Descrizione
Il Parco dei Sassi di Roccamalatina è un’area protetta di 2300 ettari che si estende sulle colline del Medio Appennino Modenese. Caratterizzato da una variegata biodiversità concentrata in poco spazio, il Parco deve il suo nome a tre imponenti guglie di arenaria alte 70 metri, comunemente chiamati “sassi”. L’area, abitata sin dalla preistoria, ospita numerosi borghi ed edifici di rilievo storico-architettonico.
Cenni storici
L’area, visitata dall’uomo sin dall’Età del Bronzo, venne abitata stabilmente a seguito dell’espansione etrusca, tra il VI e il V secolo a.C., quale importante collegamento tra la Pianura Padana e il Tirreno. I Sassi, roccaforti naturali, ospitarono sin da tempi antichi insediamenti fortificati. In epoca bizantina, l’area divenne linea di difesa per contrastare la calata longobarda. Il nome di Roccamalatina deriva dai Malatigni, famiglia nobile che dominò l’area tra il XII e il XIV secolo. Il Parco Naturale venne infine istituito nel 1988, per tutelare la ricca biodiversità dell’area e soprattutto i tre Sassi di arenaria.
Focus narrativi
Le tre guglie o “Sassi”, che danno il nome al parco, sono detti Rocca di sopra, Rocca di Sotto e Roccazzuola. Le particolari arenarie che hanno originato i torrioni, alti 70 metri, sono composte da granuli sabbiosi grossolani. La sedimentazione avvenne durante l’Oligocene, in acque profonde: i movimenti della crosta terreste e le correnti subacquee, cariche di sedimento, portarono al deposito di granuli in una scarpata continentale, formando elevati spessori di sedimenti di varie dimensioni, decrescenti dal basso verso l’alto. La disposizione degli strati rocciosi in posizione quasi verticale e la loro maggior resistenza all’erosione rispetto alle rocce circostanti, hanno determinato la particolare morfologia a pinnacolo che ha reso i Sassi meritevoli di tutela.
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Nella zona protetta è possibile osservare una notevole varietà di ecosistemi, che variano dai boschi alle grotte, dai corsi d’acqua alle radure, che ospitano una ricca fauna quali gamberi di fiume, cervi, tassi, lupi e falchi pellegrini, che nidificano sui picchi dei Sassi. All’interno del parco sono state censite 760 specie di piante, rappresentante il 31% dell’intera flora regionale. Il paesaggio vegetale, pur mostrando un metodico passaggio antropico, è caratterizzato da vigne, castagneti secolari, ginestre, felci e arbusti di ginepro.
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Nel cuore del Parco, nel comune di Guiglia, all’ombra degli imponenti Sassi, è possibile visitare la Pieve di Trebbio, edificio romanico dedicato a San Giovanni, che nel corso della sua storia subì numerosi rifacimenti e cambi di stile architettonico. L’esistenza di una chiesa è attestata già nel 996, dove Trebbio, da trivium, incrocio di tre vie, è citata insieme all’Abbazia di Nonantola. Gli studiosi collocano la fondazione della chiesa tra il VIII e il IX secolo, mentre la tradizione popolare l’attribuisce a Matilde di Canossa. La struttura odierna risale circa al XII secolo, quando Trebbio divenne pieve, ma è noto che la chiesa si erga su un precedente luogo di culto carolingio, di cui rimangono alcuni elementi del presbiterio e qualche capitello. La Pieve di Trebbio godette a lungo di ricchezza economica e potere: per questo motivo all’interno sono conservate pitture, sculture e affreschi di pregio provenienti da più secoli, tra cui una notevole tela del ‘600 rappresentante San Giovanni. L’architettura della pieve venne mutata in barocca nel 1726 ma già nei primi anni dell’800 iniziarono i lavori per riportarla al suo originale stile romanico, seppur mantenendo qua e là curiosi elementi non originari. Il complesso era costituito, oltre che dalla chiesa, da un battistero ottagonale del 1907 (provvisto di una fonte battesimale del IX secolo), da un cimitero, dall’abitazione del presbiterio, da una cripta alla quale si accede tramite una botola, da una scuola e da un punto di accoglienza per i forestieri e i pellegrini.
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Pieve di Trebbio fu anche scenario della Battaglia di Pieve di Trebbio, primo scontro importante tra partigiani resistenti e milizia della Guardia Nazionale Repubblicana nel modenese. All’inizio di marzo del 1944 i repubblichini organizzarono azioni di rastrellamento per impedire ai renitenti della leva della RSI di unirsi ai partigiani. Dopo una decina di giorni, venne denunciata alla GNR la presenza di un nutrito gruppo di ribelli nella basse valle del Panaro. L’ex ufficiale degli Alpini Leonida “Bandiera” Patrignani venne dunque schierato a Marano sul Panaro per organizzare una spedizione a sostegno dei nuclei resistenti. La “Spedizione Bandiera”, dopo parecchie difficoltà logistiche, venne attaccata dai fascisti nei pressi di Pieve di Trebbio, il 12 marzo. L’impreparazione di entrambi gli schieramenti portò a numerose perdite da entrambe le parti: la Spedizione Bandiera venne sciolta e la GNR fu costretta a rientrare a Vignola.
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Nel comune di Guiglia sorge il Castellino delle Formiche. Il curioso nome deriva probabilmente da una traduzione popolare errata, dove Castrum formigis, cioè “castello che incute timore”, divenne Castello delle formiche. Il fortilizio fu dimora di un ramo della famiglia Malatigni. Nel ‘300 divenne dominio dei Montecuccoli. L’unica testimonianza originaria del castello è la torre, oggi trasformata in un campanile.
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Sempre nel medesimo comune, è presente anche il Castello di Guiglia, imponente fortilizio trecentesco. Famoso per essere stato la residenza estiva dei marchesi Montecuccoli fino al 1796, il castello è conosciuto come “Conventino”, per via di un convento carmelitano fondato nei pressi delle mura nel 1632. Distrutto da un incendio nel 1361, ricostruito e danneggiato da un terremoto nel 1571, il castello ha subito numerosi e drastici interventi che ne hanno mutato la forma. Trasformato infine in un palazzo feudale dai Montecuccoli, il castello venne venduto ad un ingegnere svizzero che lo trasformò in un albergo. Notevole è la Torre del Pubblico, torre quadrangolare collocata davanti all’ingresso originario della rocca, avente funzione di Casella, cioè il luogo di adunata durante le assemblee comunitarie.
Spunti videoludici
Le specie animali e vegetali del Parco e le guglie arenarie dei Sassi, dalle forme uniche, sono un bene da preservare per il futuro. Intorno alla delicata gestione dell’area protetta può nascere un videogioco che miri a educare all’importanza della biodiversità e all’equilibrio necessario per pianificare e consentire la perpetuazione della vita in più biomi. La presenza di piccoli insediamenti urbani, la gestione del turismo e la superficialità umana possono essere tutte sfide al corretto funzionamento del parco.
Le forme uniche e dei Sassi possono essere fonte d’ispirazione per creare un ambiente naturale peculiare e alieno, adatto per un’atmosfera fantasy, dove le guglie possono ricordare facilmente enormi zanne di drago o di altre creature mitiche. La ricchezza di animali e piante, la presenza di suggestivi borghi e castelli, rendono il parco un vero luogo incantato.
La Pieve di Trebbio, posizionata all’ombra dei suggestivi Sassi, è il frutto di secoli di rimaneggiamenti e modifiche strutturali. Al suo interno possono essere trovati resti longobardi, rinascimentali e moderni. L’anno di fondazione della chiesa è tutt’ora imprecisa e si perde nel passato: c’è addirittura chi vorrebbe collocarla al di sopra di un antico luogo di culto pagano! L’edificio può ispirare un suggestivo tempio o luogo di culto, passaggio obbligato per pellegrini e raminghi forestieri, adatto particolarmente per narrazioni più fantasiose. La posizione così vicina ai Sassi, i rimaneggiamenti e l’articolata struttura della Pieve, che non manca di una cripta e di un cimitero, rendono il complesso un luogo suggestivo e misterioso, dove risolvere enigmi e intraprendere quest.
Fonti e link
[Bibliografia]
– AA.VV. Parco Regionale dei Sassi di Roccamalatina, Firenze, Giunti Editore, 1996.
[Sitografia]
Parchi Emilia centrale