Museo Civico Medievale

Descrizione

All’interno dei suggestivi ambienti del quattrocentesco palazzo Ghisilardi, trovano spazio dal 1985 le raccolte di arte medievale e moderna del Museo Civico Medievale. Nelle sale di questo importante edificio, sono state riunite opere appartenenti a collezioni che risalgono fino al XVII secolo, fra cui spiccano la raccolta del marchese Ferdinando Cospi, vera e propria summa enciclopedica, di mirabilia naturali e artificiali, la raccolta del generale Luigi Ferdinando Marsili, composta principalmente da armi, ed infine il fondo Palagi (1860).

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Cenni storici

Il museo ha sede dal 1985 in Palazzo Ghisilardi-Fava ma la sua fondazione risale a molto tempo prima, il 1881. L’edificio, costruito alla fine del ‘400, costituisce una delle testimonianze più significative dell’architettura bolognese di età della Famiglia Bentivoglio. Il palazzo sorge su una porzione di città interessata da una densa stratificazione di antichi manufatti, portati alla luce in occasione di un restauro. Qui sono visibili alcuni resti romani, cospicui avanzi dell’antica Rocca Imperiale distrutta nel 1115 e la torre duecentesca della famiglia dei Conoscenti, inglobata durante la costruzione del palazzo (da Bologna Welcome).
Le opere che costituiscono il nucleo più rilevante del museo sono in gran parte testimonianze della vita medievale bolognese, a partire dai manufatti altomedievali dei secoli VII-IX, fino alla grande statua di Bonifacio VIII in lastre di rame dorato, opera di Manno Bandini da Siena (1301), eseguita in ricordo dell’impegno profuso dal Papa per mettere fine alla guerra tra Bologna e Ferrara. Vicino alla scultura, trova posto un illustre documento degli inizi del Trecento, il grande piviale di manifattura inglese con Storie della vita di Cristo e della Vergine, esempio tra i più rilevanti di “opus anglicanum”.

Focus narrativi

Di seguito, focus narrativi legati al patrimonio conservato all’interno del museo:

Giovane coccodrillo del Nilo, XVII secolo. Proveniente dal Museo Cospiano, come si può vedere dall’incisione di Mitelli, il coccodrillo si trova spesso collocato all’interno delle Wunderkammer, sia sotto forma di preparazione tassidermica che del solo cranio. Al di fuori di tali contesti è di frequente presente anche nelle chiese, con un significato simbolico legato all’esistenza dei draghi e alla personificazione del male.

Calendario runico. Il calendario runico, realizzato in Francia nel 1514, è composto da otto tavolette di bosso scolpite e incise su entrambi i lati. Di queste, soltanto sei servivano a indicare i dodici mesi dell’anno, mentre la prima e l’ultima della serie sono adorne di figure e simboli religiosi: Cristo deposto dalla croce da un lato e il ciclo pasquale nell’altro. Chiude la serie la tavoletta con Cristo, la Vergine, i dodici apostoli, il ciclo lunare e quello solare da una parte e nell’altra raffigurazioni rappresentanti le festività. Questo tipo di calendario probabilmente ebbe origine in Svezia, dove fu utilizzato fino al XVII secolo.

Daga a cinquedea con stemma Bentivoglio. La daga a cinquedea (così detta perché richiama le cinque dita di una mano), è una sorta di spada, relativamente corta, con lama molto larga al tallone, cioè al punto di innesto con l’elsa. L’esemplare in esame è appartenuto per certo ad un membro della famiglia Bentivoglio, come lasciano intendere lo stemma e l’impresa dell’aquila che riposa sotto un cartiglio col motto “NUNC MICHI” (“ora è il mio momento”), incisa sul pomo e sull’elsa, probabilmente riferibile ad Annibale II Bentivoglio. È un’arma di lusso, finemente lavorata con iscrizioni anche nelle laminette sugli spessori e scene allegoriche sulle sgusciature delle lame che, pur non avendo ancora ricevuto una compiuta lettura interpretativa, si rivelano inequivocabilmente legate ai temi cavallereschi del “furore”, della “fortuna” e della “virtù”, presenti nella letteratura delle saghe eroiche. L’iconografia delle raffigurazioni incise sulla lama e i motti in latino sono ispirate all’“antico”, fonte privilegiata dalla cultura di età bentivolesca. Vi si scorgono infatti figure d’ignudi restituite con accurata resa anatomica e altri motivi ornamentali di gusto archeologico, come candelabri e are, che trasformano questa daga in un’arma “epica”, come le spade brandite dagli eroi antichi nelle loro memorabili gesta.

Armatura da giostra. Proveniente dalla collezione Cospi, è storicamente la più importante tra gli oggetti difensivi della collezione del Museo. Si tratta di un’armatura da giostra di rincontro, che vedeva i due cavalieri affrontati, armati di lancia e divisi, ciascuno alla propria sinistra, da una palanca o lizza. Da notare: la resta inserita nella parte destra del petto e su cui poggiava la lancia; le manopole, differenziate a seconda dell’uso, la sinistra reggeva le briglie del cavallo mentre la destra sorreggeva in equilibrio la lancia; e gli staffoni, ossia le scarpe con le staffe già inserite.

Ceramiche di Manises. All’interno della prestigiosa raccolta di ceramiche del Museo Medievale, occupa un ruolo di assoluta preminenza il nucleo di circa quindici esemplari di manufatti ispano-moreschi decorati a lustro provenienti dalle manifatture di Manises, in Spagna. In particolare, i vasi biansati esposti, riferibili alla seconda metà del Cinquecento, provengono dalla collezione del Marchese Cospi, come si evince dall’incisione di Mitelli a corredo del catalogo del Museo da Lorenzo Legati nel 1677.

Bonifacio VIII. La statua di Bonifacio VIII fu eretta nel 1301 sulla facciata del Palazzo Pubblico per volere del Consiglio del popolo, a testimonianza di un energico intervento di pacificazione del pontefice. Quest’ultimo, infatti, aveva determinato la fine della lotta che Bologna stava portando avanti contro Ferrara, per il controllo dei castelli di Bazzano e Savignano. In realtà, il progetto iniziale prevedeva l’erezione di ben tre statue: quella di Bonifacio VIII affiancata da quella di Carlo d’Angiò e del Capitano del popolo. In seguito, si decise di realizzare solo quella del pontefice, non più in marmo, ma in lastre dorate su anima di legno. La sua sfolgorante sontuosità, impreziosita da decorazioni traslucide ora scomparse, dovette contribuire ad esaltare gli effetti di suggestione iconica, al servizio di quel progetto teocratico che attirò al pontefice l’accusa di eresia da parte del re di Francia Filippo il Bello, suo irriducibile rivale.

Codici miniati. La collezione è composta da una serie di statuti e matricole delle arti bolognesi, un cospicuo fondo di codici liturgici, provenienti dai più importanti conventi cittadini maschili e femminili e da vari capilettera ritagliati, in larga misura provenienti dalla Collezione Palagi. Tale raccolta, originatasi dalle soppressioni degli ordini religiosi in epoca napoleonica e post unitaria, oltre che da donazioni e lasciti, illustra la decorazione libraria bolognese a partire dal XIII secolo per giungere al XVI secolo.

Incisione di Giuseppe Maria Mitelli. La tavola, incisa da Giuseppe Maria Mitelli, fu eseguita per illustrare la collezione creata dal marchese bolognese Ferdinando Cospi all’interno del libro Museo Cospiano realizzato da Lorenzo Legati nel 1677. La scena mostra l’insieme della raccolta, vera e propria Wunderkammer legata al gusto barocco dell’esagerazione e della meraviglia. Le opere, suddivise in due grandi categorie dette naturalia e artificialia, erano disposte in virtù del loro aspetto sorprendente.

Tombe dei Dottori. Arche dedicate ai magistri dell’Università bolognese. Come in altre città italiane sedi di Università, anche a Bologna andò diffondendosi, già a partire dal Duecento, la consuetudine di realizzare imponenti monumenti funebri dedicati ai professori dello Studium, volti a celebrare non solo la fama dei dottori di diritto civile e canonico, ma anche il prestigio della città stessa nel mondo.

Spunti videoludici

Come dimostrato dal bando “Bologna si mette in gioco – Playable Bologna“, la valorizzazione del museo può passare attraverso la selezione di reperti particolarmente affascinanti, sia per storia che per tipologia e sembianze. La selezione può variare in relazione alla tipologia di opere che si intende realizzare o ai percorsi museali che si desidera valorizzare.
Il Museo Civico Medievale si trova in via Manzoni 4, a pochi passi da Piazza Maggiore e di fronte alla Chiesa della Madonna di Galliera e di San Filippo Neri. Perché non far dialogare, dal punto di vista narrativo, il museo e la chiesa? Immaginare passaggi segreti, collegamenti misteriosi tra religione e cultura medievale. La vicina caserma da carabinieri potrebbe inoltre ispirare storie investigative legate al museo.

[Bibliografia]
AAVV, Introduzione al Museo Civico Medievale – Palazzo Ghisilardi-Fava, Bologna, Comune, 1987
Museo Civico Medievale, Cataloghi delle collezioni del Museo civico medievale di Bologna, Casalecchio di Reno, Grafis

[Sitografia]
Musei Civici d’Arte Antica

Scheda realizzata in collaborazione con i curatori del museo.

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