Descrizione
La Torre di Oriolo sorge all’interno del parco di Oriolo dei Fichi, un piccolo nucleo abitato situato a pochi chilometri da Faenza, sui primi contrafforti dell’Appennino romagnolo. Per secoli l’edificio ha un ruolo strategico militare importante grazie alla posizione e alla struttura massiccia.
Si presenta con una forma esagonale irregolare detta “a doppio puntone”, proprio a causa della presenza di due punte ad angolo retto e delle restanti ad angolo ottuso. Questo dà modo alla rocca di apparire quadrata o ottagonale, a seconda del punto di vista da cui la si guarda.
L’interno è diviso in sei piani. Al piano interrato si trova una cisterna usata per raccogliere l’acqua piovana, a cui si attinge mediante un pozzo. Nelle immediate vicinanze è presente anche una profonda fossa di scarico. Il seminterrato accoglie, invece, il magazzino delle provviste: una sala rettangolare provvista di un forno e un foro per gettare i rifiuti. Risalendo la scala a chiocciola, che parte proprio da questo piano, si incontrano in successione la sala delle guardie, che coincide con l’ingresso della Torre; la sala del castellano, dalla quale un tempo si accedeva ai camminamenti di ronda; ed infine, la torretta costruita a metà del XIX secolo. Da qui è possibile affacciarsi da un terrazzo merlato che offre un panorama a 360° su gran parte della Romagna.
Cenni storici
La storia della Torre di Oriolo inizia nel 1057, anno di edificazione per volere di Arnaldo II, Arcivescovo di Ravenna. Nel gennaio del 1474 l’Arcivescovo Bartolomeo Rovella la cede per 2500 fiorini a Carlo II Manfredi, signore di Faenza. Il vecchio castello viene completamente ristrutturato e trasformato in una rocca ad uso strettamente militare. In specifico, viene costruita la torre col mastio esagonale e fortificato l’accesso mediante due muri spessi dotati di camminamenti superiori.
Nel 1500 viene assediata e dominata per un breve periodo dai Borgia, passando successivamente sotto la Repubblica di Venezia, per poi tornare nuovamente sotto il controllo pontificio. Col trascorrere del tempo, decadono le esigenze strategiche e l’importanza militare dell’edificio, che poco alla volta viene abbandonato. A causa dello spopolamento, nel Seicento il Legato Pontificio ordina la soppressione del Comune di Oriolo, che da status di Comune Rurale viene ridotto a una semplice Scola: una circoscrizione di quartiere con mezzi e poteri molto limitati.
Nel secolo successivo, la proprietà della Torre passa ai privati e si trasforma in abitazione per mezzadri, che lavorano nelle vigne circostanti. Con l’inasprirsi degli eventi della Seconda guerra mondiale, l’edificio torna a essere funzionale a presidi militari. Per questo motivo, la fortificazione è presa spesso di mira da granate, ma riesce a resistere grazie ai grossi muri perimetrali. In seguito, durante i bombardamenti del 1944 su Faenza, molte persone in fuga vedono nella rocca un rifugio sicuro. Dopo il conflitto, la Torre viene nuovamente abbandonata fino al 1965, quando viene ideata una campagna di sensibilizzazione per il restauro e l’apertura al pubblico. A tale scopo, per diversi anni gli abitanti di Oriolo organizzano la “Festa di Primavera, per salvare un monumento”, grazie alla quale iniziano le trattative con la famiglia Caldesi, proprietari della Torre da lungo tempo.
Nel 1984 viene quindi donata alla città e dopo anni di lavori di restauro, nel 2004 riapre finalmente al pubblico.
Focus narrativi
Nel 2019 Oriolo ha ospitato l’antica festa dei Lòm a Mêrz: i lumi di marzo.
Tradizionalmente, questi lumi erano falò propiziatori coi quali si celebrava l’arrivo della primavera, invocando un’annata favorevole per il raccolto nei campi, scongiurando malasorte e ogni avversità meteorologica.
I falò erano costituiti da rami secchi e resti di potature per incoraggiare e salutare l’arrivo della bella stagione. L’evento veniva organizzato ogni anno negli ultimi tre giorni di febbraio e nei primi tre di marzo, radunandosi nelle aie, intonando canti e danzando intorno al fugarèn (i fuochi).
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Fino a qualche anno fa, oltre alla Torre, esisteva un altro elemento simbolico a Oriolo dei Fichi: un pino molto grande e molto vecchio appartenente a un gruppo di quattro Pinus pinea situati ai piedi del torrione. Essi avevano formato per secoli una cornice ambientale inscindibile da tutto il resto.
Quello che è stato considerato il “decano” dei pini è per tradizione ritenuto il primo albero piantato nella dimora della famiglia Caldesi. Protetto ai sensi della legge regionale 2/77, in quanto riconosciuto come esemplare monumentale, di pregio paesaggistico, storico e naturale, nel 2014 l’albero viene abbattuto, sia per ragioni biologiche, sia per pesanti interventi umani di qualche decennio precedente che lesionarono in maniera irreparabile le sue radici. Oggi restano gli altri tre pini un po’ più giovani, che in qualche modo cercano di colmare la mancanza del gigante scomparso.
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L’area di Oriolo era popolata già prima dell’edificazione della Torre.
Oggi la zona è all’interno della grande Pianura Padana, ma in epoche remote essa era sommersa dal mare Adriatico e la zona in specifico non era altro che una spiaggia sabbiosa, delimitata dalla foce di svariati fiumi. Negli anni sono stati ritrovati numerosi reperti archeologici, anche fossili. Uno dei ritrovamenti più esemplari è il cranio intatto di un Elephas o Mammuthus Meridionalis, una sorta di elefante simile al Mammut.
Altri ritrovamenti hanno riportato alla luce frammenti ossei di bisonti, ippopotami e rinoceronti, tutti custoditi nel Museo Civico di Scienze Naturali di Faenza.
Quanto finora noto per la fauna attuale, l’unica importante particolarità è il Gruccione, un coloratissimo uccello africano e mediterraneo che nidifica in gallerie scavate da lui stesso in scarpate sabbiose.
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La Signoria dei Manfredi domina il territorio faentino dal 1313 al 1501.
Proprio verso la fine della casata, la Torre di Oriolo si intreccia con la figura di Cesare Borgia che assieda e si impossessa della rocca, catturando gli ultimi dei Manfredi, Astorgio III e il suo fratellastro Giovanni Evangelista.
Nato nel 1485, Astorgio o Astorre III vive una vita breve e difficile. Già a tre anni si ritrova orfano di padre, assassinato per gelosia d’amore fomentata anche da parenti che bramano il possesso di Faenza. Nonostante ciò, riesce a crescere con un ottimo temperamento, a tal punto che i Faentini vedono nel giovane la capacità di governarli. Assieme al fratellastro Giovanni Evangelista e al consiglio degli anziani, Astorgio III governa la città amato e rispettato dai sudditi.
Le ottime doti di strategia militare vengono ricordate nell’ultima battaglia di Faenza e della Torre di Oriolo, quando, dopo la resa dell’aprile del 1501, persino Cesare Borgia si complimenta coi Manfredi per la sorprendente resistenza. Dopo essere stati catturati, Astorgio e Giovanni Evangelista chiedono la grazia di avere salva la vita. Il Valentino a sua volta acconsente e propone a loro di farsi accompagnare da un suo uomo fidato a Roma. Purtroppo per i due fratelli la parola data non coincide con le sue vere intenzioni.
Per i Borgia, i Manfredi costituiscono una minaccia, poiché l’acclamato Astorgio avrebbe con molta probabilità sollevato il popolo per richiederlo a gran voce.
A due mesi dalla presa di Faenza, gli ultimi Manfredi vengono uccisi. I loro corpi vengono ritrovati successivamente nel Tevere. Di Astorgio o Astorre cantarono i poeti faentini:
“… col Valentin men vo poiché fortuna vuolche così sia… piangete faentini c’havè perso così gentil signor nobil e bello… piangete e con voi piange tutto l’universo”.
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Nel corso degli anni, il territorio circostante Oriolo dei Fichi è stato rivalorizzato dando luogo ai Sentieri di Oriolo, itinerari percorribili nei pressi della Torre.
Ad arricchire questi cammini è stato il lavoro del produttore di vino e zafferano Nino Tini che, spinto dall’interesse verso la poesia e la natura, ha ideato il suggestivo percorso della Strada della Poesia appendendo agli alberi le sue poesie che parlano della fauna locale, della vita dei contadini e dell’amore.
Un altro importante percorso è il Sentiero dell’Amore, una vecchia via militare battuta un tempo da soldati, in cui oggi è possibile trovare ristoro e leggere altri versi del poeta romagnolo.
Spunti videoludici
Verrebbe spontaneo focalizzarsi sull’elemento della torre come pretesto per lo sviluppo di un classico tower defense. Tuttavia, spostando di poco l’attenzione, è possibile notare come anche il piccolo nucleo di Oriolo offra spunti variegati.
Dalla figura di Astorgio III coinvolto nell’ultima battaglia di Faenza sotto l’assedio dei Borgia, potrebbe nascere un’idea di gioco di ruolo strategico-militare in stile Valkyria Chronicles.
Che dire poi di tutta la ricchezza paesaggistica e folcloristica. I reperti archeologici e il pino secolare potrebbero essere inseriti come elementi di gioco adatti per avventure grafiche old school, mischiate con la fantascienza come The Dig, oppure più vicine alla storia come la saga di Indiana Jones.
Sarebbe poi interessante prendere in considerazione anche le tradizioni popolari come “i lumi di marzo” e il contesto paesaggistico della zona, in modo da renderli parte integrante, se non fondamentale, di un videogioco i cui elementi d’ambiente rimandano spesso a informazioni sul territorio e sulla cultura popolare, come ad esempio Pilgrims.