Reggia di Venaria Reale

Descrizione

La reggia di Venaria Reale, una delle residenze sabaude, rappresenta un capolavoro architettonico, tutelato dall’UNESCO dal 1997. Il grandioso complesso alle porte di Torino conta 80.000 metri quadri di edificio monumentale e 60 ettari di giardini, beni adiacenti al centro storico di Venaria. Difatti, intorno alla reggia si unirono molte case e palazzi di lavoratori e normali cittadini che volevano l’onore di abitare nei dintorni della reggia al punto da far diventare Venaria Reale un comune autonomo della provincia di Torino. L’edificio vanta alcune delle più alte espressioni del barocco universale, una storia secolare come dimora e luogo di caccia della famiglia dei Savoia e addirittura una chiesa. Nel 2018 ha fatto registrare più di un milione di visitatori, risultando il settimo sito museale statale italiano più visitato. L’anno successivo è stato eletto parco pubblico più bello d’Italia

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Cenni storici

Nel XVII secolo il signore dei Savoia, Carlo Emanuele II, e sua moglie Maria Giovanna Battista, attuarono il loro desiderio di creare una nuova sede per la loro corona. Forse l’ispirazione venne dal Castello di Mirafiori, ma in ogni caso Carlo Emanuele II comprò i due villaggi di Altessano Superiore e Inferiore, affidando i lavori agli architetti Amedeo di Castellamonte e Michelangelo Garove nel 1658. Il progetto comprendeva il palazzo, il parco e i boschi da caccia. La residenza presenta come elemento fondamentale i giardini ma la componente più caratteristica del tutto è la linea prospettica. Questa taglia il Borgo fino al cuore della Reggia. Verso la fine del secolo Vittorio Amedeo II decise di cambiare il progetto della reggia, ridisegnando i giardini in stile francese (prima lo stile era quello italiano) lasciando le prospettive aperte sull’orizzonte. L’architetto Filippo Juvarra, messo al comando del progetto dopo che il duca divenne re, decise di aggiungere la Galleria Grande, la Cappella di Sant’Uberto, la Citroniera e la Scuderia. La reggia prosegue nei suoi ampliamenti fino al declino dell’Antico Regime e la trasformazione in caserma dopo l’arrivo di Napoleone seguito dalla fuga del re. Terminato quel pezzo di storia, scompare il disegno dei giardini, spianati in una piazza d’armi per le esercitazioni militari. Durante la Prima e la Seconda guerra mondiale, ma anche durante le guerre d’Indipendenza, il clima intorno a Torino e quindi alla Venaria si fece inevitabilmente caldo. Al termine dei conflitti mondiali, inoltre, il sito fu lasciato alla mercè dei vandali e spogliato di tutti i materiali riutilizzabili. Tutto questo fino a pochissimo tempo fa. Poi il restauro, iniziato nel 1999: 100.000 metri quadrati della superficie vengono ristrutturati, 9.500 metri quadrati di stucchi recuperati, 1.000 affreschi riportati alla luce. La ristrutturazione dei giardini fu un’opera gigantesca. Tutto questo per poter rivivere uno dei luoghi più affascinanti e intrisi di storia del Piemonte e dell’Italia intera.

Focus narrativi

Particolarmente significativa la Galleria Grande. Fu progettata da Michelangelo Garove ma è con Filippo Juvarra che conobbe il suo massimo splendore. Tra il 1716 e il 1718 l’architetto messinese riprogettò lo spazio. Il risultato è quello di una Galleria difficile da descrivere, perché bisogna essere presenti nel momento in cui la luce trionfa nello spazio. Ciò accade grazie alle sue 44 ampie finestre che generano fasci di luce, insieme alle 22 aperture ovali – dette “occhi” – poste sulla volta. La galleria risulta alta circa 15 metri, lunga 80 e larga 12. Il pavimento attuale è stato costruito nella ristrutturazione attuata negli ultimi vent’anni, visto che quello originario fu smontato durante l’occupazione francese e riutilizzato per la Galleria del Beaumont a Torino. Un’altra sala di fondamentale importanza è la Sala di Diana. Essendo la Venaria nata come residenza di caccia, è chiaro che una sala dedicata alla divinità della caccia doveva essere una delle più importanti. Si presenta in forma rettangolare, ricca di stucchi e rappresentazioni allegoriche incentrate sulla caccia. Sono presenti dieci enormi ritratti di duchi un tempo presenti ed è posta a metà tra l’inizio della Via Maestra del borgo e il tratto finale dell’Allea Centrale dei Giardini, dove una volta si trovava il Tempio di Diana.

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I giardini si presentano come uno dei punti nevralgici della Reggia, sia dal punto di vista storico che artistico. Nel parco Basso si estende per 500 metri il Giardini delle Sculture Fluire di Giuseppe Penone, con 14 sculture che dovrebbero unire il moderno con il passato. I giardini sono articolati su tre livelli, collegati fra loro con scalinate e architetture. Questa caratteristica è classica dello stile italiano di giardino seicentesco. Nel secolo successivo, però, lo stile andò mutando verso quello francese con l’aggiunta della peschiera grande, del giardino delle rose e la scoperta di alcuni insediamenti archeologici. La caratteristica forse più bella dei giardini, però, resta la “visione all’infinito” unica nel panorama dei giardini italiani. Grazie alle prospettive, alla vastità del panorama circondato dai boschi e alle Alpi, la visione di cui si può godere è veramente mozzafiato. Altro elemento capace di stupire l’immaginario sono le scuderie. Sempre figlie del genio di Juvarra, sono uno degli spazi architettonici più imponenti del barocco europeo. La grande navata che un tempo era una scuderia è lunga 148 metri, larga 12 e alta 15. Era in grado di contenere 200 cavalli e la sua presenza forniva riparo alla citroniera che, altrettanto lunga ma più larga, ospitava in inverno circa 400 casse di agrumi.

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Un altro elemento all’interno della Reggia capace di colpire l’occhio è la Cappella di Sant’Uberto, capolavoro ancora di Juvarra. La cappella era volontà di Vittorio Amedeo II e venne concepita dall’architetto con volumetrie disposte intorno ad un impianto a croce greca smussata. Sono presenti anche due grandi altari ai lati del transetto, con quattro cappelle circolari all’interno. Le decorazioni arricchiscono l’interno e i contrasti di luce donano all’ambiente una componente di unicità sorprendente. Il protagonista della Cappella è l’altare maggiore, opera di Giovanni Baratta. Si presenta quasi come sospeso, sviluppato in senso verticale collocandosi tra due colonne centrali della conca realizzata dall’abside. All’interno della chiesa, nelle nicchie dei pilastri centrali, sono presenti quattro statue dei Dottori della Chiesa, sempre opera di Baratta, e rappresentano Sant’Agostino, Sant’Ambrogio, Sant’Atanasio e San Giovanni Crisostomo. Visto che Juvarra non riuscì a portarli a compimento, i collegamenti della Cappella con la Reggia vennero portati a termine sotto Carlo Emanuele III grazie all’aiuto dell’artista Benedetto Algieri, cui si deve anche lo scenografico scalone monumentale che sale alle tribune della Cappella.

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All’interno dei 3000 ettari di prati e boschi del Parco naturale, dove i Savoia andavano a cacciare, a distanza di 2 chilometri e mezzo dalla Reggia, è presente il Castello della Mandria. Il parco rappresenta l’ambiente recintato con prati e boschi tutelati più grande d’Europa. Qui vivono liberamente numerose specie di animali selvatici e domestici. Qui il Castello non è l’unico elemento architettonico: è presente anche la Villa dei Laghi, la Bizzarria e numerose cascine d’epoca. Il Castello, però, è sicuramente l’edificio più importante di tutti. Già da due anni prima dell’unità d’Italia il venne destinato da uso esclusivo e privato di Vittorio Emanuele II di Savoia. Gli appartamenti del sovrano e di Rosa Vercellana ad oggi sono completamente arredati dai preziosi manufatti, opere d’arte e suppellettili delle antiche collezioni sabaude. Alla morte del sovrano il Parco e il complesso del Castello vennero acquistati dalla famiglia Medici del Vascello. Dal 1997 il Castello è Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

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La scelta di Napoleone di trasformare la Reggia in una piazza d’armi fu sì una decisione personale, ma l’imperatore francese non aveva obiettivamente tantissime scelte. Visitò la Reggia nell’anno in cui venne proclamato re d’Italia, ma vi si fermò poche ore. Fu cinque anni dopo che decretò il destino della Venaria. L’imperatore era Vienna, a Schönbrunn, per trattare la pace con l’Austria appena sconfitta. Arrivò qui un rapporto del ministro delle finanze dove veniva presentata la situazione della reggia. Per salvarla dalla rovina in cui stava cadendo da diversi decenni sarebbe stato necessario uno stanziamento di franchi non inferiore ai 300.000. Non sarebbe bastato, però, per riportarla all’antico splendore. Se quello fosse stato intento, allora la somma sarebbe salita ad almeno mezzo milione di franchi. L’alternativa era abbatterla, ma la reggia era obiettivamente troppo bella per essere rasa al suolo, almeno a giudizio del ministro delle finanze. Un’idea alternativa era quella di farne una sorta di azienda agricola, sfruttando gli sterminati campi che la circondavano, per farne almeno qualche soldo. L’imperatore prese tempo e pochi mesi dopo decise che non sarebbe stata né abbattuta né venduta. Intanto, in totale coerenza con lo stile francese e napoleonico, l’intendente della corona fu informato che poteva tranquillamente usare quanto restava della reggia per abbellire altri palazzi imperiali (almeno di Torino). Fu così che – come già detto – il pavimento della Grande Galleria venne portato a Palazzo Imperiale, insieme alle statue delle stagioni nel Rondò. Successivamente, a cavallo fra Napoleone e il ritorno del re, la reggia divenne piazza d’armi. È quantomeno giusto sottolineare che il sovrano francese non decise di radere al suolo la reggia, come per altro fatto per Palazzo Madama, che il generale Menou avrebbe voluto abbattere per farne, di nuovo, una piazza d’armi.

Spunti videoludici

La Venaria è uno spazio imponente, reggia che ospitava i futuri re d’Italia. Ricca di storia, ha chiaramente tantissimo potenziale videoludico. Innanzitutto da un punto di vista storico, considerato che questo era il quartier generale di una famiglia che, anche prima delle guerre d’indipendenza, è sempre stata piuttosto importante nello scacchiere italiano. Il potenziale videoludico è espresso anche dalla sua maestosità, imponenza e soprattutto dai suoi giardini, dove si possono mettere in atto inseguimenti, scontri, battaglie o anche semplicemente battute di caccia. Anche all’interno della reggia, volendo, si possono inscenare degli scontri ma l’edificio, proprio perché enorme e alla luce della sua storia recente, si presta benissimo a quella dinamica di ricostruzione tipica di tanti gestionali.
La dimensione d’avventura può beneficiare inoltre delle diverse destinazioni d’uso del sito: feste e banchetti aristocratici possono diventare lo spunto per dare vita a missioni di spionaggio, di assassinio e così via.

[Sitografia]

La Reggia di Venaria e la sua storia incredibile
La Venaria Reale
Storia della reggia di Venaria Reale
Reggia di Venaria
Residenze Reali Sabaude Piemonte

[Scheda Film Commission]

Scheda Torino Piemonte Film Commission

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