Descrizione
Il Ponte di Tiberio, simbolo della città di Rimini, dal caratteristico colore chiaro della pietra d’Istria, è uno dei più importanti ponti monumentali romani meglio conservati al mondo, ancora oggi utilizzati nella viabilità cittadina; sorretto da ben cinque arcate, diverse nelle dimensioni e nel profilo, e realizzato in stile dorico collegava Ariminum, la Rimini romana, alla pianura padana scavalcando il fiume Marecchia, allora chiamato Ariminus. Leggermente a schiena d’asino, attualmente lungo 74 metri, meno, probabilmente, della lunghezza originaria è lastricato con i tradizionali basoli di trachite e fiancheggiato dagli originali marciapiedi sopraelevati, ancora oggi percorribili e delimitati dai parapetti sulle cui lastre si possono leggere diverse iscrizioni in latino; esempio della maestria ingegneristica dei romani, le 5 arcate poggiano su massicci piloni sommersi sostenuti, a loro volta, da un sistema di pali di legno e protetti da speroni frangiflutti per ridurre la forza d’urto del Marecchia.
Sul ponte sono presenti anche alcuni bassorilievi come una robusta cornice a dentelli sotto il parapetto, quattro grandi nicchie a pseudoedicola sui piloni e, nelle chiavi delle arcate, una corona di quercia, un grande scudo, i vasi per i sacrifici e il bastone ricurvo dei sacerdoti e dei magistrati.
Cenni storici
Il ponte di Tiberio, la cui costruzione iniziò nel 14 d.C., venne voluto dall’imperatore Augusto durante quella fase di riassetto della viabilità romana per il miglioramento dell’apparato statale in seguito alla raggiunta pace civile; i lavori terminarono nel 21 d.C. sotto il governo di Tiberio e i nomi dei due imperatori, assieme alle date di inizio e fine lavori, si possono leggere sopra una lastra del parapetto in corrispondenza dell’arcata centrale.
Quando nel V secolo Ravenna divenne capitale della corte imperiale il ponte assurse a un importante significato strategico, tanto che durante la guerra greco-gotica (nel 552) fu gravemente danneggiato dai Goti per tentare di fermare l’esercito imperiale.
Nei secoli successivi scampò alle conseguenze di altre guerre, come un presunto tentativo d’incendio da parte di Pandolfo Malatesta nel 1528, a una quasi distruzione alla fine della Seconda guerra mondiale e anche ad alcuni terremoti (1672 e 1786).
Focus narrativi
Dal Ponte di Tiberio si originavano le due importanti vie consolari Emilia e Popilia: la via Emilia venne fatta costruire dal console Marco Emilio Lepido nel 189 a. C. dopo la seconda guerra punica quando le tribù della Gallia Cisalpina, l’attuale pianura padana, furono definitivamente sottomesse; collegava Rimini con Piacenza e ancora oggi è una delle arterie fondamentali dell’Emilia-Romagna. Rimini era poi collegata con Roma dalla via Flaminia, fatta costruire nel 220 a.C. dal censore Gaio Flaminio Nepote per permettere il collegamento diretto con Roma dell’Italia settentrionale.
Come detto dal ponte di Tiberio si dipartiva anche la via Popilia che, passando per Ravenna, collegava Rimini con la città veneta di Adria, dove si univa con la via Annia che proveniva da Padova, e da qui proseguiva poi più a nord per terminare ad Aquileia.
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Il Ponte di Tiberio è uno dei tanti ponti che le tradizioni popolari definiscono “ponte del Diavolo”; secondo la leggenda Tiberio, visto il continuo protrarsi dei lavori, con nuove difficoltà e problemi che nascevano quotidianamente tanto da far dubitare della conclusione dell’opera, dopo aver invocato inutilmente l’aiuto di tutti gli dei si sarebbe rivolto al signore delle tenebre. Il diavolo, secondo la leggenda, completò il ponte in una sola notte ma in cambio richiese l’anima del primo che l’avesse attraversato. Il giorno dell’inaugurazione l’imperatore, raggirando il diavolo, ordinò, come segno propiziatorio, che per primo a passare fosse un cane; il diavolo furibondo provò a demolire inutilmente il ponte e il segno dei calci che diede nel tentativo di abbattere la sua opera sarebbe visibile sul parapetto, dove si trovano due scalfitture simili all’impronta di piedi caprini.
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Il Ponte di Tiberio sarebbe l’unico ponte di Rimini ad attraversare il Marecchia che i tedeschi non demolirono durante la loro ritirata nel 1944; non è ancora chiaro se, nonostante l’ordine ricevuto dall’alto comando tedesco, il ponte fu risparmiato per un problema tecnico oppure per un’azione volontaria di un ufficiale tedesco. Una prima ipotesi chiama in causa un problema di accavallamento di fili che avrebbe portato a detonare solo alcune cariche esplosive causando pochi danni; effettivamente nel 1957 vennero ritrovate, durante lavori di rifacimento del manto stradale, le altre cariche inesplose. Secondo un’altra ipotesi invece la mancata distruzione sarebbe da imputare ad un ufficiale tedesco; questi, contravvenendo ad un ordine, decise di salvare l’antico ponte rimanendo per ultimo, durante la ritirata, a presidiarlo, disinnescando poi gran parte dell’esplosivo e facendo detonare solo poche cariche inumidite per far alzare molto fumo e simulare l’avvenuta distruzione.
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Il Ponte di Tiberio ha un gemello pressoché identico, ma molto più giovane, a Kilkenny, in Irlanda.
Tutto nasce dal fatto che il ponte di Rimini divenne un modello nell’intera Europa grazie al fatto che venne definito, dal famoso architetto rinascimentale Andrea Palladio ne I Quattro Libri dell’Architettura, pubblicato a Venezia nel 1570, come “il più bello et il più degno di considerazione, sì per la fortezza come per il compartimento”.
L’opera del Palladio, tradotta in inglese dal giovane architetto veneziano Giacomo Leoni, servì a George Smith, un costruttore di ponti irlandese, da modello per la progettazione del Green’s Bridge, costruito a Kilkenny in Irlanda nel 1766; purtroppo la copia irlandese, anche se molto più giovane, non gode di ottima salute come l’originale di Rimini, ma necessita di frequenti restauri.
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Il Ponte di Tiberio oggi non è più lambito dalle acque del Marecchia in quanto tra il 1924 e il 1930 gli ultimi due chilometri del fiume vennero regimentati in un canale deviatore, un alveo artificiale, costruito per difendere il centro città dagli effetti delle frequenti esondazioni. Le acque che si possono vedere sotto il ponte di Tiberio dal suggestivo scorcio della piazza sull’acqua, la quinta finale dal bel parco XXV aprile che occupa l’antico alveo del Marecchia, sono quelle salate del mare del Porto canale di Rimini.
Spunti videoludici
Data la sua notorietà come modello architettonico in Europa, il Ponte di Tiberio potrebbe ambire a divenire esso stesso emblema di incontro e continuità attraverso i secoli delle relazioni tra gli uomini. Immaginando che l’ambiente videoludico sia circoscritto all’esigua lunghezza del ponte, il titolo potrebbe mettere in scena l’incontro con diversi personaggi, comuni e storici, che hanno attraversato il ponte e di cui potremo seguire le vicende; in questo senso, il ponte – oltre a essere ambiente di gioco – potrebbe essere simulacro del giocatore-testimone, come in una sorta di walking simulator al contrario, dove sono gli altri a percorrere l’ambiente-giocatore. Le iscrizioni in latino sul ponte potrebbero giocare il ruolo di testimonianze lasciate dai passanti che il giocatore è chiamato a interpretare.
La leggenda sulla mitologica robustezza del ponte potrebbe arricchire la narrazione, andando a definire per esempio uno stile goticheggiante (il diavolo) della narrazione stessa.
Fonti e link
[Bibliografia]
– Bondini, A., Cartoceti, M., Curina, R., Il ponte e le sue pietre: un contributo al patrimonio culturale della città di Rimini attraverso la salvaguardia di uno dei suoi simboli più importanti: il Ponte di Agusto e Tiberio, Rimini, SGR, 2016;
– Merli, F., Olivieri, E., Il ponte di Tiberio, Rimini, Raffaelli Editore, 2004;
– Zavatta, G., “Il ponte di Augusto di Rimini e il primo progetto per Rialto di Andrea Palladio”, Penelope, Volume 3, pp. 27-44, 2006.
[Sitografia]
Comune di Rimini
Segretariato regionale del Ministero per i beni e le attività culturali per l’Emilia-Romagna
[Scheda Film Commission]
Emilia-Romagna Film Commission