una quantità di testo elevata, che tra l’altro potrebbe a suo modo permettere anche di preservare la lingua arbëreshe stessa, fondata finora sulla sola oralità.

[Bibliografia]

– E. Monaco (a cura di), Greci. Tradizioni e cultura arbëreshe in Campania, Ariano Irpino, 2002.
– G. Conforti, Appunti di Storia Cronologica di Greci, Napoli, 1922.

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