San Gimignano

Descrizione

Immerso nelle colline senesi della Val d’Elsa, tra la val d’Orcia e la valle del Chianti, c’è un piccolo borgo arroccato su una collina alta 334 metri e circondato da mura duecentesche: San Gimignano. Il piccolo borgo conta oggi poco più di 7000 abitanti e rappresenta un classico esempio di architettura urbana medievale del XIII e XIV secolo. Oltretutto, a parte qualche restauro risalente all’Ottocento e Novecento, risulta intatto e autentico nell’aspetto medievale. La caratteristica principale del borgo sono le torri, che al giorno sono 14 e dominano il paesaggio e risultano visibili anche in lontananza. Dal 1990 è stato iscritto all’Unesco, nella World Heritage List come patrimonio da conservare e preservare: “capolavoro del genio creativo umano, porta la testimonianza unica di una civiltà del passato e l’eccezionale esempio di un complesso architettonico e paesaggistico, testimonianza di importanti tappe della storia umana”.

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Cenni storici

Sappiamo che il borgo era abitato prima del basso Medioevo, epoca storica cui inevitabilmente viene da pensare nel momento in cui si guarda San Gimignano. Il primo nucleo insediativo risale al periodo etrusco, di cui son stati trovati resti sulla sommità della collina, mentre in periodo romano la colonizzazione si concentrò sul fondo valle come dimostrano i resti della villa romana di Chiusi, vicino al torrente Fosci. Il primo documento storico che attesta l’esistenza del borgo risale al 30 agosto del 929 quando Ugo di Provenza dona al vescovo di Volterra il monte della Torre, di fianco a “Sancto Geminiano”. Prima del X secolo comunque San Gimignano era ancora un villaggio di dimensione ridotte, gravitante intorno al vicino centro di Volterra di cui era un feudo. La situazione di San Gimignano cambiò radicalmente con la rinascita dell’anno Mille: grazie all’aumento demografico e alla ripresa economica, gli scambi e gli spostamenti all’interno dell’Europa medievale aumentarono e la posizione del Borgo a cavallo della variante collinare della via Francigena risultò fondamentale. La via Francigena è l’itinerario che portava i pellegrini in viaggio dalla Francia a Roma e fece sì che San Gimignano diventasse uno dei principali luoghi di sosta dei pellegrini. Nel 1199 la città si ritrovava notevolmente cambiata: non era più quel borgo arroccato dipendente dal signore di Volterra ma si presentava come città circondata dalla sua cinta muraria, contraddistinta dallo slancio delle sue numerosissime torri e in procinto di dichiararsi indipendente. Nel secolo successivo i commerci di prodotti locali, principalmente zafferano e vino, portarono quella ricchezza in città che solo le lotte interne fra guelfi e ghibellini provvidero a distruggere. Come tutta la Toscana, infatti, San Gimignano si trovò divisa fra la fazione avversa al potere papale, cappeggiata dalla famiglia Salvucci, e quella che non voleva riconoscere l’imperatore come signore, capitanata a sua volta dalla famiglia Ardinghelli. Nel 1250 la città era comandata dai guelfi ma a seguito della battaglia di Montaperti i ghibellini ripresero il potere. Questo mutamento di poteri non impedì comunque che la città acquisisse quell’impianto urbano che ancora oggi la contraddistingue. Nell’anno 1300, oltretutto, la città ricevette Dante come ambasciatore della Lega Guelfa. I fasti di San Gimignano hanno fine in questo secolo. La peste nera del 1348 spezzò le ginocchia alla città che si consegnò in maniera volontaria alla vicina Firenze. Perse così l’indipendenza e lo slancio che non trovò più nel corso della storia, restando un satellite della città per tutta l’età moderna.

Focus narrativi

Un fattore principale favorì in modo apprezzabile l’economia e la fortuna di San Gimignano nel basso Medioevo: la coltura dello zafferano. Nel sistema economico medievale questa pianta ebbe un’importanza rilevante dal punto di vista della medicina, della tintoria e della cucina. Il fiore coltivato nelle terre di San Gimignano, nel medioevo come ai giorni nostri, è uno dei più pregiati, considerato di migliore qualità rispetto a quello di Poggibonsi e di Volterra. I guadagni derivanti da queste attività erano abbastanza alti da fare la fortuna di intere casate che grazie a questi commerci fecero costruire alcune delle torri della città. Per tutto il periodo medievale è attestato il commercio del prodotto non solo nelle principali piazze italiane, non solo europee ma anche fuori dal continente – grazie al supporto delle navi pisane e genovesi – verso il Mediterraneo orientale, ad Alessandria, Tunisi, Damietta, Acri, Tripoli e Aleppo. La singolarità sta nel capovolgimento della rotta del commercio, visto che tutte le spezie arrivavano dall’Oriente e approdavano in Europa. Lo zafferano veniva impiegato anche nella tintoria per dare colore ai capi e questa sua versatilità lo rese uno dei prodotti di maggior valore commerciabile, tanto da utilizzarlo come prodotto di omaggio e all’interno degli scambi. Il comune di San Gimignano offrì 25 libbre di zafferano all’imperatore Federico II e fecero omaggio, vent’anni dopo, di 100 libbre a Carlo d’Angiò e a Guido di Monforte, re della Tuscia. Non fece presa solo col podestà di Firenze, che lo rifiutò. Con lo zafferano si pagavano le masnade e il comune, dopo essersi indebitato con banchieri per sostenere l’assedio del castello della Nera, pagò con zafferano oltre che denaro. Altro materiale di valore e di scambio delle terre sangimignanesi è il vino, in particolare il greco e la vernaccia. Lorenzo de’ Medici richiese 500 maglioli di greco della terra per trapiantarli in certi suoi possessi del pisano. La vernaccia è ricordato come un vino abbastanza alcolico e dal sapore deciso; è ricordato, da Michelangelo Buonarroti “il Giovane” (pronipote del Michelangelo che tutti noi conosciamo) come un vino che “bacia, lecca, morde, picca e punge”.

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Uno dei punti di principale interesse nella città di San Gimignano è quello che viene comunemente chiamato Duomo, il cui nome ufficiale è “Collegiata di Santa Maria Assunta”. Venne consacrata alla presenza di papa Eugenio III al suo ritorno del viaggio sulla via Francigena, confermando ancora una volta il ruolo vitale dell’itinerario come conferma il ruolo vitale dell’itinerario per le fortune della città. La chiesa presentava un orientamento opposto all’odierno, come conferma un’antica abside visibile nella controfacciata della chiesa. Il cambiamento è probabilmente da attribuire al passaggio – ancora una volta – della Francigena, che attraversava la piazza. Cambiando l’orientamento della facciata l’accesso per i pellegrini sarebbe stato molto più semplice. Fu ampliata successivamente da Giugliano da Majano. La sua facciata è in stile romanico, ha due porte laterali corrispondente alle due navate esterne, mentre la porta centrale non venne costruita per preservare la presenza dell’antica abside della chiesa. Il fonte battesimale è firmato Giovanni di Cecco, capomastro dell’opera del duomo di Siena. Sulla parete di fondo troviamo una raffigurazione dell’annunciazione, opera del pittore Sebastiano Mainardi, cognato del Ghirlandaio, pittore che affrescherà gli interni della chiesa. Dentro troviamo infatti una serie di affreschi che rendono il luogo estremamente suggestivo. La chiesa è disposta su tre navate affrescate con cicli pittorici raffiguranti il vecchio e il nuovo testamento. Al centro si dispiega un affresco raffigurante il martirio di San Sebastiano. Troviamo anche una rappresentazione dell’inferno dominata dalla figura di Satana che tiene in bocca Giuda e nelle mani Bruto e Cassio, ispirata ovviamente alla Divina Commedia di Dante. Nella navata sinistra troviamo storie del vecchio testamento e in quella opposta racconti del nuovo, con una grande attenzione verso i particolari. L’affresco del tetto, con motivi di colore blu a riprendere il cielo, rende la visita – al giorno d’oggi – estremamente suggestiva e affascinante. Vivere San Gimignano quando questi capolavori erano appena stati compiuti doveva rendere la visita alla città, o il riposo durante la via Francigena, estremamente gratificante. È da notare, oltretutto, che la chiesa e i suoi affreschi non vennero mai sottoposti a un restauro e i colori sono estremamente vivaci ancora al giorno d’oggi, dopo secoli dalla loro creazione

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Ovviamente in una città da questo fascino medievale, arroccata su una collina di più di 300 metri, non potevano mancare leggende e curiosità riguardanti la fondazione e la storia del luogo. I primi insediamenti risalgono all’età etrusca, ma secondo la leggenda la città venne fondata in epoca romana. Più precisamente, venne fondata da dei giovani patrizi. I loro nomi erano Muzio e Silvio ed erano stati complici nella – fallita – congiura di Catilina. In seguito al fallimento del piano, smascherato da Cicerone, i patrizi congiurati scapparono rifugiandosi in val d’Elsa dove costruirono due castelli: quello di Mucchia e quello di Silvia, la futura San Gimignano. Città il cui nome deriva, com’è comprensibile, dal santo Geminiano. Infatti, secondo la leggenda, la città riuscì a salvarsi dalla furia del re ostrogoto Totila grazie all’intervento del santo. Le leggende in merito alla dinamica di intervento di Geminiano sono in realtà due. Secondo una versione il santo sarebbe apparso miracolosamente sulle mura, convincendo il comandante barbaro a non proseguire nella razzia. Altrimenti, Geminiano si sarebbe semplicemente limitato a nascondere il borgo in una coltre di nebbia per renderlo invisibile agli occhi del re.

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Le torri di San Gimignano le hanno valso il soprannome di Manhattan del Medioevo. Delle settantadue torri presenti nel periodo duecentesco, nel Cinquecento ne erano sopravvissute venticinque mentre oggi ne restano quattordici. La più alta di queste è la Torre del Podestà, detta anche Torre Grossa, che misura 54 metri. Un regolamento vietò di erigere torri più alte della Rognosa, all’epoca la più importante, ma ciò non impedì alle famiglie degli Ardinghelli dei Salvucci di costruire torri appena meno alte per dimostrare la loro potenza. La costruzione della Torre Grossa iniziò qualche mese dopo la partenza di Dante da San Gimignano e terminò undici anni dopo. È una delle poche torri ancora oggi visitabili ed è ancora oggi la più alta, solo un metro sopra la torre Rognosa, costruita però il secolo precedente. Le famiglie Ardinghelli e Salvucci invece, dilettate nel gioco di costruire le torri appena poco più alte rispetto a quanto consentito, non trovarono nessun tipo di giovamento da quest’attività. Poco tempo dopo la loro costruzione le torri vennero tagliate e ancora oggi misurano la metà rispetto a quando furono costruite. La Torre del Diavolo prende il nome da una leggenda: a quanto pare il proprietario, partito per un lungo viaggio e tornato a San Gimignano dopo diversi anni, trovò la torre più alta rispetto a come l’avesse lasciata, imputando tale evento a un’azione del diavolo. L’ultimo piano dell’edificio è circondato inoltre da mensole sporgenti che donano alla Torre un aspetto sinistro ed esoterico, contribuendo ad alimentare la leggenda sulla torre. Fra le altre torri di San Gimignano si trova la Torre Chigi, costruita nel 1280 dalla famiglia Useppi. Caratteristica di quest’edificio è l’ingresso al primo piano. Difatti, a causa delle continue lotte intestine, la famiglia cominciò a temere attacchi notturni e per scongiurarli fece costruire l’entrata sopraelevata. Durante il giorno si calava una scala per permettere di accedere alla Torre. Le torri per tutto il medioevo furono il simbolo di potenza per eccellenza e San Gimignano ne è una rappresentazione perfetta.

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La città di San Gimignano può vantare, fra le tante cose, anche una Santa nata in casa. Fina dei Ciardi nacque da una famiglia di nobili decaduti e visse la sua breve esistenza in una casa modesta nella città di San Gimignano. Sin da piccola ebbe una vita molto umile, uscendo di casa solo per andare a messa. A dieci anni venne colpita da una malattia che la portò a un calvario di dolori fisici alleviati soltanto dalla fede. Rifiutò di giacere nel letto durante la malattia, ma rimase sempre adagiata su un tavolo di legno di quercia. Durante la malattia perse il padre e la madre a causa di un incidente e il suo corpo si impiagò al punto di rimanere attaccato al tavolo e la sua carne imputridita divenne cibo per topi. La sua devozione e la sua volontà nel ringraziare Dio nonostante tutte le avversità furono un esempio di devozione per tutti i sangimignanesi. A pochi giorni dalla sua morte apparve San Gregorio Magno nella sua stanza prevedendo la sua imminente morte. Quando questo avvenne, otto giorni dopo, dal tavolo e su tutte le torri fiorirono mazzi di viole gialle, mentre le campane della Collegiata iniziarono a suonare senza che nessuno le avesse mosse. Durante il periodo di esposizione della salma vennero attribuite alla santa molte delle guarigioni avvenute a coloro che la andavano a omaggiare, credenza che si perpetrò anche verso i malati che andavano a visitare la sua tomba. A sua nome venne costruito un ospedale e indetta una festa, il 12 marzo, anniversario della sua morte. In suo onore all’interno della Collegiata si fece costruire una cappella meravigliosamente affrescata dal Ghirlandaio, che ritrasse anche il momento in cui Gregorio Magno apparve a Santa Fina. Nell’affresco si possono notare tutti i particolare di cui abbiamo parlato: il tavolo di legno di quercia, i topi e le viole.

Spunti videoludici

San Gimignano è un borgo medievale perfettamente conservato, che racchiude in sé tutto il fascino che quel periodo storico porta dietro. Non a caso, infatti, Assassin’s Creed ha ambientato una parte del secondo episodio proprio in questa città, sfruttando le torri, il fascino della città e l’esoterismo della Torre del Diavolo. Per un videogioco di quel tipo, dove dinamiche come l’arrampicata e lo stealth game fanno da spina dorsale del gameplay, San Gimignano con le sue torri e i suoi vicoli diventa quasi un parco giochi. In un videogioco di avventura si possono sfruttare le diatribe fra le diverse fazioni schierate nello scontro di potere, creando un personaggio che combatte per i guelfi o i ghibellini. Anche il fatto che la via Francigena passi per il centro della città può essere un pretesto per farvi riposare il nostro protagonista o far sì che quest’ultimo incontri qualche personaggio principale in pellegrinaggio. La campagna toscana che circonda tutta la città, inoltre, fa da sfondo perfetto per degli inseguimenti, degli scontri armati o degli assedi.

[Bibliografia]

– Pecori Luigi, Storia della terra di San Gimignano, Certaldo, 2006, ;
– Fiumi Enrico, Storia economica e sociale di San Gimignano, Firenze, Olschki, 1961;

[Sitografia]

San Gimignano
San Gimignano, la città dalle 72 torri

[Scheda Film Commission]

Toscana Film Commission

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