Reggia di Colorno

Descrizione

La Reggia di Colorno, situata nell’omonimo comune in provincia di Parma (vedi scheda dedicata), è generalmente chiamata “la Versailles dei Duchi di Parma” e a ragione. L’edificio ha infatti subito nel corso dei secoli numerose modifiche per accordarsi maggiormente agli stili in voga e al gusto dei nuovi proprietari. Sotto il governo dei Borbone fu resa il più simile possibile alla più famosa reggia francese, con annesso giardino ricco di statue e aiuole. La villa è pero ricordata come Palazzo Imperiale all’epoca Napoleonica e per esser stata la residenza di Maria Luigia d’Austria. Oggi la Reggia è stata restaurata e trasformata in un centro per la valorizzazione del passato storico e culturale del Ducato di Parma.

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Cenni storici

La Reggia di Colorno sorse tra il 1300 e il 1500 su un territorio prima occupato da una costruzione militare a difesa del territorio di Colorno. Nel Rinascimento era quindi già una corte signorile, proprietà della contessa Barbara di Sanseverino. Nel 1612 la dimora e i possedimenti della contessa furono requisiti da Ranuccio Fernese che, su iniziativa della moglie Margherita Violante di Savoia, decise di ristrutturare l’edificio che assunse così i caratteri che ancora oggi lo contraddistinguono. Alla morte dell’ultimo erede maschio dei Farnese, la proprietà insieme al Ducato di Parma e Piacenza, passò ai figli del re di Spagna Filippo V di Borbone, i quali la trasformarono nella loro residenza principale, dandole nuovo splendore e rendendola più simile possibile alla Reggia di Versailles.
Nel 1765 poi il Ducato venne annesso alla Francia di Napoleone e nel 1807 la Reggia divenne Palazzo Imperiale. Dopo la caduta di Napoleone, il Ducato e i vari possedimenti passarono a Maria Luigia d’Austria, moglie dell’ex imperatore che a sua volta modificò la residenza in base al proprio gusto estetico.
In seguito all’Unità di Italia la Reggia passò allo Stato Italiano, diventando proprietà della Provincia di Parma. La struttura fu trasformata nel 1871 in un manicomio, rimasto in funzione per oltre un secolo e che ospitò più di mille malati nel corso della Seconda guerra mondiale. Questa funzione pesò gravemente sull’edificio, tanto che alla sua chiusura negli anni ‘70 vennero avviati numerosi lavori di restauro per valorizzarne l’aspetto storico e culturale. Oggi la Reggia è sede di ALMA, la Scuola di Cucina Italiana diretta da Gualtiero Marchesi.

Focus narrativi

Barbara Sanseverino trasformò l’originaria rocca militare in un palazzo e vi raccolse dipinti di Tiziano, Correggio, Raffaello e Mantegna. La contessa era nota per la sua bellezza a cui nemmeno Torquato Tasso fu indifferente, tanto che le dedicò il sonetto In lode de’ capelli di D. Barbara Sanseverini Contessa di Sala.

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Quando Filippo di Borbone si trasferì a Colorno con la moglie Luisa Elisabetta, figlia del re di Francia Luigi XV, affidò i lavori di restauro all’architetto francese Ennemond Alexandre Petitot con l’intento di trasformarne gli interni per renderli il più simile possibile a quelli che la duchessa aveva conosciuto a Versailles.

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A Petitot si deve la realizzazione della Gran Sala, che anticipò di trent’anni le tendenze neoclassiciste successive. La Sala è situata al piano nobile dell’edificio dove convivono diversi stili e opere d’arte di periodi e artisti differenti, ma in cui domina il rococò. Spiccano poi i salottini cinese realizzati nel 1750 con carta da parati italiana decorata con motivi copiati a quelle cinesi.

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Annesso all’edificio troviamo l’appartamento del Duca Don Ferdinando di Borbone, uomo pio e religioso che si trasferì in questa parte della residenza per essere più vicino alla Chiesa di San Liborio, dove era solito pregare. L’appartamento si suddivide in più stanze private, tra cui anche una biblioteca e un osservatorio astronomico, tutti affrescati e stuccati da Antonio Bresciani e Gaetano Ghidetti. Lo studio privato è poi decorato con finti arazzi che mostrano scene tratte dall’Antico Testamento.

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L’osservatorio astronomico fortemente voluto dal Duca è decorato con una Rosa dei Venti su cui punta la banderuola fissata all’esterno della volta per indicare la direzione del vento. La stanza è inoltre affrescata con putti che sorreggono strumentazioni scientifiche. Una parte della sala era adibita poi alla lettura ed è affrescata con l’Allegoria della Geografia.

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È sempre al Duca Ferdinando di Borbone che si deve la costruzione dell’imponente Cappella Ducale di San Liborio, sui resti di un piccolo oratorio sempre consacrato al santo. Il complesso ospita un monumentale organo costruito da Giuseppe Serassi tra il 1792 e il 1796 costituito da ben 2898 canne. Vi sono poi opere dei principali artisti di Parma come Gaetano Callani, Giuseppe Baldrighi, Pietro Melchiorre Ferrari, Laurent Pecheux, Domenico Muzzi e Benigno Bossi.

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Nella chiesa vi è anche una tribuna che permetteva al Duca di accedere all’edificio tramite uno stretto passaggio segreto collegato ai suoi appartamenti e assistere alla messa senza che nessuno lo vedesse.

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Maria Luigia d’Austria fu la duchessa più amata nel Ducato di Parma e Piacenza. La residenza e il giardino subirono diverse modifiche per accordarsi al sul gusto. Primogenita dell’arciduca Francesco I e di Maria Teresa di Borbone, Maria Luigia fu data in sposa a Napoleone Bonaparte nel 1810 per suggellare la Pace di Vienna tra Francia e Austria. Dopo l’abdicazione da parte del marito, a lei e al figlio fu concesso il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, dove si trasferì con il generale Adam Albert von Neipperg, con il quale intraprese una lunga storia d’amore, inizialmente segreta e solo dopo la morte di Napoleone ufficializzata con nozze morganatiche. I due ebbero due figli e fino alla morte alla sua morte fu Neipperg a governare effettivamente, mentre Maria Luigia preferiva condurre una vita tranquilla e rivestire una funzione pubblica di pura rappresentanza.

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Fa parte del complesso anche un vasto giardino, presente già quando l’edifico era proprietà dei Sanseverino e organizzato come giardino all’italiana con siepi e labirinti. Al tempo del duca Francesco Farnese al giardino si aggiunsero le fontane di Proserpina e del Trianon. Con i Borbone il parco divenne un giardino alla francese ispirato a Versailles e quindi furono realizzati i parterre con aiuole e fiori. All’epoca di Maria Luigia d’Austria invece l’aspetto del giardino mutò in un bosco romantico all’inglese con la collaborazione della società Botanica di Londra. Vennero quindi piantate molte piante rare, alcune ancora presenti, creato il laghetto con l’isola dell’amore e ampliate le serre in cui la duchessa coltivava diverse varietà di insalata. Oggi, con la restaurazione del complesso, il giardino è stato riportato all’originale parterre francese.

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La Reggia, insieme al vicino convento dei domenicani, fu parzialmente convertita in un ospedale psichiatrico nel 1871, si pensava solo provvisoriamente per far fronte a un’epidemia di colera che aveva colpito tutta la provincia di Parma, ma il manicomio rimase attivo per oltre un secolo. La struttura non accoglieva solo malati psichici, ma tutte quelle persone che erano considerate pericolose per la società o che non avevano altro posto in cui andare. Quest’attività gravò pesantemente sull’edificio, che subì modifiche importanti con la distruzione di alcune parti della residenza, come il teatro e con l’aggiunta di sbarre alle finestre. Le sale più ricche dal punto di vista artistico rimasero inalterate perché utilizzate come appartamenti per il personale medico. Dopo la sua chiusura, è emerso un importante archivio dell’ospedale psichiatrico che dal 2004 è gestito dal Centro Studi Movimenti di Parma. Al suo interno è contenuta una preziosa documentazione relativa alla gestione dell’ospedale e del personale. Sono conservati anche numerosi documenti sanitari, relazioni mediche, esami clinici e soprattutto più di 16.000 cartelle cliniche. Queste non contengono soltanto documenti relativi alla degenza dei pazienti ma anche numerosi scritti degli stessi ricoverati, come lettere e disegni. Nell’archivio è presente anche un piccolo fondo fotografico, che documenta gli ambienti, il personale e i pazienti ritratti in diverse epoche, dai primi del Novecento al 1990. A corredo del materiale archivistico sono conservate più di 3.000 riviste e periodici nazionali ed esteri di psicanalisi e psichiatria.

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La trasformazione di parte della Reggia in manicomio ha lasciato dei segni anche nell’immaginario comune. Infatti in molti sostengono che l’edificio sia ancora oggi abitato, o infestato, dalle anime di chi vi era ricoverato tanto che la notte si sentono rumori provenire dall’interno, urla e pianti strazianti, mentre persone disperate in stracci vagano senza meta per il giardino.

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La Reggia di Colorno offre oggi numerose giornate a tema per far rivivere e conoscere le usanze della corte. Tra queste vi sono cene storiche, concerti al fortepiano di Maria Luigia e mostre espositive come il Festival Fotografico annuale.

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Buona parte degli arredi, delle opere d’arte e delle statue del giardino sono stati nei secoli smantellati e portati altrove.

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La Reggia di Colorno è legata anche al mondo della gastronomia. Al suo interno si è costituita la Confraternita del Tortél Dóls il cui scopo è quello di consegnare alle nuove generazioni i piatti della tradizione della zona bassa parmense, in particolare il piatto dei Tortéj Dóls, tortelli dal ripieno agrodolce la cui ricetta è stata tramandata fin dai tempi della Duchessa Maria Luigia d’Austria. Il palazzo è anche la sede dell’ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana.

Spunti videoludici

È impossibile racchiudere il mondo in un solo luogo, ma se fosse possibile quel luogo sarebbe la Reggia di Colorno dove storia, usanze, personalità, arte e segreti si sono incontrati nel corso di più di 7 secoli. Proprio per questo motivo la Reggia si presta come perfetto punto di partenza per un progetto videoludico. Il genere horror potrebbe svilupparsi a partire dalle storie sulle anime dei defunti che la infestano la Reggia dall’epoca in cui era stata adibita come manicomio. Un action a sfondo storico potrebbe prendere il via dalla faida tra i San Vitale e i Farnese. Si potrebbe addirittura pensare ad una avventura rompicapo in cui ritrovare le numerose opere d’arte smantellate e le statue portate via dal giardino della Reggia, ognuna pronta a raccontare un pezzo di questo splendido edificio. Le piante rare che nel tempo hanno trovato casa nel giardino della Reggia potrebbero suggerire una sorta di “garden simulator” educativo a metà tra il rispetto dell’ambiente e la riscoperta della storia della Reggia. Sempre continuando sulla strada della simulazione, si potrebbe pensare anche ad un building simulator vissuto nei panni dell’architetto Petitot, alle prese con i capricci dei Borbone e con la ristrutturazione della Reggia. Infine, visto che l’edificio è oggi sede dell’ALMA, sarebbe interessante sviluppare un videogioco mobile di cucina, tra tradizione e innovazione, per far conoscere la Reggia, la scuola di cucina e far avvicinare i giocatori all’arte culinaria.

[Sitografia]

Reggia di Colorno
Parmalates.com

[Scheda Film Commission]

Emilia-Romagna Film Commission

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