Descrizione
Guardando Urbino da lontano è impossibile non notare le forme e l’estetica del Palazzo Ducale, uno dei più interessanti esempi di architettura del Rinascimento italiano. Al giorno d’oggi il Palazzo, di proprietà dello Stato italiano, è sede della Galleria nazionale delle Marche e uno dei monumenti più visitati della regione. È fiancheggiato da altri monumenti importanti, come la Galleria Nazionale delle Marche e il Museo archeologico lapidario. Rappresenta il progetto più ambizioso di Federico da Montefeltro, visto che venne affiancato dalla generale sistemazione urbanistica di Urbino. La residenza, prima degli interventi d Federico, era un semplice palazzo cui si aggiungeva un vicino castellare. Oggi è uno splendido palazzo e sito culturale, che nel 2015 ha fatto registrare quasi 200.000 visitatori.
Cenni storici
Antonio da Montefeltro, nonno del ben più famoso Federico, fu conte di Urbino a cavallo fra XIV e XV secolo. A lui risalgono le origini del palazzo, visto che ebbe l’idea di stabilirsi di fronte al Duomo. Il piano di fare della dimora di Antonio un vero e proprio palazzo, però, appartiene a Federico, umanista e signore rinascimentale dalla raffinata cultura. Dopo aver preso il potere, infatti, nel 1454 iniziò il programma di costruzione tramite il congiungimento di due edifici ducali antichi tramite la costruzione di un palazzo intermedio. Fu così che intorno al 1455 si creò il palazzetto della Jole, primo nucleo architettonico del palazzo ducale di Urbino. Dieci anni dopo, il progetto venne affidato a Luciano Laurana, figlio d’arte di Leon Battista Alberti che aveva ottenuto il titolo di architetto nel 1468. Sotto il suo comando, il fulcro del palazzo divenne il cortile porticato, che fungeva da raccordo agli edifici precedenti e alle sale intorno. Oltre ai diversi elementi architettonici che riuscì a ideare, al Laurana si deve anche la dilatazione del palazzo verso la parte opposta della città e la rientranza su piazza del Rinascimento che sembra invitare gli ospiti all’interno del Palazzo stesso. A questo periodo, poi, risale la costruzione dei due torricini nella facciata che va a strapiombo su porta Valbona, elemento che contraddistingue il palazzo. Il palazzo era praticamente completato quando nel 1472 la direzione dei lavori passò a Francesco di Giorgio. Il nuovo architetto si prodigò nel completamento di alcuni elementi lasciati inconclusi, nel perfezionamento di alcuni spazi privati e degli impianti idrici. Finita la dinastia dei Montefeltro, il palazzo assunse nuove funzioni. Prima fu sede di diversi legati apostolici, poi ospitò un teatro e una parte del palazzo venne adibita prima a carcere giudiziario poi a tribunale. Infine, divenne uno dei monumenti più interessanti di tutte le Marche.
Focus narrativi
Uno degli ambienti più importanti dell’intero palazzo è lo studiolo di Federico da Montefeltro. È importante non solo per il suo valore artistico, ma perché la cura con cui venne arredato dimostra lo spessore e il valore di uno degli uomini più importanti della storia della città. Oltretutto lo studiolo è l’unico ambiente del palazzo a non essere mai stato modificato, il che permette di farsi un’idea del gusto della corte di Federico. L’ambiente era lo studio privato del Duca, si presenta di dimensioni piuttosto ridotte con un soffitto a cassettoni dorati raffiguranti le imprese di Federico. L’elemento però più caratteristico del posto sono sicuramente le tarsie lignee che ricoprono tutto lo studiolo creando un’atmosfera quasi surreale. I disegni sono attribuiti anche ad artisti del calibro di Botticelli. Non bisogna infatti mai scordarsi che la corte di Federico raggruppò tutti gli artisti più importanti del XV secolo: non c’è quindi da stupirsi se si possono ammirare opere di artisti di livello sopraffino. Le pareti superiori erano originariamente decorate da un fregio che conteneva ritratti di Uomini illustri del passato e del presente. La metà di queste sono oggi al museo del Louvre, grazie alle famose spoliazioni napoleoniche al seguito delle quali i francesi si appropriarono di capolavori che preferirono non restituire. Le immagini ritraevano personaggi antichi importantissimi come Socrate, Cicerone, Seneca, Omero, Virgilia, Aristotele e Sant’Agostino. Sotto i ritratti si ammira lo schema di decorazioni lignee, che segue un ordine preciso: nella parte superiore sono presenti sportelli decorati che custodiscono al loro interno i simboli dell’Arti e delle Virtù. La fascia intermedia contiene fregi di diverso tipo mentre quella inferiore riprende strumenti musicali e altri oggetti di svago. Questa stanza rappresenta non solo un patrimonio unico vista la sua autenticità, ma la rappresentazione fisica delle virtù di uno degli uomini più importanti e influenti dell’intero Rinascimento Italiano.
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Il Palazzo ha una struttura funzionale che non preclude un valore artistico molto importante. Al suo interno, oltre lo studiolo, vi sono molte altre stanze degne di note. Dal luogo dove Federico curava la sua cultura sono raggiungibili sia la cappellina del Perdono, figlia dell’arte di Bramante, sia un tempietto dedicato alle Muse, opera invece del pittore Giovanni Santi, padre del ben più famoso Raffaello. Come già detto, il Cortile funge da fulcro dell’intera vita del Palazzo, vita che si manifestava in maniera particolare all’interno del grandissimo Salone delle feste, immensa sala dedita a banchetti, ricevimenti e festeggiamenti. Altro elemento architettonico di splendida fattura sono le logge, considerabili come un baldacchino a più piani nella facciata dei torricini. Questa facciata in generale pare rifarsi al palazzo di Castel Nuovo a Napoli. Questa teoria avrebbe anche un riscontro storico, visto che il re aragonese che regnava su Napoli aveva come comandante generale proprio Federico da Montefeltro. Le logge sono tre, figlie dell’arte degli architetti Di Giorgi e Laurana, e nonostante siano esteticamente simili presentano delle differenze nelle decorazioni delle colonne e dell’arco.
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La Galleria venne istituzionalizzata ufficialmente solo nel 1912, ma il Palazzo ospitava opere d’arte sin dalla sua creazione, sempre grazie alla spiccata vena umanistica di Federico da Montefeltro. Inevitabilmente, però, la storia della Galleria finì per incrociarsi con la storia del palazzo e quindi con le sorti della città di Urbino che, dopo la morte di Federico, si trovò in forte decadenza. Le prime spoliazioni si devono a Cesare Borgia, reo di aver spostato diverse opere d’arte fra cui il celebre Cupido dormiente di Michelangelo, che finì a Mantova alla corte dei Gonzaga per poi essere definitivamente perduto. Successivamente, anche la devoluzione del Ducato allo Stato della Chiesa compromise fortemente i capolavori contenuti nel Palazzo. Col restauro del Palazzo nell’inizio del XX secolo, si assistette a una risistemazione delle collezioni in contemporanea con l’arricchimento di quest’ultime. Arricchimento che trovò il suo apice con la direzione di Luigi Serra, che portò il palazzo a ospitare capolavori di Piero della Francesca. Uno dei quadri più famosi, all’interno della Galleria, è sicuramente la Veduta della città ideale, di autore ignoto ma attribuito da alcuni anche all’architetto Laurana. Quest’opera, ancora una volta, è lo specchio della personalità di Federico e rappresenta sempre il suo tentativo di anelare alla perfezione rinascimentale rappresentata in questo caso da una città dalle proporzioni perfette.
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Urbino fu una delle sedi principali del Rinascimento italiano e la corte di Federico da Montefeltro ospitò fra i più grandi artisti del periodo. Oltre agli artisti di cui abbiamo già parlato, alla corte di Federico furono ospitati Piero della Francesca, Leon Battista Alberti e il padre di Raffaello, che nacque un anno dopo la morte del mecenate. L’interesse di Federico per le arti era multidisciplinare e vastissimo, alla sua corte fu ospitato anche un matematico, Luca Pacioli, e Francesco Giorgio Martini, architetto, scrisse per lui il libro Trattato di architettura. L’architetto fu autore, oltre che del libro, della chiesa di San Bernardino, poco fuori la città, e di diverse rocche militari. L’amore più grande, però, Federico lo provava molto probabilmente per l’arte della pittura. Immortale è il doppio ritratto dei duchi di Urbino, dove sono raffigurati Federico e la sua coniuge Battista Sforza, ma anche altri dipinti vennero creati alla corte urbinate, come la Flagellazione e la Madonna di Senigallia. In tutto il suo soggiorno a Urbino, lo stile del pittore cambiò e venne influenzato da tutte le maestranze che prendevano sede nella città, ma d’altronde qualunque artista passasse per la città veniva influenzato dal bagaglio culturale che lo circondava. Il clima che nacque in questo periodo influenzò anche gli artisti successivi a Federico, come appunto Raffaello o Bramante, il primo postumo al Duca, il secondo molto giovane quando quest’ultimo era già in età adulta.
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Un altro luogo di indubbio stupore nel Palazzo è la Biblioteca di Federico da Montefeltro. La fama della biblioteca è da collegare alla bellezza dei suoi manoscritti e alla personalità di Federico, che oltre ad aver riunito le opere letterarie è stato colui che ha concepito e ideato lo spazio adibito come un’opera d’arte. La collezione è giunta integra ed è conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Secondo alcuni studi, l’incremento di volumi dovuto a Federico fu stratosferico: si passò da poco più di un centinaio a poco meno di un migliaio. Alcuni di questi manoscritti furono bottini di guerra, altri Federico li ottenne in dono, ma la maggior parte furono acquistati o commissionati da librai. Ancora una volta, abbiamo la conferma della personalità del Duca di Urbino. La raccolta è ovviamente di stampo umanistico. Il trasferimento nella Biblioteca Apostolica Vaticana avvenne verso la fine del XVI secolo, quando Francesco Maria II Della Rovere divenne duca d’Urbino. Anch’egli appassionato di libro, creò nella sua residenza fortificata in provincia di Urbino una biblioteca moderna ispirandosi a quella vista nel Palazzo Ducale. Alla sua morte lasciò in testamento alla comunità tutti i manoscritti che vennero spostati da papa Alessandro VII nella biblioteca apostolica vaticana venticinque anni dopo.
Spunti videoludici
Il clima rinascimentale ad Urbino può essere fonte di ispirazione per moltissimi videogiochi. Qui si respirava non solo il futuro culturale dell’Italia, come detto diverse volte grazie all’immensa personalità e cultura di Federico da Montefeltro, ma anche quello politico della penisola, vista l’influenza che la città ebbe nello scacchiere dell’Italia centrale nel XV secolo. Dal palazzo passa molto potere e molta cultura, essenzialmente per le mani del Duca, ed è quindi da dentro le mura che si possono creare dinamiche avvincenti che coinvolgono sia artisti che politici. Il nostro protagonista può fermarsi a Urbino, di passaggio, entrando in contatto con idee rivoluzionarie, con artisti che incontrerà in futuro nel suo viaggio, con il Duca creando alleanze o inimicizie. Il palazzo, inoltre, dal punto di vista scenico risulta spettacolare e imponente e può dare vita scontri epici fra le sale, assedi e battaglie. Il clima all’interno delle sale sfrigola di cultura e potere: uno dei luoghi migliori per creare avventure in uno dei periodi più pieni di vita e battaglie della storia italiana.