Descrizione
La Sacra di San Michele, come è abitualmente chiamata l’Abbazia di San Michele della Chiusa, sorge sulla cima del monte Pirchiriano all’imbocco della val di Susa, a 40 km circa da Torino ed è, come stabilito da una legge regionale del 1994, il monumento simbolo della Regione Piemonte: dall’alto dei suoi parapetti e delle sue finestre si può ammirare il panorama mozzafiato della Val di Susa ed estendere lo sguardo fino al capoluogo piemontese. La Sacra di San Michele, fonte di ispirazione per l’ambientazione del best-seller Il nome delle rosa di Umberto Eco, è un’antichissima abbazia costruita nel X secolo; nella chiesa principale, risalente al XII secolo, si trovano i sepolcri di alcuni membri della famiglia reale di Casa Savoia. La Sacra di San Michele, dedicata come altri importanti santuari al culto dell’Arcangelo Michele, difensore della cristianità, s’inserisce all’interno di un pellegrinaggio che inizia da Mont Saint-Michel in Francia e termina, dopo oltre 2000 km, a Monte Sant’Angelo in Puglia.
Cenni storici
Già presente in epoca romana sulla cima del monte Pirchiriano un castrum di vedetta sulla via Cozia, successivamente durante il periodo longobardo sorse un presidio a guardia delle invasioni dei Franchi; è ascrivibile a questo periodo l’erezione di una chiesetta-cappella dedicata a San Michele Arcangelo. L’anno di costruzione del complesso vero e proprio è considerato tra il 983 e il 987 quando San Giovanni Vincenzo, vescovo di Ravenna, si ritirò in queste zone per condurre vita eremitica. Successivamente sul finire del X secolo, grazie all’intervento del nobile francese Hugon di Montboissier, iniziò l’impresa della costruzione dell’abbazia con annesso monastero affidato poi a metà dell’XI secolo ai monaci benedettini.
Nel XII secolo venne costruita la parte settentrionale del complesso, il “monastero nuovo”, oggi in rovina, aggiungendo con esso tutte le strutture necessarie per la vita di molte decine di monaci: celle, biblioteca, cucine, refettorio, officine.
Il santuario attuale è il risultato di diversi interventi durati più di un secolo: l’impianto più antico, quello dell’abside con l’imponente basamento in stile romanico di stampo normanno, si suppone essere stato commissionato dall’abate Stefano all’inizio del XII secolo; esso è orientato verso il punto esatto in cui sorge il sole il 29 settembre, giorno della festività di San Michele Arcangelo.
Successivamente vi furono altri interventi: sul finire del XII secolo in cosiddetto stile “romanico di transizione”, e poi nella prima metà del XIII secolo, prima della solenne consacrazione del 1255, in stile gotico francese,
Per quasi 5 secoli (dalla fine del XIV secolo alla prima metà del XIX secolo) si assistette ad un lento declino della Sacra. Nel 1836 Carlo Alberto di Savoia, desideroso di farla tornare agli antichi splendori pensò di collocarvi stabilmente una congregazione religiosa: offrì l’opera ad Antonio Rosmini a ancora oggi i padri rosminiani operano nel santuario e lo custodiscono.
Focus narrativi
La Sacra, arroccata e svettante, sembra spesso galleggiare sulla nebbia o sulle nubi proprio per la sua posizione sopraelevata, situata sul picco Pirchiriano.
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Il culto all’Arcangelo Michele si diffuse e si sviluppò in Europa in seguito all’espansione e al consolidamento del cristianesimo; di San Michele si legge nella Bibbia: nell’Antico Testamento, nel libro di Daniele, dove è raffigurato come il capo delle celesti milizie, e nel Nuovo Testamento, nell’Apocalisse, dove è il principe degli angeli fedeli a Dio che combatte il drago, satana, e gli angeli ribelli e li sconfigge.
Il culto micaelico si diffuse nell’Italia settentrionale (Langobardia maior) soprattutto dopo la conversione al cattolicesimo dei Longobardi, avvenuta dopo il loro stanziamento in Italia (568) e a partire dal VI secolo circa anche nella Val di Susa iniziano a trovarsi tracce di culto a S. Michele Arcangelo.
La particolare venerazione dei Longobardi per l’Arcangelo Michele probabilmente derivava dal fatto che questo popolo germanico ritrovasse nell’Arcangelo quelle virtù guerriere un tempo adorate nel dio Odino.
Nel territorio del ducato longobardo di Benevento (Langobardia minor) sorgeva, sul promontorio del Gargano, il santuario di San Michele Arcangelo (vedi scheda) fondato prima della conquista dell’Italia meridionale dai Longobardi (VII secolo) e da questi venne adottato come santuario nazionale; da qui il culto all’Arcangelo si diffuse non solo in tutto il regno, fino a diventare quasi il patrono dell’intero popolo, ma anche in Europa.
Molto presto il santuario pugliese rappresentò il modello ideale per tutti i santuari dedicati all’Arcangelo che, eretti a somiglianza di quello garganico, sorgevano sulle cime di monti, di colli o di luoghi elevati; in Francia venne per esempio consacrato all’Arcangelo nel 709 il famoso santuario di Mont-Saint-Michel che sorge su un particolare isolotto roccioso che spunta dalla Manica di fronte alla costa della Normandia. La Sacra di San Michele si trovava così a metà strada e costituiva la prima tappa in territorio italiano di quel tratto della Via Francigena, oggi chiamata “Via Sacra Langobardorum”, che muoveva da Mont-Saint-Michel in Normandia e giungeva fino a San Michele sul Gargano collegando i tre principali luoghi sacri dell’epoca dedicati all’arcangelo.
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Sul lato settentrionale e separata dal resto del complesso svetta la Torre della Bell’Alda, la quale deve il suo nome a un’affascinante leggenda. Si dice che una bellissima ragazza di nome Alda, probabilmente vissuta tra il XIII e XIV Secolo, fosse in fuga da alcuni soldati mercenari che a quel tempo razziavano il territorio. La sventurata, prima di cadere nelle mani del nemico, si raccomandò alla Madonna e si buttò giù dalla torre rimanendo miracolosamente illesa. Si racconta che la Madonna stessa la salvò inviando da lei due angeli che la depositarono dolcemente a terra, evitandole la morte. I soldati se ne andarono, l’allarme cessò e pian piano tornò la serenità. Alda iniziò quindi a vantarsi con gli altri paesani della sua miracolosa testimonianza, vantandosene apertamente nonostante nessuno le credesse. Pur di dimostrare a tutti la sua ragione decise di replicare il volo, tornando sulla torre. La superbia della ragazza questa volta fu punita: saltata giù, morì tra le pietre sottostanti nello sgomento generale. Un proverbio dice che il suo corpo accusò così tanto l’impatto che “non ne rimasero pezzi più grandi di un orecchio”.
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Il nome dello scalone vicino all’ingresso deriva da una storia piuttosto divertente che vede come protagonista il sacrestano Bernardino. Egli era incaricato di chiudere la porta alla base delle scale ogni notte e svolgeva la mansione con non poca angoscia, vista la presenza lungo il percorso di svariate nicchie con scheletri e pipistrelli. Durante una notte ventosa, risalendo lo scalone, una folata d’aria gelida gli spense la torcia. L’uomo, spaventato, risalì disperatamente a tastoni – all’improvviso udì delle ossa sfregarsi contro il muro, come se uno scheletro si stesse animando in una delle nicchie circostanti lo scalone. Terrorizzato, raggiunse la porta alla sommità della scalinata. Ma la trovò chiusa (probabilmente a causa del vento). Le sue urla fecero per fortuna accorrere l’abate, il quale venuto a conoscenza del misterioso rumore d’ossa si recò alla nicchia incriminata con la torcia accesa. Scoprì così che la colpa del rumore era di un topo. Lo scalone si chiamò da allora “Scalone dei sorci”.
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Lo scalone è anche chiamato “Scalone dei morti” in seguito al ritrovamento di numerose tombe e scheletri di monaci murati dietro le pareti.
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Umberto Eco ha preso ispirazione dalla Sacra di San Michele per il suo celebre romanzo Il nome della rosa. Pare infatti che la maggior parte delle ambientazioni presenti nello scritto siano molto simili a quelle dell’Abbazia.
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La costruzione della Sacra è vincolata a svariate leggende. Si dice che san Giovanni Vincenzo tra il X e XI Secolo ebbe la visione dell’Arcangelo Michele, che gli ordinò di erigere il santuario. I lavori Inizialmente si svolgevano sul monte Caprasio, non sul Pirchiriano, ma non si riuscivano a completare le fondamenta del complesso a causa di un evento ricorrente e piuttosto misterioso: le pietre poste durante la giornata, nella notte svanivano e costringevano i lavoratori a ricominciare daccapo. San Giovanni Vincenzo, insospettito, rimase allora sveglio tutta la notte per vedere chi fosse a spostarle e vanificare i loro sforzi. Vide così che erano degli angeli a prelevare i materiali da costruzione e a spostarli dal monte Caprasio al Pirchiriano. Fu proprio così che l’Abbazia cambiò collocazione: per assecondare la volontà di Dio.
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Pare che nei cieli dell’intera Val di Susa ci sarebbero continui avvistamenti di oggetti volanti di natura incomprensibile. Le voci che attestano e testimoniano questi episodi non sarebbero solo recenti, ma anche risalenti a secoli scorsi. Per esempio già nel 966 dopo che il vescovo Amizone che giunse all’Abbazia per consacrarla, la notte si accese come fosse giorno per la presenza di lampi infuocati e globi volanti sotto lo sguardo attonito di tutti. Si dice che fossero gli angeli, atti a consacrare e benedire anche loro il luogo.
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Da Chiusa di San Michele, paese sottostante la Sacra, un antico sentiero (contrassegnato 503) si addentra nel bosco e porta nelle prossimità del complesso di edifici. È un sentiero lastricato in pietra, ombreggiato e tortuoso, nonché molto suggestivo.
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Nella Sacra si trova la prima opera firmata di Niccolò, scultore italiano attivo tra il 1122 e il 1139: la Porta dello Zodiaco. Situata oltre lo scalone, essa ha il fronte degli stipiti decorato da rilievi raffiguranti i segni zodiacali e le dodici costellazioni. Nel portale sono presenti anche bassorilievi con rappresentazioni ermetiche e curiose: quella raffigurante il segno zodiacale del cancro, se capovolta, rivela la faccia di un vescovo con in testa un copricapo. Un’altra ha invece connotazioni pornografiche: immortala un corpo nudo presumibilmente maschile aggrappato ad un ornamentale ramo d’albero, il quale si ritorce per infilarsi poi esattamente nell’ano dell’uomo.
Spunti videoludici
Un complesso di edifici arroccato sulla vetta di un monte immerso nella nebbia e raggiungibile solo attraverso un tortuoso vialetto forestale, una torre in cui si sono consumati macabri eventi, una scalinata circondata dalle ossa dei morti, una porta con misteriose iscrizioni: gli ingredienti per un’ambientazione ricca di misteri, suggestioni ed eventi affascinanti ci sono tutti.
Interessante rifarsi alla Sacra per ricreare fedelmente gli ambienti del romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa.
La partecipazione misteriosa dell’edificio alla cosiddetta “Via Michelita” offre numerosi spunti per una narrativa di tipo seriale, strutturata su differenti capitoli o livelli che costituiscono titoli singoli oppure accorpati come molteplici tappe di una stessa avventura.
La vicenda della Bell’Alda offre anche un punto di vista interessante e guerresco: la rocca potrebbe essere lo scenario di scontri strategici d’assedio, in cui una parte deve cercare di espugnarla e l’altra di difenderla, similmente a quanto avviene nella serie Stronghold.
Riferimenti religiosi (culto di San Michele) ed esoterici (Ley-line, linee energetiche); frizioni interreligiose: tradizione cristiana vs. tradizione germanica.
Simbologia militare: invasioni barbariche; San Michele, santo in forma di guerriero.
Polarizzazione Bene/Male: Michele – dall’ebraico “Mi-ka-El”, ovvero il grido vittorioso in risposta a chi aveva osato paragonarsi a Dio: “chi è come Dio?” – vs Lucifero. L’arcangelo Michele è ricordato per aver difeso la fede in Dio contro le orde di satana: prima in coppia celeste con Lucifero (“portatore di luce”), poi, comandante delle milizie celesti contro l’abiura dell’angelo caduto. Difensore della Chiesa, la sua statua compare sulla sommità di Castel S. Angelo a Roma, che come è noto era diventata una fortezza in difesa del Pontefice.
Fonti e link
[Bibliografia]
Antonio Prearo, La Sacra di San Michele. Storia Arte e Leggende, Edizioni Agnes, Torino, 1966.
[Sitografia]
Guidatorino.com
Sacra di San Michele