Descrizione
La Rocca d’Anfo è un complesso fortificato edificato sul pendio del Monte Censo, sul Lago d’Idro, in Val Sabbia. Costruita a partire dal 1450 dalla Repubblica di Venezia, la Rocca venne ammodernata e ingrandita in periodo napoleonico. Venne definitivamente dismessa nel 1975. Con i suoi 50 ettari di superficie, è la fortezza napoleonica più grande d’Italia.
Cenni storici
La prima cinta fortificata risale al 1300 circa, quando per ordine dei Visconti fu costruita una serpentina di muri che dal lago giungeva ai monti.
Intorno al 1450, durante il dominio veneziano, la Serenissima diede l’incarico all’ingegnere bresciano Gianfranco Martinengo di rimodernare ed espandere la struttura viscontea. La Rocca, che si estendeva ora per tutto il versante della montagna, aveva il compito di controllare il confine lacustre e di difendere l’intera valle. Le mura venete si deteriorarono completamente tra il XVII e il XVIII secolo, lasciando solo pochi ruderi.
Nel 1798, per volere di Napoleone Bonaparte, la Rocca d’Anfo venne recuperata ed espansa. I titanici lavori iniziarono nel 1802: la vetta del monte Parlessi, ai piedi del Censo, venne spianata per fare spazio ad una fortezza che però non fu mai completata a causa della fine dell’Impero francese.
A seguito del Congresso di Vienna (1815), la Rocca passò sotto il controllo austriaco e divenne avamposto asburgico in Val Sabbia, punto di appoggio per garantire la sicurezza del Tirolo.
Unita l’Italia (1861), su impulso di Giuseppe Zanardelli, la Rocca d’Anfo venne ristrutturata, ampliata ulteriormente e attrezzata con batterie di artiglieria moderna. Ora la fortezza poteva coprire dal tiro tutta la zona bassa del Lago d’Idro fino alla sponda opposta.
Durante la Grande Guerra, essendo il fronte concentrato tra la Valle di Ledro e l’Adamello, la Rocca non ebbe alcun ruolo primario e non ne fu mai sfruttato il pieno potenziale d’artiglieria. Con l’acquisizione dell’Alto Adige, la fortificazione perse ogni fine strategico: da quel momento fu usata come caserma e deposito munizioni.
Dismessa nel 1975, rimase vincolata al segreto militare fino al 1992. Dopo anni di degrado, incuria e movimenti franosi, la Rocca è stata ristrutturata e aperta al pubblico a partire dal 2005.
Focus narrativi
La Rocca d’Anfo sorge in posizione strategica sulla sponda destra del Lago d’Idro, all’incirca a metà del lago: qui controlla facilmente la strada di fondovalle, che pone in comunicazione il Trentino con la Pianura Padana. Schiacciata tra le acque e la montagna, l’area costituì da sempre una strettoia naturale, che, adeguatamente difesa, poteva sbarrare l’entrata verso tutta la Pianura Padana. Tale funzione di confine rimase praticamente identica dai tempi dell’antica Roma fino alla Grande Guerra.
***
La fortezza si divide in tre parti: la più antica è la Rocca Vecchia, la più vicina ad Anfo, risalente al XVI secolo e ridotta a qualche rudere; la Rocca Bassa è la parte più vicina al lago, comprende la Batteria Statuto e un piccolo porticciolo; la Rocca Alta fu invece realizzata dai francesi all’inizio del XIX secolo, comprende la maggior parte delle batterie di tiro, la Caserma Napoleonica e la caratteristica Lunetta o “Osservatorio”.
***
Sotto la dominazione della Serenissima, la Rocca si guadagnò il nome di “porta dello Stato”, per via della sua collocazione sul confine. Dopo i lavori di ammodernamento, la Rocca si presentava divisa in due blocchi di edifici uniti da una cortina muraria che si estendeva per tutto il pendio. La fortezza assunse una doppia funzione: la struttura inferiore, a ridosso del lago, controllava gli accessi alla strada, obbligando il passaggio entro le mura e garantendo il pagamento dei dazi, mentre la parte superiore permetteva uno sguardo vigile su tutta la valle.
***
Dato il forte dislivello tra la fortificazione inferiore a quella superiore, l’unico modo per muoversi da un blocco all’altro era l’utilizzo della complessa rete di scalinate scavate nella roccia della montagna. Il sistema di gradini era in più punti a strapiombo sul lago e particolarmente impegnativo da percorrere. Al giorno d’oggi è praticamente l’unico impianto ancora visibile delle “Mura Venete”.
***
Nel 1798, Napoleone richiese una fortezza che ospitasse 400 uomini e che potesse resistere da sola ad un attacco di artiglieria per almeno 25 giorni. I lavori iniziarono nel 1802 sotto la direzione dell’ingegnere François-Joseph-Didier Liédot. Le strutture venete lasciarono il posto ad un sistema di fortificazione piramidale, incardinato sul monte Parlessi, che venne scavato a gradoni. I francesi disposero l’artiglieria in numerose terrazze trincerate, difese dall’alto dalla Rocca Alta, un complesso di casematte ricche di feritoie per i cannoni e i fucili. Al culmine della piramide fu eretta la Lunetta o “Osservatorio”: una torretta del colore della roccia, camuffata per sembrare un picco, non raggiungibile dai cannoni nemici e dotata di numerose postazioni d’artiglieria. Per raggiungere l’Osservatorio esiste un solo passaggio segreto scavato all’interno della montagna, a cui si accede dopo una scalinata di 400 gradini (1700 partendo dal fondo della fortezza). Nel progetto iniziale era anche previsto un sistema di ponti levatoi che bloccasse la viabilità della strada di fondovalle ma non fu mai realizzato.
***
Nel 1515, in periodo veneto, la Rocca subì un assedio da parte delle truppe di Guglielmo Rogendorf. Il presidio veneziano, temendo il gran numero degli avversari abbandonò la fortezza. Tuttavia Toso da Bagno-cavallo, Mabellini e Buceta di Anfo, Passeoroni da Bagolino e Zargino di Idro decisero di rimanere a difesa della Rocca. Dopo un inutile ed impari lotta decisero di cedere la fortezza con un patto, che fu immediatamente disatteso da Rogendorf. Gli ostinati difensori vennero giustiziati, solo Zargino riuscì nella fuga, gettandosi nel lago e fuggendo a nuoto.
***
Nel 1524 la Rocca assistette al passaggio dei Lanzichenecchi, mentre nel 1526 i veneziani asserragliati nella fortezza sbarrarono il passo alle truppe di Georg von Frundsberg, discese per saccheggiare Roma. I mercenari, impossibilitati all’assedio, furono costretti ad aggirare la montagna, passando dalla Val Vestino e da Treviso.
***
La Rocca venne assediata dagli austriaci tra l’ottobre 1813 e l’aprile 1814. A seguito della battaglia di Lipsia, gli austriaci vittoriosi si diressero ad espugnare la Rocca d’Anfo. Questa era difesa da 340 uomini della Guardia Nazionale, mal addestrati e mal equipaggiati, agli ordini del colonnello Sala. La fortezza resistette strenuamente, guerreggiando gli austriaci anche sulle acque del lago, utilizzando dei barconi armati supportati dal tiro di artiglieria della Rocca. Nel febbraio 1814 gli asburgici ci riprovarono: la rocca resistette fino all’aprile 1814, quando un battaglione di schützen tirolesi riuscì a sfondare nelle retrovie italiane in Val Vestino, abbandonando la fortezza a se stessa. La Rocca d’Anfo alzò bandiera bianca solamente dopo l’armistizio tra francesi e austriaci e pertanto i difensori ebbero il privilegio di abbandonare il presidio con gli onori militari.
***
Nel 1859, a seguito della battaglia di Treponti, le truppe piemontesi al comando di Enrico Cialdini, temendo un ritorno austriaco dalla frontiera alpina, marciarono sulla Rocca d’Anfo, in modo da bloccare i rinforzi austriaci da Verona. Cialdini lanciò l’attacco contro la fortezza il 21 giugno e in parte riuscì ad occuparla. Tuttavia le vittorie di S.Martino e Solferino arrestarono le operazioni militari.
***
Nel 1866, la Rocca d’Anfo fu il fulcro della Battaglia di Monte Suello, episodio della terza guerra di indipendenza. In giugno, il generale austriaco von Kuhn diede ordine di accerchiare la fortezza, in modo da spingere gli italiani ad abbandonare il Trentino: Giuseppe Garibaldi, che aveva preso comando nella Rocca, diede allora ordine di attaccare per evitare la morsa. La battaglia venne combattuta nel vicino comune di Bagolino, il 3 luglio 1866. Gli austriaci all’assalto ebbero inizialmente la meglio: numerosi soldati e ufficiali italiani caddero sotto i colpi asburgici e anche Garibaldi venne ferito ad una coscia. I feriti e i morti vennero trasferiti e messi al riparo alla Rocca, allestita come ospedale da campo. Tuttavia, grazie al sangue freddo del colonnello Bruzzesi, che riuscì a piazzare due cannoni sulle alture di Sant’Antonio, gli italiani riuscirono a respingere lo sfondamento e misero gli austriaci in ritirata. Scossi e ancora titubanti per l’esito della battaglia, i Garibaldini si ritirarono nella Rocca d’Anfo. Durante la notte tra il 3 e il 4 luglio arrivarono da Anfo i rinforzi di Menotti Garibaldi e la vetta di Monte Suello venne definitivamente occupata.
***
Pare sia stata rilevata attività paranormale notturna nella Batteria Belvedere, nella Batteria Anfo Superiore e nella Caserma della Gola.
Spunti videoludici
La Rocca d’Anfo è una delle fortezze più estese d’Italia ed è considerata un gioiello dell’architettura militare napoleonica. Può essere utilizzata come modello ideale di fortezza francese, in quanto presenta praticamente ogni tipologia di edificio difensivo dell’epoca.
La fortezza è incredibilmente ampia e presenta scorci molto diversi tra di loro: terrazze a picco sul lago, trincee di artiglieria, torri, casematte, cortili, caserme e un intricato sistema di scalinate che corrono lungo tutto il crinale del monte e dentro di esso. Oltre ad offrire scenari suggestivi, la Rocca si presterebbe benissimo come modello per una mappa di gioco. Un ambiente delimitato ma stratificato e longevo da esplorare come quello della fortezza, è perfetto per un’arena FPS o una Battle Royale all’interno di edifici militari abbandonati o nei misteriosi cunicoli che si celano nel sottosuolo.
A partire dal 1975, il complesso è rimasto abbandonato per anni: il tempo, il vandalismo e la natura ha trasformato questo luogo, che pur mantenendo la sua struttura originale ha dovuto fare i conti con la vegetazione incolta, le frane e il passaggio umano clandestino. Camminando lungo i corridoi bui e danneggiati, l’eco dei passi evoca un’ambientazione post apocalittica inquietante.
Fonti e link
[Bibliografia]
– AA.VV., La Rocca d’Anfo, in “Anfo racconta”, Anfo, Pro Loco, luglio 1992.
– Philippe Prost, Rocca d’Anfo, la fortezza incompiuta, Milano, Electa, 1989.
– Ugo Vaglia, Anfo e la sua rocca, Anfo, a cura del Comune di Anfo, 1965.
[Sitografia]
La Rocca d’Anfo
Lombardia Beni Culturali