Basilica di Santo Stefano

Descrizione

L’antico complesso di Santo Stefano, detto anche delle Sette Chiese (oggi ne restano quattro), ha alle sue spalle più di un millennio di vita. Nella centralissima Piazza Santo Stefano, a poche decine di metri dalle due torri, si trova uno dei più intricati complessi di architettura sacra del Medioevo italiano. In fondo alla piazza triangolare delimitata da edifici quattro-cinquecenteschi si trovano, quasi come una scenografia teatrale, una accanto all’altra tre chiese di medie dimensioni tutte di mattoni: sono le chiese del Crocifisso, del Santo Sepolcro e dei Santi Vitale e Agricola che costituiscono il prospetto e l’accesso al complesso di Santo Stefano. L’ingresso alla basilica avviene dalla chiesa che si trova a destra e in posizione avanzata rispetto le altre due, la chiesa del Crocifisso, caratterizzata da una semplice facciata a capanna con un pulpito a balconcino un tempo usato per l’esposizione delle reliquie dei santi e per le prediche all’aperto. La chiesa di origine longobarda, costituita da una sola navata conserva, al centro del presbiterio, il crocifisso ligneo (da cui il nome) di Simone dei Crocifissi; il presbiterio sopraelevato, raggiungibile con un’alta scalinata, è stato rifatto in forme barocche mentre al di sotto dello stesso, la cripta (un tempo anche chiesa autonoma), costruita dai monaci benedettini per ospitare le reliquie dei santi Vitale e Agricola, è caratterizzata da dodici colonne di colori e materiali diversi che reggono le volte a crociera. Ai piedi del presbiterio, sulla sinistra, una porticina immette nella suggestiva chiesa del Santo Sepolcro a pianta d’ottagono irregolare; la chiesa di epoca romanica è segnata da un cerchio interno di colonne (alcune di reimpiego di epoca romana) che sorregge il matroneo affacciato sull’interno attraverso bifore. Al centro della chiesa lo spazio è dominato dall’edicola del Santo Sepolcro che ospita la tomba di San Petronio, patrono di Bologna, e sul quale si trova, raggiungibile con una scala, il pulpito.
Attraverso un’altra porta si entra nella terza chiesa, quella di Vitale e Agricola, divisa in tre navate absidate da pilastri e colonne sormontate da capitelli di riuso; l’interno si presenta oggi spoglio e con mattoni a vista anche se resta qualche frammento della decorazione pittorica e del pavimento a mosaico. In testa alle due navate minori sono posti i sarcofagi dei santi martiri Vitale e Agricola sui quali sono scolpiti pavoni, simbolo di immortalità, e un angelo benedicente affiancato dal cervo e dal leone.
Tornando indietro e ripassando dalla chiesa del Santo Sepolcro si può accedere nel cosiddetto cortile di Pilato, snodo dell’intero organismo; delimitato da ali porticate che congiungono la chiesa del Santo Sepolcro con quella della Trinità, conserva al centro del cortile su una base un bacile di pietra di epoca longobarda che rappresenta il catino usato da Ponzio Pilato per lavarsi le mani dopo aver condannato a morte Gesù. Lungo i porticati del cortile di Pilato si aprono antiche cappelle.
In fondo al cortile di Pilato si trova la chiesa della Trinità di antichissima origine ma alterata da restauri e rifacimenti. In origine sarebbe dovuta diventare a cinque navate ma, probabilmente per mancanza di fondi, non venne conclusa; durante il periodo longobardo venne perciò trasformata in un battistero. Attualmente conserva forse la più preziosa opera d’arte del complesso di Santo Stefano: una meravigliosa Adorazione di Magi in statue lignee a tutto tondo del duecento che costituisce il più antico presepio conosciuto.
In fondo al lato sud del cortile di Pilato è possibile accedere allo splendido chiostro romanico dei benedettini composto da un portico su basse colonne e da una splendida loggia più leggera e slanciata i cui capitelli presentano raffigurazioni antropomorfe, zoomorfe e fitomorfe; su un lato del chiostro si aprono la cappella della Sacra Benda, che conserva la fascia appartenuta alla Maddalena, e la sala capitolare.

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Cenni storici

La basilica di Santo Stefano sorge su un’area che in età romana era dedicata al tempio della dea egizia Iside (il cui culto si diffuse nell’impero a partire dal I secolo a.C.) come testimoniato dalla epigrafe “Domina Isidi Victrici” che fu rinvenuta in epoca medievale e murata su un fianco della chiesa del Crocifisso. Le origini degli attuali edifici di culto sono molto antiche: la chiesa dei Santi Vitale ed Agricola risale al IV secolo, la chiesa del Santo Sepolcro al V secolo e la chiesa del Crocefisso all’VIII secolo.
Tutto il complesso di Santo Stefano subì numerosi danni durante le devastanti invasioni degli Ungari dell’inizio del X secolo e venne in buona parte ricostruito o costruito ex-novo dai benedettini nell’XI e nel XII secolo. Restauri vennero eseguiti anche verso il 1880 e all’inizio del XX secolo eliminando le varie superfetazioni (tranne il “cappellone” barocco del XVII secolo sopra il presbiterio della chiesa del Crocefisso) ma anche mutando in parte il volto antico della basilica.

Focus narrativi

Il complesso di Santo Stefano è una sorpresa già a cominciare dal nome: a Santo Stefano sono dedicati la via, la piazza e l’intero complesso, ma nemmeno uno dei singoli edifici che attualmente compongono il labirinto della basilica; anzi, le chiese e le cappelle hanno spesso due nomi diversi, aumentando così il disorientamento: la chiesa del Crocifisso era dedicata a San Giovanni Battista, quella del Santo Sepolcro forse al protomartire Stefano (da qui il nome) e quella della Trinità era chiamata anche chiesa del Martyrium. Non è chiaro nemmeno perché il complesso sia chiamato delle “sette chiese”: si possono contare tante volte ma, al giorno d’oggi, la somma non fa mai sette. Le chiese vere e proprie sono quattro ma sicuramente di più sono le cappelle dotate di un altare proprio che si incontrano camminando nella basilica.

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La tradizione racconta che sia stato San Petronio, vescovo di Bologna dal 431 al 450, ad immaginare il complesso e ne volle fare una replica dei luoghi santi di Gerusalemme, la “Sancta Jerusalem Bononiensis”. I pellegrini medievali potevano così ripercorrere tutte le tappe della Passione di Cristo: nella vicina chiesa di San Giovanni in Monte, che sorge su una collina artificiale ad un centinaio di metri dalla basilica di Santo Stefano, rivivere i momenti del Getsemani sul monte degli Ulivi; ritornati nel complesso stefaniano, nella chiesa del Crocifisso, meditare sulla morte in Croce di Cristo, nella chiesa del Santo Sepolcro pregare nel sepolcro in cui il corpo era stato sepolto, ripercorrere i momenti della Passione adorando la fascia appartenuta alla Maddalena nella cappella della Sacra Benda, sostare nel cortile in cui Pietro aveva rinnegato il Maestro e Pilato lo aveva condannato.

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La Passione di Gesù Cristo viene ricordata anche con due oggetti particolari presenti nella Basilica, due colonne: nella cripta della chiesa del Crocifisso, una colonna portata dal vescovo Petronio di ritorno dalla Terra Santa documenta l’altezza di Gesù Cristo (circa un metro e settanta); nella chiesa del Santo Sepolcro invece, una colonna nera di età imperiale simboleggia la colonna su cui Cristo venne flagellato.

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La chiesa più antica del complesso, quella di Vitale e Agricola, è dedicata ai due primi martiri della Chiesa bolognese e custodiva, fin dalla sua fondazione, le reliquie dei due santi. Narra la tradizione che Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, che già nella sua diocesi si era impegnato per ritrovare i corpi di santi martiri, era presente, insieme al clero bolognese, al rinvenimento dei corpi dei santi Vitale e Agricola. Sant’Ambrogio stesso, in una predica del 393, narra le vicende del martirio avvenuto probabilmente nel 305 durante la grande persecuzione di Diocleziano: Vitale, servo di Agricola, condannato al supplizio in quanto cristiano così come il suo padrone, venne torturato per primo dai suoi carnefici nella speranza di indurre Agricola a rinnegare la fede; questo tentativo ebbe l’effetto inverso di quello sperato e perciò anche Agricola venne ucciso crocifiggendolo nella arena cittadina.
Grazie alla narrazione di Sant’Ambrogio del martirio e del ritrovamento dei corpi di Vitale e Agricola, il loro culto si diffuse rapidamente tanto che reliquie dei due santi vennero portate a Milano, Firenze, Nola e anche a Rouen e Clermont in Francia.

Spunti videoludici

Sicuramente il primo nucleo narrativo di grande interesse videoludico è il trait d’union spaziale tra Bologna e Gerusalemme attivato dalla vocazione replicativa e celebrativa del “Sancta Jerusalem Bononiensis”. Un collegamento tra il capoluogo emiliano e la città simbolo della cristianità ricco di spunti geografici, culturali e storici, che giustifica la messa in scena di due location compresenti e dialoganti in un possibile videogioco dedicato alle “passioni” di Cristo e dei primi cristiani.

In termini spaziali il complesso delle Sette Chiese trova interessanti sviluppi narrativo-simbolici nel collegamento con la vicina chiesa di San Giovanni in Monte (simbolo del Getsemani), nella cornice circondata di portici della piazza Santo Stefano e, in quella direzione, nel contrappunto con due potenti simboli del potere secolare cittadino rappresentati dalle Due Torri.

Il carico religioso del complesso fa delle Sette Chiese una summa narrativa dei simboli della prima cristianità, con una forte connotazione tragica, a partire dalla Passione di Cristo. Il complesso è ricco di rimandi semantici al martirio (dalla vita rappresentata di Gesù a quella dei santi bolognesi Vitale e Agricola) e a personalità chiave della tragedia cristiana, da Ponzio Pilato (il bacile) a Maria Maddalena (la reliquia della Sacra Benda).

Ricco di spunti narrativi (dall’adventure al mystery) il filone religioso-mitologico che caratterizza l’area su cui fu edificato il complesso, che in epoca romana ospitava un tempio dedicato alla dea egizia Iside: si apre qui un possibile collegamento tra la cristianità e il mito ancestrale della Dea Madre, da Iside alla Vergine Maria.
Interessante inoltre la presenza nel complesso del più antico presepio conosciuto, che apre a collegamenti geografici e personalità centrali della Chiesa come San Francesco, che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione della Natività. 
Il presepe diventa – quasi come in un gioco di inscatolamenti, spunto per il game design – uno di tre livelli di rappresentazione che conducono dal presepe, messa in scena della natività appunto, al complesso delle Sette Chiese, replica bolognese dei luoghi sacri, fino a Gerusalemme, originale geografico e luogo d’origine del culto.

[Bibliografia]

– Borghi B., La Basilica di Santo Stefano in Bologna. Un viaggio verso la Terrasanta, Bologna, Minerva, 2011.
– Cara R., Prevosti C., Torriani C., Città d’arte, Bologna, Roma, Gruppo Editoriale L’Espresso, 2011.
– Fini M., Bologna sacra: tutte le chiese in due millenni di storia, Bologna, Pendragon, 2007.
– Gigli P., Gigli M., Per le vie e le piazze di Bologna, Bologna, I Portici di Bologna, 2011.
– Riccomini E., L’arte a Bologna, Bologna, Editoriale Bologna s.r.l., 2003
Bologna, Meridiani, n. 241, febbraio-marzo 2018.

[Sitografia]

Abbazia di Santo Stefano
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