Descrizione
La tradizione presepiale è una delle più costanti nel panorama religioso italiano. Diffusissima in particolare nel Mezzogiorno, ha assunto i caratteri propri di una vera arte popolare. Tra i tanti notevoli presepi quello di Fontanarosa fu definito, all’inizio del ‘900, come il più bel presepe del mondo, divenendo Monumento Nazionale per volere del Re.
Cenni storici
Il presepe di Fontanarosa vide la luce la prima volta nel 1910 per volere del sacerdote locale Penta. Divenne famoso grazie alla bellezza dei suoi componenti, comprati a Napoli dove l’arte presepiale era ridotta a semplice antiquariato dei pezzi del ‘700. Visitato dal Principe Umberto di Savoia, attirato dal clamore che sempre più ogni anno stava destando, venne dichiarato Monumento Nazionale nel 1930, per poi venire esposto a Roma nel 1950 in occasione dell’Anno Giubilare. Successivamente non più esposto, se ne riprese la pratica negli anni ’80. Fu poi rubato nella sua interezza nel 1982. Solo dal 1998 ne è iniziata la ricostruzione, ancora oggi però lo si può osservare in una versione ridotta rispetto a quella originale, ormai perduta.
Focus narrativi
La costruzione del presepe di Fontanarosa fu possibile dal ridursi dell’artigianato presepiale, che consentì al sacerdote di acquistare più di 700 pezzi originali del Settecento da Napoli. Le statuine del presepe erano realizzate in terracotta, con gli occhi in schegge di vetro, e vestite in seta e velluto per la gran parte, con le sarte che cucivano il vestito addosso al pezzo finito.
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La particolarità del presepe del ‘700 è la progressiva vicinanza a Gesù in base ai ceti sociali: l’aristocrazia è posta in prossimità del bambino mentre il popolino è nelle zone più lontane.
La figurazione è quella della Napoli del tempo, con 12 botteghe rappresentate, a simboleggiare i mesi e la continuità che quindi il presepe aveva, e l’acqua che deve sempre essere presente in quanto elemento di purificazione.
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I re magi giungono non sui dromedari contemporanei, ma cavalcando un Cavallo, un Elefante e un Cammello.
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Il campo presepiale non venne fatto in sughero come da tradizione, dal momento in cui il materiale al tempo era troppoo costoso. Fu invece scelto il legno d’olmo, albero molto presente nel territorio di Fontanarosa.
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Alla morte del sacerdote Penta il presepe venne donato al Museo Irpino di Avellino e non più esposto. Ciò fin quando un nuovo sacerdote non s’impegnò per una nuova costruzione sfruttando anche la vicina concomitanza dell’Anno Giubilare a Roma. I notevoli costi del trasporto furono affrontati dal comitato di paese, i cui membri donarono 500 mila lire ciascuno, una cifra notevole al tempo (all’incirca 9000 euro di oggi). L’opera constava di 13 metri di lunghezza e 7 di profondità ma ciononostante non se ne ottenne un grande riscontro economico, con tutta l’operazione che risultò in perdita e portò alla smissione per trent’anni dell’intero presepe.
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Il duro terremoto del 1980 che colpì Fontanarosa portò alla volontà dei giovani di ridare smalto al paese, rimettendo in campo il progetto presepiale che venne realizzato nuovamente nel dicembre 1982, trovando il favore delle tv nazionali venute a riprendere l’evento. Pochi giorni dopo però, nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 1982, il presepe venne interamente rubato.
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Sul furto un regista irpino trasse un film nel 2003, Il natale rubato, utilizzando come attori gli stessi cittadini di Fontanarosa.
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Dal 2000 una parte del presepe Penta, conservato nel Museo, è stata restituita alla cittadinanza di Fontanarosa per l’esposizione di dicembre e affiancata dalla costituzione di un nuovo presepe che si fa costituendo di nuovo nel borgo.
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Il presepe di Fontanarosa è significativo dell’impegno dei piccoli borghi nel preservare le proprie specificità culturali pur di fronte alle innumerevoli avversità che attraversano, così come sembra riportare in auge l’arte presepiale al di là del mero impatto commerciale/turistico che negli ultimi anni ha presso San Gregorio Armeno a Napoli.
Spunti videoludici
Uno dei videogiochi possibili potrebbe vertere proprio sull’arte presepiale in sé, permettendo al giocatore di impersonare le sarte impegnate a cucire i vestiti su ogni singolo pezzo già finito (per un livello di complessità che nella realtà non è affatto indifferente) oppure gli stessi creatori dei pezzi, in una sorta di simulatore realistico, aperto anche a sezioni gestionale che comprendano la scelta dei materiali da usare con il loro relativo costo.
Immaginabile poi rappresentare anche la stessa dinamica del furto del presepe di Fontanarosa e del suo impedimento, con una rivisitazione buffa del genere stealth basata sull’ingenuità degli abitanti del paese, che mai si sarebbero aspettati di veder rubato il caro presepe.
Fonti e link
[Bibliografia]
S. R. Cosato, Il presepe torna a Fontanarosa, Sellino & Barra Editori, Serra di Pratola, 1998
[Sitografia]
Comune di Fontanarosa