Portico e San Benedetto

Descrizione

Portico e San Benedetto è un comune romagnolo immerso nel verde dell’Appenino e del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, composto dalle comunità di Portico di Romagna, San Benedetto in Alpe e Bocconi. Storicamente appartenute ai territori fiorentini, questi comuni vennero incorporati nell’Emilia-Romagna nel 1923, pur conservando cultura e caratteristiche della Romagna toscana. Portico di Romagna è caratterizzata da un’urbanistica medievale ed è nota per la presenza di Palazzo Portinari, appartenente, secondo la tradizione, al padre di Beatrice Portinari, la donna cantata da Dante. San Benedetto in Alpe, borgo in territorio montuoso, è celebre per la presenza delle Cascate dell’Acquacheta, nominate da Dante nella Divina Commedia. Bocconi, infine, è noto per la Torre Vigiacli e il Ponte della Brusìa, caratteristico ponte a tre arcate immerso nel verde e a ridosso di una bella cascata.

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Cenni storici

Le prime menzioni ufficiali di Portico di Romagna, abitato principale del comune, si hanno a partire dal Medioevo, quando il paese venne munito di un forte. Nei secoli XII e XIII, il borgo si legò alla famiglia dei Conti Guidi, che qui stabilirono il loro feudo. Nel 1398 il borgo e i territori circostanti passarono alla Repubblica di Firenze, città con cui condivisero i secoli successivi fino al 1923, quando la Romagna toscana venne accorpata alla provincia di Forlì. San Benedetto in Alpe si formò invece intorno ad un’abbazia cluniacense dell’853. Il monastero passò poi ai benedettini, che vi abitarono fino al 1529 quando San Benedetto divenne comune indipendente. Soggetto a Firenze a partire dal 1440, si unì al comune di Portico nel 1775. Bocconi, infine, viene nominato ufficialmente per la prima volta nel 1411. Centro abitato formatosi intorno al distrutto Castello di Bastia, acquistò importanza con lo spopolamento di Bastia, la distruzione del vicino podere di Carpine (1868) e la costruzione della Carrozzabile del Muraglione (1836).

Focus narrativi

Portico di Romagna potrebbe avere origini romane: il nome deriverebbe infatti da porticum ovvero mercato. Tuttavia, il periodo di massima importanza per il borgo fu durante il medioevo, quando, sotto i Conti Guidi, venne munito di un castello. Al giorno d’oggi, Torre Portinari (o Torre Medievale) e la Chiesa di Santa Maria in Girone (ricostruita nel 1776) sono tutto ciò che resta di quell’antica fortezza. Tra il 1386 e il 1499, Portico fu anche il primo capoluogo della Romagna toscana e sede del Capitanato della provincia fiorentina. Passeggiando per le vie acciottolate del borgo, è ancora possibile ammirarne l’urbanistica medievale, divisa in tre piani distinti: alla cima sorgono il castello, la pieve e gli edifici amministrativi, nel livello medio i palazzi nobiliari e nella parte bassa le case-torri, un tempo destinate agli artigiani e al ceto meno ricco.

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Il Ponte della Maestà di Portico di Romagna è un ponte a schiena d’asino edificato nel XIV secolo. Per secoli ha aiutato gli abitanti a valicare il torrentello Tramazzo, affluente del Montone. Il ponte presenta ancora la pavimentazione originale e non ha mai subito alcun restauro. Al termine dell’attraversamento è presente una piccola cappella, detta della Visitazione, stazione del Cammino di Assisi, il percorso che San Francesco fece dalla Toscana alla Romagna.

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Palazzo Portinari si trova al centro del borgo: eretto nel XIV, secondo la tradizione appartenne a Folco Portinari, padre della Beatrice Portinari cantata da Dante, che era solita trascorrere le estati a Portico. Qui avrebbe incontrato il sommo poeta, in fuga da Firenze per motivi politici. Purtroppo le date non possono coincidere, poiché l’edificio venne costruito anni dopo la morte di Dante: resta tuttavia la romantica leggenda legata al palazzo.

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San Benedetto in Alpe deve il nome all’antica presenza di un’importante abbazia, fondata da San Romualdo nella prima metà del XI secolo, che riunì piccoli nuclei di eremiti sparsi per la zona. In meno di un secolo, l’abbazia divenne una delle più potenti e ricche dell’area tosco-emiliana, con possedimenti che arrivavano fino a Forlì, Faenza, Forlimpopoli e Firenze. Fu in questo periodo che Dante visitò la zona e che Boccaccio ebbe modo di soggiornare presso l’abbazia. La situazione mutò a partire dal XIV secolo, quando il monastero iniziò a perdere la sua importanza culturale e religiosa. Nel 1499 l’abate fu costretto a consegnare al papa i beni rimasti. Divenuta semplice parrocchia, l’abbazia cadde in rovina: oggi sono sopravvissute solo parte della cripta, una torretta difensiva, un portale ad arco e parte delle mura esterne. L’abbazia è raggiungibile seguendo i numerosi percorsi di trekking che attraversano il Parco delle Foreste Casentinesi.

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L’Acquacheta è il principale affluente del Montone: prima di raggiungere San Benedetto in Alpe compie un salto di settanta metri, formando la famosa e omonima cascata dalla bellezza singolare. L’alternanza di arenaria e marna ha creato una successione di piccoli balzi d’acqua e scivoli. La cascata venne resa immortale da Dante, che la citò in un passo dell’Inferno (Inf., XVI, 94-102), paragonando il fragore delle acque in caduta con l’infernale Flagetonte.

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La Cascata dell’Acquacheta è raggiungibile con un’escursione di poche ore, attraversando la caratteristica Piana dei Romiti, una prateria di arbusti e alberi, alveo dell’Acquacheta. Qui sorgono i ruderi di casolari e mulini del XVII secolo. L’origine di questa piana è in parte opera dell’uomo e in particolare dei monaci benedettini, che intorno al XI secolo, a seguito di una frana che bloccò il flusso del fiume creando un acquitrino, bonificarono la zona ottenendo spazio coltivabile.

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La frazione di Bocconi sorse in epoca medievale inizialmente intorno alla torre di vigilanza, conosciuta come Torre dei Vigiacli o dei Mazzoni, eretta nel XV secolo per sorvegliare il castello di Bastia. Lo sviluppo del borgo a fondovalle avvenne nel XIX secolo, con lo spopolamento del borgo di Bastia e con la costruzione della Carrozzabile del Muraglione (1836). Dell’antico castello non rimane più nulla: solo una croce di ferro ricorda il punto in cui sorgeva. Restano invece i ruderi dell’antico borgo di Bastia, a pochi passi da Bocconi. A seguito di una frana del 1868, che lasciò danneggiati i borghi di Carpine e Bastia, nel 1874 il consiglio comunale deliberò di accorparli a Bocconi. Le case e il paese vennero definitivamente abbandonati negli anni Cinquanta del Novecento: al giorno d’oggi, Bastia è un suggestivo villaggio fantasma sommerso dalla vegetazione selvatica.

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Lo scorcio più caratteristico di Bocconi è offerto dal Ponte della Brusia: ponte a schiena d’asino a tre arcate eretto nel XVIII secolo, arroccato su una bella cascatella omonima, sotto la quale si forma una piscina naturale dove è possibile rilassarsi e fare il bagno.

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Secondo le leggende locali, i boschi casentinesi sono abitati dai Mazapègul, folletti dispettosi del folklore romagnolo e in particolare dell’Appeno forlivese. Di aspetto ibrido tra un gatto e una scimmia, il Mezapègul solitamente veste solo un berretto rosso, sede dei suoi poteri magici. È maestro nel provocare incubi ai malcapitati e ha la noiosa tendenza a seguire e perseguitare le donne con la sua scomoda presenza, con il fine di poter giacere con loro. Le vittime dovranno dunque completare un complesso riturale, in cui fingeranno di togliersi le pulci, per schifare il Mezapègul e allontanarlo.

Spunti videoludici

Nonostante il legame tra Beatrice e Palazzo Portinari sia solo leggenda, è indubbio che l’area di Portici di Romagna sia profondamente legata a Dante Alighieri, che visitò e venne ospitato in queste zone durante la sua fuga verso la Romagna. Questi incantevoli borghi medievali, di cui possiamo facilmente ricostruirene l’aspetto antico, sono cornici perfette per una narrazione che veda il Sommo Poeta come protagonista. Si potrebbe così raccontare la sua fuga politica, un ipotetico primo incontro con Beatrice, una sua escursione alla cascata dell’Acquacheta e altre fantasiose situazioni verosimili che avrebbero potuto ispirare l’immaginazione di Dante, ambientate negli ombrosi boschi casentinesi.

L’antica presenza dei monaci benedettini nell’area ha contribuito alla sviluppo del borgo di San Benedetto e ha parzialmente modificato la natura circostante. L’abbazia può ispirare un videogioco gestionale che permetta di seguire la vita e l’economia del monastero. Il giocatore, in veste di abate, potrà curare l’economia e la produttività dell’abbazia, ampliandone la struttura ed estendendone l’influenza sui territori circostanti.

I ruderi che affiorano dalla Piana dei Romiti e le case fantasma del borgo di Bastia sono testimoni immobili di secoli passati, quando i centri abitati della zona erano più piccoli e sparpagliati tra i boschi. Le rovine dell’area possono facilmente diventare la suggestiva cornice per una storia dalle tinte un po’ spettrali e misteriose.

Con i suoi boschi ombrosi e umidi, i torrenti impetuosi, le sorprendenti cascate e le strutture architettoniche di origine medievale, il Parco delle Foreste Casentinesi, in particolar modo il comune di Portico di Romagna, è una location magica e fatata, dove facilmente si potrebbe giurare di aver avvistato un Mazapègul o altre strane creature magiche.

[Biliografia]

– Farolpi P.L., Portici di Romagna e l’Alta Valle del Montone – Immagini e notizie storiche della Romagna Toscana, Firenze, Farolfi, 1979

[Sitografia]

Piero Farolfi. Com (storia locale)
Itinerari Romagna.com
Travel Emilia-Romagna.it

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