Palazzo del Bo

Descrizione

Il Palazzo del Bo è la sede storica dell’Università di Padova dal 1493. Tra le sue sale più note vi è il Teatro anatomico – il più antico del mondo – l’aula magna e “La Sala dei Quaranta”, la quale ospita la cattedra di Galileo, docente nella medesima Università dal 1592 al 1610.

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Cenni storici

La parte più antica del Bo sorge un originario nucleo di tre case appartenenti alla famiglia Papafava. Questo nucleo di edifici era poi stato donato nel 1405 da Francesco I da Carrara, signore di Padova, a un macellaio perché questi aveva fornito delle derrate di carne durante l’assedio della città. L’Università acquistò nel 1493 la proprietà del macellaio e nel 1501, dopo alcuni lavori di restauro, vi fu l’inaugurazione solenne dell’Ateneo. Il corpo primario e centrale attorno al quale si sviluppò Palazzo Bo è il Cortile Antico, un loggiato a doppio ordine con la pianta di un chiostro monastico dove erano situate le aule in cui venivano fatte le lezioni. Il Cortile Antico è decorato da numerosi stemmi rappresentanti le famiglie degli studenti e dei docenti illustri di Padova. Dal 1594 viene a far parte del complesso universitario il Teatro anatomico, primo esempio di struttura permanente per l’insegnamento dell’anatomia e la dissezione di cadaveri. Il teatro verrà dismesso nel 1872 per il sempre più raro utilizzo.

Focus narrativi

Secondo una leggenda, otto professori dell’Università di Padova (di epoche assai diverse) avrebbero donato il proprio corpo alla ricerca scientifica e i loro crani sono effettivamente esposti nella sala di medicina. La mancanza di fonti al riguardo e una ricerca antropologica e storica hanno però dimostrato come in verità il professore di anatomia Francesco Cortese abbia collezionato i crani dei colleghi a scopo di studio, riesumandone talvolta anche i resti. Gli studi recenti sui crani hanno confermato tutte le identità dei professori ad eccezione di Santorio Santorio, al quale è attribuito un cranio di età compresa tra i 41 e i 60 anni, mentre il professore dovrebbe essere morto all’età di 75 anni.

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Nella sala della facoltà di medicina, oltre ai teschi umani, vi è un ritratto di Pietro d’Abano, nonostante a questi fosse stato proibito di entrare in università in quanto considerato un negromante; tale fama fu causata dai suoi studi di medicina e di astrologia, che lo fecero accusare di stregoneria e negromanzia. Accusato tre volte dal Tribunale dell’Inquisizione di magia, eresia e ateismo, la terza volta morì in carcere per le torture un anno prima della fine del processo. A seguito della condanna il suo cadavere fu riesumato per essere bruciato sul rogo. La sua persona è rappresentata in una delle 78 statue presenti in Prato della Valle.

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Il macellaio che acquisì gli edifici dei Papafava fece costruire sulla proprietà una locanda (Hospitium bovis) che aveva come insegna un bucranio, che ancora oggi è il simbolo dell’Università ed è l’origine dell’appellativo “Bo”.

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La Sala dei Quaranta ospita altrettanti affreschi di studenti illustri che hanno frequentato l’Università di Padova: tra questi vi è anche William Harvey, che proprio a Padova fece la scoperta che gli diede fama, ovvero la prima descrizione accurata del sistema circolatorio. Nella stessa sala è custodita la cattedra da cui era solito tenere le lezioni Galileo Galilei, anche se, per motivi di affluenza, gli era stato concesso di insegnare in aula magna.

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Di fronte alla cattedra di Galileo è posta un’iscrizione che segnala come in origine la sala custodisse anche un’altra reliquia galileiana, ovvero una parte del suo corpo. Il pezzo in questione, la quinta vertebra lombare, è stata portata via dalla salma dal professore di anatomia Antonio Cocchi, mentre tre dita, prese da altri due professori, hanno avuto destinazioni differenti. La vertebra passò tra varie mani finché non venne donata all’università di Padova nel 1823 e ora la “reliquia” è custodita in un luogo recondito di Palazzo Bo.

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L’aula magna, come anche i loggiati del Cortile Antico, è ricoperta dagli stemmi delle famiglie degli studenti e dei docenti dell’università di Padova.

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Uno degli accessi a Palazzo Bo è dato da un portone in bronzo ricavato dalla fusione dei cannoni presi al nemico durante la Prima guerra mondiale. Il portone conduce al cosiddetto “atrio degli eroi”, dove sono ricordati in una lapide gli studenti caduti durante le guerre dal 1848 al 1866 e durante la Resistenza. È presente qui una scalinata ai piedi della quale vi è una statua di Palinuro, il nocchiero di Enea che morì avvistando l’Italia. La statua è in memoria di Primo Visentin, capo della brigata partigiana Martiri del Grappa.

Spunti videoludici

Il Palazzo del Bo per la sua storia accademica è certamente da considerarsi un luogo di scienza, e come tutti i luoghi di scienza porta con sé, paradossalmente, una certa aura di mistero e d’ignoto, poiché ai più non è dato comprendere che cosa venga studiato e le scoperte fatte all’interno di quelle dotte mura. La presenza storica di Galileo all’interno dell’università è l’elemento chiave per un gioco narrativo in cui lo scienziato conduce alla scoperta delle invenzioni avvenute a Palazzo Bo, nonché al racconto dei misteri legati alle leggende e tradizioni dell’ateneo, come la storia di Pietro d’Abano o quella dei teschi dei professori in sala di medicina. Di grande valore è anche la presenza del teatro anatomico, che con la pratica di dissezione dei cadaveri dona un tono noir alla narrazione e può aprire la strada a giochi dinamici più fantastici e fantascientifici che coinvolgano zombie o resurrezioni di corpi dei condannati a morte; questo elemento può legarsi anche alla previa presenza del macellaio e della sua locanda, come se un originario Sweeney Todd padovano avesse maledetto il luogo per sempre.

[Bibliografia]

– Lucia Rossetti, L’università di Padova. Profilo storico, F.lli Fabbri Editori, Milano, 1972.

[Sitografia]

Palazzo del Bo, Università degli Studi di Padova

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