Descrizione
Noto anche come “Preventorio maschile di Bramaiano”, l’edificio si estende su una vasta area nei pressi di Bettola. Alto più di 600 metri e con un ampio terreno annesso, il luogo versa ormai in stato di abbandono. Si ricorda soprattutto il periodo vissuto durante l’occupazione partigiana nella Seconda guerra mondiale con l’opera di diversi medici e infermieri che si distinsero in solidarietà e altruismo nella lotta al nazifascismo.
Cenni storici
Il preventorio viene fondato da Rocco Chiapponi, un imprenditore agricolo del piacentino che purtroppo non riesce a vedere i frutti del suo investimento: muore infatti a pochi giorni dall’inaugurazione della struttura nel 1938. Tra i fondatori del Consorzio Antitubercolare di Piacenza, voleva che il preventorio operasse come un luogo in cui ricoverare i bambini piacentini a rischio di malattie polmonari fornendo cure di tipo preventivo e ampi spazi verdi lontani dalla città. Come in molti edifici dalle stesse funzioni, il personale specializzato era accompagnato dalle suore.
Durante il periodo bellico il preventorio viene occupato dalle truppe partigiane, che allestiscono un vero e proprio ospedale per i propri compagni e le truppe alleate, ma, a porre fine alla breve e intensa esperienza, arriva la controffensiva tedesca che impedisce ai partigiani di continuare nell’opera: alla fine dello stesso anno infatti, la 162ª divisione di fanteria (Turkmenistan) della Wehrmacht riconquista il territorio e l’edificio (i soldati di questa divisione erano per lo più provenienti dalla zona caucasica e turkmena includendo anche disertori e prigionieri dell’Armata Rossa).
Alla fine del conflitto il luogo torna alla sua funzione originaria, ospitando i piccoli pazienti fino alla fine degli anni ‘60. Ceduto poi all’ASL, versa in stato di totale abbandono da più di vent’anni.
Focus narrativi
A metà del 1944 le truppe partigiane decidono di occupare e trasformare il preventorio in un centro ospedaliero per la Resistenza e le truppe Alleate. Vi si assistono i feriti e giungono numerosi civili e giovani medici a fornire il proprio aiuto: “prestarono la loro opera in condizioni igienico-sanitarie primitive, senza strumentazioni per interventi chirurgici, con scarsi medicinali, ma sorretti da una grande volontà anche durante il rastrellamento invernale” (da Resistenza mAPPe).
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Tra i medici che operano all’ospedale se ne distinguono due: Rinaldo Laudi e Gaetano Lecce. Secondo le statistiche riportate dall’ANPI, i due operano in un contesto in cui «gli interventi medico-sanitari fino al micidiale rastrellamento di novembre furono 380, i trasporti notturni in ospedale 22, le laparotomie 19, le ingessature 48, le prestazioni gratuite alla popolazione 400» (da Pronti, Medici e infermieri curarono i partigiani rimettendoci la vita). Laudi, che si era già distinto in Africa, viene allontanato dal suo ospedale di Torino in quanto ebreo. Gli viene assegnata l’organizzazione dei reparti ospedalieri e altre mansioni di rilievo, ma viene catturato durante un’operazione di soccorso a un partigiano ferito a Rompeggio e in seguito fucilato. Di lui si ricordano “la sua generosità e la sua dedizione totale alla cura degli ammalati”. Gaetano Lecce invece riesce a scampare alla morte, nonostante subisce diverse permanenze nei campi di concentramento nazisti dopo essere stato catturato. Tra le curiosità: per un ascesso al piede presta le proprie cure a un giovanissimo Mike Bongiorno che era stato catturato mentre cercava di espatriare in Svizzera.
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Il Comandante Unico di Brigata che decide di occupare il preventorio e trasformarlo in ospedale è il partigiano, anarchico e antifascista Emilio Canzi. Figura di spicco della Resistenza, aveva combattuto in Spagna durante la Guerra di Spagna contro le truppe di Francisco Franco e partecipato ad altre esperienze antifasciste in Europa. Muore nel 1945 in circostanze sospette, investito da un mezzo delle truppe inglesi.
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Come è solito accadere per gli ex luoghi di degenza, anche sull’ex preventorio si sono diffuse diverse leggende riguardo a presenze e fantasmi, riguardo alla morte non meglio accertata di alcuni bambini.
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L’E.P.A.S. di Piacenza (European Paranormal Activity Society) ha effettuato dei rilievi che hanno contribuito a riportare l’attenzione sull’edificio in rovina e a riscoprirne il patrimonio culturale. I tecnici hanno messo in luce il fatto che negli anni ‘70 il posto viene trasformato dapprima in scuola e poi in luogo di vacanza per le colonie dei ragazzi delle parrocchie del piacentino. Per quanto riguarda le attività paranormali, sono stati effettuati dei rilievi volti a notare alcune anomalie elettromagnetiche.
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In tempi recenti la cappella della struttura è stata trovata in condizioni di fruizione anche abbastanza evidenti. Ciò si è dedotto dalla presenza di diverse candele usate e da una cura dell’ambiente assente nel resto dell’edificio.
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Un gruppo Facebook ha riunito diverse persone che da piccole andarono a curarsi al preventorio. Una miniera di aneddoti curiosi e interessanti, alcuni già raccontati dagli utenti.
Spunti videoludici
L’edificio consente una vasta gamma di elementi di sperimentazione narrativa adatta a un videogame. Su tutti emerge la lotta della Resistenza, la collaborazione dei civili e dei medici nella liberazione del nostro Paese dall’occupazione nazista. Le alterne vicende di gestione del posto consentono un ampio margine di scrittura sulle vicende accadute in quel luogo che, in ottica videoludica, possono essere affrontate, ad esempio, alla stregua di gestionali in stile The Sims o più vicini a un gioco strategico dello stesso genere, come la serie Commandos.
Di natura narrativa fruttuosa appaiono anche le notizie biografiche che ci giungono non solo dai due medici ma anche dall’apparizione fugace di Mike Bongiorno, degna di approfondimento.
Infine la location appare perfetta per l’ambientazione di videogame in stile The Town of Light oppure per survival horror basati su storie di fantasmi ed ex istituti di medicina che ospitavano bambini.
Fonti e link
[Bibliografia]
– Pietro Cavaciuti, La casa è diroccata, Milano, Grafiche Venturati, 2001.
– Stefano Pronti, Medici e Resistenza nel piacentino, Piacenza, Tip.Le.Co., 2010.
[Sitografia]
Resistenza mAPPe
Stefano Pronti, Medici e infermieri curarono i partigiani rimettendoci la vita