Descrizione
Ai piedi dei Monti Sibillini e al cospetto delle loro cime settentrionali, Sarnano è un piccolo comune che conta poco più di tremila abitanti. La sua posizione, tra colline e vallate e a ridosso della catena appenninica, lo ha reso abitabile fin da tempi antichi, di gran lunga antecedenti la nascita del Comune: adesso il borgo, facente parte dei Borghi Più Belli d’Italia, porta su di sé le innumerevoli tracce di chi l’ha abitato nei secoli.
Cenni storici
Alcuni reperti ci riportano alla presenza di antiche civiltà fin dal VIII secolo a.C. L’abbondanza di risorse naturali attirò gli Umbri e i Piceni fin da tempi remoti: i secondi, in particolare, si insediarono nell’attuale territorio di Sarnano per dedicarsi alla pastorizia, alla caccia, all’agricoltura e all’allevamento.
Testimoniato da alcuni ritrovamenti anche il passaggio degli Etruschi, che dovevano utilizzare Sarnano come luogo di transito ideale per attraversare gli Appennini. È nell’epoca Romana che gli assetti del territorio andarono definendosi maggiormente: la Centuriazione messa in atto da Cesare Ottaviano investì il sarnanese dividendone e assegnandone le terre.
Dopo la caduta dell’Impero Romano nel 476 il territorio fu occupato da Goti, Longobardi e Franchi, l’influsso dei quali dette avvio all’incastellamento e all’introduzione del sistema feudale. È in questo periodo che venne costruito l’insediamento fortificato che è diventato poi l’attuale borgo di Sarnano. Determinante la presenza della famiglia dei Manardi, di origine franca, che dette il nome al Monte Castel Mainardo ed edificò un buon numero di castelli nei dintorni.
Nel 1264 Papa Urbano IV intimò a Rinaldo Brunforte, figli di Fidesmondo dei Manardi, di presentarsi a Roma a seguito di un suo cambiamento di fazione a favore dei ghibellini: pena la scomunica e la perdita dei territori. Rinaldo non si presentò e dal 1256 il Papa ordinò che gli abitanti del sarnanese venissero svincolati dai signori di Brunforte. Con l’intervento di Carlo d’Angiò e il cambiamento di politica della Chiesa, il papato restituì i territori ai Brunforte senza però annullare il precedente ordine del 1256, portando di fatto a un paradosso politico che portò allo scontro tra gli abitanti del castello e i nobili della famiglia Brunforte. Lo scontro si concluse solo nel 1282: i Brunforte dovettero riconoscere l’autonomia del comune di Sarnano, diventandone castellani.
Focus narrativi
L’Eremo di Soffiano, i cui resti sorgono lungo la valle del fiume Terro, fu un romitorio scavato in una rientranza rocciosa sul fianco della montagna. Già nel 1101 se ne trova traccia in documenti ufficiali, quando i signori del luogo lo cedettero a una comunità eremitica. Il nome stesso del luogo ne testimonia la frequentazione in tempi ben più remoti: “Soffiano” deriverebbe infatti da “sub Janus”, riconducendo così al culto del dio Giano (Janus), molto diffuso trai Piceni in epoca pre-romana.
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Nei pressi delle grotte di Soffiano è stata rinvenuta nel 1986 una strana pietra ovale, da allora nota come “Pietra di Terro” o “Uovo di Sarnano”. A oggi non se ne conoscono le funzioni precise: la pietra è alta poco meno di una persona, ha forma ovale e un incavo sulla sommità. Molti hanno pensato che l’oggetto fosse un osservatorio astronomico di origine celtica: la vaschetta, riempita d’acqua, rifletteva il cielo stellato dando traccia del trascorrere delle stagioni – un vero e proprio calendario astronomico ante litteram. Altri invece, pur concordando con la datazione del reperto, ne riconducono la costruzione ai culti del dio Giano diffusi nel territorio prima dell’avvento dei Romani. Negli anni, l’Uovo di Sarnano ha attirano numerosissimi curiosi o appassionati di culti pagani, stimolando la creazione di svariate leggende.
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Un contadino in località Cerrara (situata tra Sarnano e Amandola), nel 1955, mentre lavorava il suo campo ha portato alla luce un masso cilindrico di calcare bianco, inciso su una delle due basi. Si trattava di un cippo di centuriazione risalente al tempo di Augusto, il quale veniva solitamente posto al crocevia tra cardi e decumani. Ciò emerge anche dalle iscrizioni sul calcare: una D (decumano) e un III perpendicolari a una K (cardo) e ai numeri XI e XIII. Grazie a questo cippo è stato possibile ricostruire, con una buona approssimazione, l’impianto di centuriazione del territorio sarnanese.
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Una leggenda riguardante l’origine dello stemma di Sarnano, storicamente inaccurata ma molto precisa nei dettagli, viene tramandata dagli abitanti del Comune da lungo tempo. San Francesco visitò le Marche almeno cinque volte, intrattenendo rapporti anche con Fidelsmido (nonno di Rinaldo di Brunforte). Si dice che ad avvicinare il santo di Assisi fosse una conversione: nel 1220, infatti, Fidelsmido aveva convertito a Bologna il giovane Pellegrino di Falerone. Gli eventi della leggenda partono allora da fonti tutto sommato accertate e plausibili, per poi però discostarsene. Ha luogo infatti in una certa Rocca Brini, situata nel Piceno, che però non esiste: si pensa che si tratti di Roccabruna, nel sarnanese, situata proprio davanti al castello di Brunforte. Fu Rinaldo di Brunforte a chiedere ai suoi eredi, negli atti testamentari, di prendersi cura proprio del convento di Roccabruna. Proprio nel contesto di questa prossimità, sia a livello di ideali che dal punto di vista geografico, la leggenda vuole che San Francesco incontrasse un gruppo di nobili provenienti da vari castelli. Questi litigavano sullo stemma da utilizzare come simbolo per il nascente Comune di Sarnano. Per mettere pace tra i litigiosi, il santo utilizzò il cordone del proprio saio per tracciare a terra il simbolo pacificatore che divenne poi il simbolo del comune: un serafino a sei ali. Si dice che questo incontro avvenne proprio tra il castello di Brunforte e Roccabruna, a Campanotico. Un dipinto di Pietro Procaccini del 1646 raffigura il momento.
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Fino a non molto tempo fa, le numerose norme che regolavano il ritmo della vita della comunità in tempi remoti venivano trasmesse oralmente. Furono infine, con le opportune modifiche, inserite nello Statuto di Sarnano. Tra queste, curiosa quella del coprifuoco, diffusa anche in tutti i comuni della Marca intorno al XIV Secolo: le porte lungo le mura venivano chiuse al terzo rintocco della campana del Comune e riaperte all’alba, cioè all’Ave Maria del mattino. Nelle ore notturne non era permesso uscire o entrare dal perimetro murario del borgo, all’interno di cui le porte venivano chiuse e le scalette mobili portate all’interno. Si poteva però sostare fuori dalla propria abitazione: fino alla terza casa a destra e alla terza a sinistra dalla propria – un modo per far chiacchierare le donne col vicinato durante la buona stagione. Era obbligatorio uscire di casa con un lume, mentre la libera circolazione spettava soltanto a medici, sacerdoti, notai, fornai e barbieri. I custodi delle porte (portanarii o ianitore) chiudevano le porte delle mura con almeno due chiavi diverse, mentre le strade erano sorvegliate da sentinelle lungo le mura o da picchetti armati. Obbligatoria era infine una torcia da posizionare al di fuori dell’uscio di casa, affinché le strade rimanessero ben illuminate (scoraggiando così l’avvento di nemici o congiurati).
Spunti videoludici
I misteri e le suggestioni del sarnanese sono di indubbio interesse, narrativo in senso lato quanto videoludico in senso stretto. Affascinante ripercorrere, per esempio, le varie ordinanze legate al coprifuoco e brillantemente riproposte dal primo Statuto appena susseguente la fondazione del Comune; così come spargere un alone inquietante sui vari reperti e luoghi del territorio: si veda l’Uovo di Sarnano, poetico dispositivo per contemplare le stelle riflesse su un piccolo specchio d’acqua o in alternativa oggetto pagano con funzioni ignote; oppure ancora il bellissimo ed evocativo scenario dell’Eremo di Soffiano. Collegate a questi ultimi spunti, inevitabili fascinazioni legate all’ignoto: come non impersonare allora il contadino che, nel 1955, ha portato alla luce un cippo risalente alla centuriazione – e se non fosse stato quel che sembrava? E se le cose fossero andate diversamente? In cosa potrebbe trasformarsi l’Uovo di Sarnano, se al posto dei culti pre-romani ci immaginassimo qualcosa di ancor più ancestrale e inquietante? Ecco che l’atmosfera medievale di Sarnano può abbinarsi agli ambienti di cui il territorio si compone, e al tempo stesso diventare sede di oscure forze immaginarie.
Fonti e link
[Bibliografia]
– Stefano Sebastianelli (a cura di), Arcana. I segreti di Sarnano, Edizioni Simple, Macerata 2015.
[Sitografia]
Sarnano Turismo
Si ringraziano il Comune di Sarnano e Nicola Del Giudice per la collaborazione