Descrizione
La Rocca di Ravaldino, detta anche Rocca di Caterina Sforza, è una cittadella fortificata situata a Forlì, costruita come postazione di difesa là dove un tempo sorgeva Porta Ravaldino, uno dei principali accessi alla città.
Nel XV secolo viene eretto il complesso fortificato costituito da due corpi distinti: da una parte, la rocca vera e propria, di forma quasi quadrata, circondata da forti mura e quattro torrioni d’angolo, tozzi e cilindrici; dall’altra la cittadella, con un perimetro irregolare, mura più basse e una superficie più ampia per contenere un largo numero di soldati. Nel maschio si trova una singolare scala a chiocciola in pietra, senza perno centrale, i cui sessantasette scalini si sostengono per sovrapposizione. La rocca è interamente circondata da un fossato d’erba, una volta colmo d’acqua, dove pare venissero messi serpenti e coccodrilli. Ancora ben visibile è il grande stemma dei Borgia nel lato sud delle mura, a memoria di quell’esasperata battaglia finale avvenuta alla fine del Quattrocento tra la “leonessa di Forlì” e il Duca Valentino.
Oggi la rocca è in parte destinata a sede espositiva, mentre un’ampia area ospita le carceri della città.
Cenni storici
Tra il 1360 e il 1371 la fortificazione già presente viene irrobustita con l’edificazione di una rocca, su volere di Pino III Ordelaffi.
I lavori di estensione e completamento risalgono sia al 1481, durante la signoria di Girolamo Riario, sia al 1496, quando Caterina Sforza, vedova del Riario e reggente in nome del figlio primogenito Ottaviano, ottiene la costruzione della palazzina denominata “Paradiso” per le prestigiose opere d’arte in essa contenute, eseguite probabilmente da Marco Melozzo da Forlì.
In seguito all’edificazione della cittadella, vengono aggiunti ai lati esterni anche il rivellino di Cotogni e il rivellino di Cesena.
È la stessa Caterina Sforza a rendere famosa nei secoli a venire la Rocca di Ravaldino come ultimo baluardo difensivo, prima della resa finale ai Borgia durante l’assedio di Forlì del 1499.
Infatti, già un secolo più tardi, a causa dell’evoluzione delle artiglierie e delle tecniche d’assalto, l’edificio non ricopre più il ruolo di protezione della città. Nel XIX secolo viene poi destinata a carcere fino alla fine del Novecento, quando si realizzano le attuali prigioni all’interno della cittadella.
Ad oggi il complesso è in fase di recupero ed è visibile dal giardino esterno, dove si possono ammirare anche alcuni resti della rocca trecentesca e delle mura del Quattrocento.
Focus narrativi
Caterina Sforza è una delle donne più iconiche della storia di Forlì e d’Italia. Figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza e Lucrezia Landriani, nasce a Milano nel 1463.
Viene educata dalla nonna paterna Bianca Maria Visconti che, assieme al padre, le trasmette la passione per la caccia, le armi e il gusto di governare. Nel 1477 sposa Girolamo Riario nipote di Papa Sisto IV, prendendo così il possesso di alcuni domini in Romagna. Successivamente, la coppia acquisisce anche la Signoria di Forlì, un territorio di gente battagliera e da sempre ribelle alla chiesa.
A seguito della politica oppressiva e per le ingenti tasse, i forlivesi manifestano scontento nei loro confronti e nel 1488 viene organizzata la “congiura degli Orsi” a danno della casata reggente, con l’uccisione dello stesso Riario. La leggenda vuole che, alle minacce degli Orsi di ucciderle i figli in caso di opposizione, la Contessa sia salita sulle mura della rocca e, mostrando loro il pube, abbia dichiarato di possedere lo “stampo per farne altri”. Di fronte a tanta audacia, gli Orsi rinunciano alla rivolta e Caterina prende ufficialmente possesso dell’edificio, vendicandosi a sua volta dei traditori.
Rimasta vedova, nel 1496 si sposa in segreto con Giovanni de’ Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico, dando alla luce Ludovico Giovanni de’ Medici, il famoso capitano di ventura Giovanni dalle Bande Nere.
Nonostante la forza e l’astuzia che la contraddistinguono, la sovranità della Sforza è presto destinata a concludersi. Papa Alessandro VI è infatti intenzionato a rimpossessarsi delle terre romagnole e affida al Duca Valentino il compito di esaudire questo desiderio.
Dopo aver conquistato Imola, Cesare Borgia entra a Forlì nel dicembre del 1499, assediando la Rocca. Caterina Sforza resiste fieramente e da sola per lungo tempo, capitolando solo nel mese successivo. Pochi anni dopo muore a Firenze e le sue spoglie vengono tumulate nel monastero delle Murate di Firenze, di cui oggi non vi è più traccia della tomba.
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L’assedio di Forlì è un episodio della Guerra d’Italia del 1499-1504. La guarnigione della Rocca di Ravaldino guidata da Caterina Sforza si è distinta per un’eroica resistenza nei confronti dell’esercito francese e pontificio comandato da Cesare Borgia. Per contrastare l’avanzata del nemico, Caterina cerca soccorso da Firenze senza però ottenerlo, in quanto gli stessi fiorentini sono minacciati da Alessandro VI, che intima di togliere loro Pisa. Sempre più decisa a resistere, comincia allora ad arruolare e addestrare quanti più soldati possibile e a immagazzinare armi, munizioni e viveri. Rinforza intanto anche le difese della fortezza e decide, infine, di mettere in salvo i figli facendoli partire per Firenze. Nel momento decisivo la Sforza chiede espressamente alla popolazione di Forlì di scegliere tra la lotta e la resa al nemico. A questo proposito, il Consiglio dei Quattrocento risponde facendo presente che Alfonso II di Napoli e di Ludovico il Moro hanno da poco perso lo stato per mano dei francesi e che, quindi, non ritengono saggio opporsi militarmente a un avversario così superiore causando inutili sofferenze ai forlivesi. Caterina, sdegnata per la codardia, scioglie il patto di fedeltà coi suoi sudditi, dando loro l’opportunità di scegliere liberamente da che parte stare.
Cesare Borgia, entrato a Forlì il 19 dicembre 1499, cerca per ben due volte di proporre delle trattative vantaggiose a Caterina e ai suoi figli, in caso di rinuncia alla battaglia.
Le offerte vengono rifiutate entrambe le volte. Dopo un’agguerrita difesa, la forza delle bombarde dell’esercito francese e pontificio prende il sopravvento e il Borgia riesce finalmente a conquistare l’ultimo rifugio sforzesco. La lotta solitaria della Signora di Forlì non rimane indifferente al resto d’Italia: numerose sono state infatti le canzoni e gli epigrammi composti in suo onore.
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Il Canale di Ravaldino, detto anche dei Mulini, colmava un tempo l’ampio fossato dell’omonima rocca. Oggi quasi interamente sotterraneo, nel Medioevo attraversava la città sotto la luce del sole e incontrava lungo il suo cammino mulini, tintorie e lavatoi.
Per secoli ebbe un ruolo predominante nella vita dei cittadini forlivesi, in quanto favorì molte attività che regolavano l’economia locale. Tuttavia, a causa dello sfruttamento, il canale finì per prosciugarsi mettendo in difficoltà la città: diventò impossibile procurarsi la farina e lavorare materie prime come pelli, lana e tessuti.
L’uso inappropriato delle acque, trasformate in fogne a cielo aperto, spinse i cittadini a coprirlo. Nel Novecento il canale tornò ad essere utilizzato nuovamente per scopi commerciali, dando vita ad attività importanti come l’ex zuccherificio Eridania.
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L’interno del maschio della rocca è strutturato in tre sale sovrapposte. Nella parte più alta è presente la bocca di un pozzo a rasoio, che scende fino al livello del cortile interno.
Questo tipo di pozzo è divenuto un luogo di macabra fama, su cui aleggia un certo mistero. La leggenda narra che la Signora di Forlì gettasse gli amanti dentro la cavità non appena fossero ritenuti “scomodi” e inopportuni.
Il particolare nome del pozzo fa intuire quali fossero gli oggetti al proprio interno che assicuravano la riuscita dell’eliminazione del malcapitato.
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Durante la Seconda guerra mondiale, il carcere mandamentale della rocca è perno di un sistema carcerario che comprende diversi edifici e caserme della città.
Con una capacità di trecento posti, nel 1944 giunge contenere sino a mille detenuti per reati comuni, politici e razziali, provenienti anche da altre regioni e in transito verso i campi di concentramento.
Altre celle del carcere sono a disposizione delle SS della Sicherheitsdienst per sottoporre i reclusi a torture in loco o per farli trasferire alla camera di tortura del Brefotrofio.
Molti sono stati i tentativi di fuga da parte dei prigionieri. Si ricorda in particolare l’evasione avvenuta il 4 ottobre 1944, quando un gruppo partigiano riesce a penetrare nel carcere e liberare 36 detenuti politici destinati alla fucilazione e alla deportazione.
Spunti videoludici
La Rocca di Ravaldino è un chiaro simbolo di resistenza. Il contesto storico medievale in cui ha vissuto permetterebbe facilmente di far rivivere al videogiocatore quegli attimi intensi dell’assedio di Forlì, magari scegliendo la fazione a cui appartenere, come avvenne a suo tempo per i forlivesi: essere dalla parte degli assediatori o dalla parte di Caterina Sforza per ribaltare le sorti della battaglia. Uno spunto non a caso utilizzato all’interno del celebre Assassin’s Creed II.
Oltre ad una meccanica di gioco più vicina allo strategico-militare o al tower defense, si potrebbero prendere in considerazione gli elementi d’ambiente, come il fossato minacciato da animali mortali, il “leggendario” pozzo a rasoio e il canale, per inserirli in un escape all’interno delle prigioni della città.
Focalizzando poi l’attenzione sull’ambito urbano, il Canale di Ravaldino è un esempio di come le acque comunali possano influenzare l’economia di una popolazione civile. Sarebbe quindi interessante adattare questa tematica in un videogioco che abbia come scopo principale la gestione del territorio e delle sue attività produttive.