Rocca Meli Lupi

Descrizione

La maestosa Rocca di Soragna, tutt’ora appartenente alla famiglia nobile dei Meli Lupi, è un castello su pianta quadrata che ruota tutto attorno a un cortile interno. L’opulenza delle sale interne ne riecheggia l’illustre passato feudale, mentre i presunti fantasmi che si aggirano tra i suoi corridoi rievocano i delitti che si sono consumati al suo interno. Un edificio storico che è inevitabile testimonianza del suo tempo, e che è altrettanto inevitabile fulcro di leggende tanto oscure quanto affascinanti.

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Cenni storici

Dopo la distruzione del Castrum Novum della famiglia Lupi, perpetrata nel 1345 dalle truppe di Luchino Visconti, Ugolotto e Raimondino Lupi si rivolsero a Carlo IV di Lussemburgo, che cedette loro il feudo di Soragna e lo elevò contestualmente a marchesato imperiale. Nel 1385, quaranta anni dopo, il Duca di Milano (Gian Galeazzo Visconti) concesse ai Lupi di edificare di nuovo il castello. I lavori ebbero fine nel 1392, e la rocca rimase in mano ai Lupi malgrado i tentativi dei Pallavicino, di nuovo feudatari di Soragna dal 1395, di entrarne in possesso.
Nel 1513 Diofebo Lupi, esponente della famiglia privo però di figli, scelse come erede Giampaolo I Meli, nipote di sua sorella e al tempo giovanissimo. Dopo la sua morte nel 1514 fu però Giambattista Meli, padre di Giampaolo I, a impossessarsi di Soragna. L’allora papa e signore di Parma Leone X ordinò che il castello venisse conquistato, mirando a far nominare suo vicario il fratello Giuliano de’ Medici. Nel 1515 il castello fu quindi tolto dalla potestà dei Meli. Nel 1516, alla morte di Giuliano, Giambattista volle occupare di nuovo il castello – operazione che fu però ostacolata da Leone X, che subito soccorse Filiberta di Savioa, vedova di Giuliano. Nel 1518 tra Giambattista Meli e Filiberta di Savoia fu stipulato un accordo, e la donna restituì il feudo in cambio di un’ingente somma di denaro. I Meli riuscirono a tornare in possesso del castello anche quando, nel 1522, Bonifacio Aldighieri se ne impossessò arrogandosi diritti sul marchesato. Nel 1530 Giampaolo Meli, ormai cresciuto, aggiunge al proprio cognome quello del prozio e dette così vita alla dinastia Meli Lupi. Giampaolo difese la proprietà del feudo anche nel 1542, con l’aiuto del nuovo duca di Parma Pier Luigi Farnese, contro le pretese di Ferrante I Gonzaga.
Tra il XVI e il XVII Secolo il castello fu trasformato in una dimora nobiliare di stampo barocco. I Meli Lupi lo arricchirono ulteriormente, assumendo gli architetti Angelo Rasori e Antonio Tomba, a seguito del passaggio di Soragna da marchesato a principato del Sacro Romano Impero, nel 1709.
Nel 1805, soppresso il principato a causa degli editti napoleonici, i Meli Lupi mantennero comunque la proprietà della preziosa rocca.

Focus narrativi

La pianta del castello è simmetrica e di forma assimilabile a un quadrato. A ogni angolo del quadrato si innalza una torre a sua volta quadrangolare, mentre al centro della facciata d’ingresso ce n’è una quinta, più stretta delle altre. Sul retro, una lunga struttura collega la rocca alla Cappella di Santa Croce e con un Fortino neogotico. Si accede al cortile centrale attraversando un ponticello in muratura che sostituisce il ponte levatoio che c’era in precedenza, grazie al quale si può oltrepassare il fossato asciutto che circonda la costruzione.

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A oggi la rocca è residenza del Principe Diofebo VI, “un simpatico signore dagli occhi azzurri (…) accompagnato da un fedele labrador”. L’uomo contribuisce a donare alla dimora un alone di vissuto e di quotidianità cui generalmente i luoghi simili si sottraggono, diventando prettamente museali. Alcuni visitatori, tra cui Serena Timossi, raccontano di essere stati accompagnati proprio da lui in una visita della rocca, infarcita all’occorrenza di racconti di vicende personali e di ricordi, e di aver così scoperto una dimensione domestica che molti altri castelli nobiliari celano del tutto o addirittura proibiscono.

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Numerose le sale della rocca degne di nota, tra cui la Sala Gialla, i cui affreschi sono stati realizzati da Nicolò dell’Abate nel 1543; la Sala Rossa, che prende il nome dal colore delle sue pareti ed è un perfetto esempio di salotto barocco, e le cui pareti sono affrescate da sei tele paesaggistiche dipinte dal Brescianino; la Galleria dei Poeti, lunghissimo corridoio che porta fino al Fortino e alla Cappella di Santa Croce, e affrescata con erme di illustri poeti tra cui Alighieri, Petrarca, Ariosto e Tasso; la Sala d’Armi, che ad oggi conserva un gran numero di fucili, alabarde, addirittura un cannone.

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Curioso e inquietante l’epitaffio che Francesco Meli Lupi dettò per se stesso, custodito alla tomba di famiglia nella Cappella di Santa Croce: “Quivi giace a marcir entro l’avello nudo senza vigor, vile, fetente, un lupo per venir celeste agnello”.

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La Galleria delle Monache, a oggi trasformata in una sorta di museo dei costumi del tempo, si dice che un tempo ospitasse le celle delle monache di famiglia.

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Lo stemma che troneggia sull’ingresso principale è quello della famiglia Meli Lupi: un lupo rampante d’azzurro in un campo d’oro, cui nel 1530 si aggiunse l’aquila nera bicipite, sormontata dalla corona imperiale, voluta da Carlo V, e cui a sua volta si aggiunsero, nel 1709, i simboli dei Meli – un cervo rampante e con bande rosso e oro, sovrastato poi dalla corona del Principe, e da un telo rosso porpora che fa da sipario.

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La Sala del Biliardo, che custodisce un grande biliardo centrale risalente al XVIII Secolo. La sala è arricchita anche da un un grande camino seicentesco realizzato da Alberto Oliva, nonché da una serie di quadri a ricoprire le pareti, rappresentanti i membri della stirpe Meli Lupi. Per questo, la stanza prende anche il nome di Sala degli Antenati.

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Tra gli antenati ritratti nella Sala del Biliardo spicca il volto di Cassandra Marinoni, moglie di Diofebo II Meli Lupi, al centro di un’inquietante leggenda. Il marito della sorella Lucrezia, Giulio Anguissola, forse per impadronirsi dell’eredità della moglie commissionò l’omicidio di Cassandra. Quando questa fu in visita da Lucrezia e dal cognato, i suoi sicari la pugnalarono mortalmente. La donna fu trasportata a Soragna, dove si spense dopo qualche giorno. Negli ultimi istanti di vita assunse un colorito cinereo, stesso colorito che le valse successivamente il nome di Donna Cenerina. Si dice infatti che, a monito del tremendo omicidio mai vendicato, il fantasma della donna si aggiri ancora per i corridoi del castello di Soragna. Lo scopo di questo fantasma, vuole la tradizione, è quello di presagire ai membri della dinastia Meli Lupi l’avvento di accadimenti brutti, pericolosi o spiacevoli. Si tratta però anche di uno spettro capriccioso, che si ribella quando viene ospitata nella rocca una persona sgradita facendo sbattere finestre, spostando mobili o aprendo e chiudendo porte.

Spunti videoludici

La rocca ha tutti gli elementi necessari per diventare l’evocativa ambientazione di un videogioco a sfondo storico, o dai risvolti narrativi misteriosi. L’idea di un’indagine che parta proprio dai giorni nostri, magari utilizzando il Principe come figura di riferimento e accorato padrone di casa, e che risalga poi a ritroso nella storia e nei personaggi che hanno visitato il castello, lasciandovi la propria traccia, è senz’altro efficace e densa di risvolti meritevoli di considerazione.

La leggenda del fantasma di Donna Cenerina, poi, aggiunge al castello il tocco di mistero e di inquietudine necessario a muovere il giocatore alla ricerca di una risposta, o in fretta verso una di via di fuga: potremmo immaginare il fantasma in un ruolo benevolo, come la leggenda lo vuole, oppure ancora in un ruolo malevolo, magari ipotizzando un protagonista (consapevole o meno) che sia discendente di coloro che hanno voluta morta la sventurata Cassandra Marinoni. I motivi dell’omicidio della donna, oltre a ciò, restano parzialmente avvolti nel mistero: motivo che concede a eventuali narratori o game designer di sbizzarrirsi, dando loro ampio margine di libertà creativa per indirizzare l’utente nell’esplorazione del maniero.

[Bibliografia]

– Alessandra Mordacci, La Rocca di Soragna, Parma, Gazzetta di Parma Editore, 2009.

[Sitografia]

Sognando Viaggi
Rocca di Soragna.it
Il Cofanetto magico

[Scheda Film Commission]

Emilia-Romagna Film Commission

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