Descrizione
La tomba di Francesco Baracca, asso dell’aviazione italiana nella Prima guerra mondiale si trova nel cimitero di Lugo di Romagna, luogo di nascita del pilota. Baracca fu uno dei piloti più importanti della storia dell’aviazione italiana: con 34 scontri aerei vinti fu una leggenda dell’aviazione, al punto che la notizia della sua morte, avvenuta in un ennesimo scontro aereo nei cieli del trevigiano, fu tenuta segreta per non destare scoramento nelle truppe italiane, impegnate al fronte contro l’Austria nella Grande Guerra.
Alle esequie dell’aviatore fu Gabriele d’Annunzio, suo grandissimo ammiratore, a pronunciarne l’elogio funebre. La tomba di Baracca è stata realizzata nel 1923 dallo scultore di Lugo Roberto Sella in stile Art Decò e presenta una decorazione musiva che ricorda da vicino i mosaici di Ravenna. Al grande pilota è dedicato anche un pregevole monumento nella piazza di Lugo a opera dello scultore Domenico Rambelli.
Cenni storici
Francescco Baracca, il più importante asso dell’aviazione italiana nella Prima guerra mondiale.
Nato a Lugo di Romagna il 9 maggio 1888 da famiglia nobile, frequentò l’Accademia militare di Modena tra il 1907 e il 1909 dalla quale uscì col grado di sottotenente. Affascinato dal volo, passò in aviazione e ottenne il brevetto di pilota il 9 luglio 1912. Con lo scoppio della Grande Guerra, Baracca si distinse ben presto per le sue abilità acrobatiche che gli consentirono diversi abbattimenti, primo dei quali il 7 aprile 1916 sul cielo di Gorizia: dopo una serie di manovre, Baracca riuscì a portarsi in coda a un ricognitore austriaco e abbatterlo con quarantacinque colpi. Atterrato, l’aviatore di Lugo avrebbe incontrato il nemico abbattuto, fatto prigioniero, per stringergli la mano. Infatti, come riportato da Folco Quilici, Baracca era solito dire “è all’apparecchio che io miro, non all’uomo”. L’azione gli valse la medaglia d’argento al valor militare (ne riceverà altre, una d’oro). Seguono altri quattro abbattimenti che lo iscrivono all’Albo degli Assi dell’Aviazione.
La sua abilità è tale che nel 1917 viene scelto per fondare e guidare la “squadriglia degli assi”. I membri, scelti dallo stesso Baracca, sono i migliori piloti del tempo: Pier Ruggero Piccio, Fulco Ruffo di Calabria, Gaetano Aliperta, Bartolomeo Costantini, Guido Keller, Giovanni Sabelli, Enrico Perreri e Ferruccio Ranza. Al comando di questa squadriglia Baracca porta il numero delle sue vittorie aeree a 34.
La sua parabola vittoriosa si arresta il 19 giugno 1918: Baracca viene colto di sorpresa da un biplano austro-ungarico non visto. Il pilota Max Kauer e l’osservatore Arnold Barwig riportarono l’abbattimento ma l’esercito italiano negò per giorni la notizia [vedi focus]; la Grande Guerra si concluderà in pochi mesi.
Le esequie si svolsero a Quinto di Treviso dove D’Annunzio pronunciò il suo elogio funebre, e poi a Lugo.
Focus narrativi
È il 19 giugno 1918, l’Asso è costretto a partire con il suo aereo di riserva per la quarta missione del giorno. Baracca viene colto di sorpresa da un biplano austro-ungarico non visto che, trovandosi a bassa quota, volava mimetizzato dal suolo. Il pilota Max Kauer e l’osservatore Arnold Barwig ebbero il tempo di far fuoco sull’aereo di Baracca che scuro si stagliava contro il cielo. La notizia della sconfitta di Baracca fu per l’esercito austriaco motivo di grande gioia; da parte italiana, invece, si cercò di negare fino all’ultimo l’abbattimento del migliore tra i piloti. Successivamente, l’esercito italiano tentò di modificare le circostanze dell’abbattimento sostenendo che Baracca era stato colpito da terra da proiettili incendiari (non in dotazione alla fanteria di terra austriaca). Tale era la fama di Baracca da fare la differenza nel morale degli aviatori italiani, come scrisse l’Asso Mario Fucini, infatti: “Era la stessa fiducia in noi stessi che riceveva un colpo: se è possibile abbattere Baracca, cosa potrò fare io per non subire la stessa sorte?… Ed anche subentrò in noi una specie di conforto nel quale non avevamo sperato: Baracca non era stato abbattuto da caccia avversari. Il suo prestigio di cacciatore non era stato intaccato. Come Sigfrido soltanto un colpo a tradimento aveva potuto finirlo. Nessun vanto il nemico avrebbe potuto fare di questa fine. È questo più di tutto importava”.
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Il corpo e l’aereo di Baracca vennero ritrovati alcuni giorni dopo l’abbattimento alle pendici del Montello. L’aereo aveva preso fuoco mentre il corpo dell’aviatore, ustionato in più punti, presentava una ferita al volto, sotto l’occhio destro. Forse era stato colpito o forse aveva preferito togliersi la vita prima di morire bruciato.
Dopo le esequie, tenutesi a Quinto di Treviso, in cui la salma fu salutata dall’elogio di Gabriele d’Annunzio e dagli alti ufficiali dell’esercito, la salma fu trasportata a Lugo dove si tennero le esequie pubbliche.
Baracca fu sepolto al cimitero di Lugo, nella cappella sepolcrale dei Baracca, nel 1923 venne progettata la Cappella Baracca in stile Liberty a opera di Roberto Sella, con decorazioni musive che ricordano il mausoleo di Galla Placidia a Ravenna. La cappella ospita un sarcofago che riporta i simboli del pilota, sormontato da un’aquila e tiene col becco la bandiera italiana.
Nel luogo dell’abbattimento, sul Montello, venne costruito un sacello alla memoria del pilota romagnolo.
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La città di Lugo di Romagna è fortemente legata alla memoria del suo Asso. Nel 1936, in pieno Ventennio fascista, venne inaugurato un pregevole monumento, l’ala di Baracca, a opera dello scultore Domenico Rambelli.
Il monumento è un obelisco a forma di ala d’aereo con impressi sui lati i due simboli del pilota lughese. Di fronte all’ala si trova una staua dell’aviatore in uniforme, al di sotto della quale sono scolpite le date delle sue vittorie.
Degno di nota è anche il Museo Francesco Baracca collocato nella casa natale dell’Asso. Il Museo conserva notevoli pezzi di pregio tra i quali uno SPAD VII S 2489 in dotazione alla squadriglia degli Assi di cui Baracca fu a capo.
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Sui suoi velivoli, Francesco Baracca faceva dipingere il grifone, emblema del 91° Reggimento, e il cavallino rampante la cui origine è stata per lungo tempo un piccolo mistero. Secondo alcuni il cavallo doveva essere rosso in ricordo del 2° Reggimento di cavalleria “Piemonte Reale” di cui fece parte. Alla morte del Baracca i compagni lo avrebbero impressero in nero sui loro aerei.
Secondo altri il cavallo rampante sarebbe l’emblema del quinto pilota abbattuto da Baracca, il primo dopo essere diventato Asso, un pilota probabilmente originario di Stoccarda. Il logo della città Tedesca, sede della Porsche, è proprio un cavallino rampante.
Secondo quanto riportato dal sito del Museo Francesco Baracca, quella di far dipingere un emblema sulle ali del proprio velivolo era una consuetudine di recente adozione nella Grande Guerra, Baracca scelse il cavallo nero, per legame affettivo col proprio Reggimento di cavalleria.
Quel che è certo è che nel 1923 la madre di Francesco Baracca diede al modenese Enzo Ferrari il permesso di utilizzare l’emblema del cavallino rampante come logo della sua scuderia, ce lo dice lo stesso Enzo in una lettera al Conte Giovanni Manzoni: “La storia del cavallino rampante è semplice ed affascinante. Il cavallino era dipinto sulla carlinga del caccia di Francesco Baracca, l’eroico aviatore caduto sul Montello, l’asso degli assi della prima guerra mondiale. Quando vinsi nel 1923 il primo circuito del Savio, che si correva a Ravenna, conobbi il conte Enrico Baracca padre dell’eroe; da quell’incontro nacque il successivo con la madre, Contessa Paolina. Fu essa a dirmi, un giorno: ” Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna”. Conservo ancora la fotografia di Baracca, con la dedica dei genitori, in cui mi affidano l’emblema. Il cavallino era ed è rimasto nero; io aggiunsi il fondo giallo canarino che è il colore di Modena.”
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Decisamente sui generis è il piccolo tributo a Baracca, e all’aviazione italiana di primo-Novecento, nel film d’animazione giapponese Porco Rosso (1992). In una scena del film di Hayao Miyazaki si vede un baffuto pilota a bordo di un idrovolante arancione, con un grande numero 1 impresso sul fianco. Il pilota viene presentato come: “Lo Stallone Nero, il signor Baracca”. Un omaggio singolare ma che denota un’ammirazione per l’aviazione italiana nel Sol Levante.
Spunti videoludici
Francesco Baracca è senza alcun dubbio la più grande leggenda dell’Aviazione italiana. La sua carriera si inserisce nel contesto della Grande Guerra, in un momento nel quale l’aviazione rappresentava un terreno inesplorato, di scoperta oltre che di scontro, nel quale a scontrarsi non erano semplicemente piloti ma gentiluomini su ali di legno e tela. La presenza nella biografia di questo Asso del volo di personaggi del calibro di Gabriele d’Annunzio ed Enzo Ferrari, ne fanno uno snodo significativo di diverse narrazioni possibili, rendendola, inoltre, adattabile a diversi tipi di gameplay. Non solo simulatori di volo, quindi, ma anche visual novel in cui approfondire la storia dei personaggi coinvolti nella narrazione.
Fonti e link
[Bibliografia]
– Quilici F, Umili Eroi, Milano, Mondadori, 2016
[Sitografia]
Museo Francesco Baracca
Ravenna 24 ore