Palazzo d’Accursio

Descrizione

Palazzo d’Accursio, noto anche come Palazzo del Comune, o Comunale, è l’attuale municipio della città di Bologna e si affaccia sulla sua piazza principale, Piazza Maggiore. Sulla sinistra dell’ingresso si erge la Fontana del Nettuno, altro simbolo di Bologna, mentre sulla destra (verso sud) si trova la Basilica gotica di San Petronio. Dall’altro lato chiude la piazza il Palazzo dei Banchi. L’edificio prende in questo modo parte a uno degli ambienti più importanti, iconici e vivi della città, ed è all’interno come all’esterno ricettacolo di storie e cultura, tanto popolari e collettive quanto individuali.

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Cenni storici

Molti edifici sono stati uniti a formare il Palazzo d’Accursio così come lo conosciamo oggi. Inizialmente, e di qui il nome che tutt’ora porta il municipio, l’edificio era l’abitazione del giurista e glossatore Accursio (noto anche come Accorso da Bagnolo). Fu acquistato dal Comune verso la fine del Duecento, e nel 1336 divenne la residenza della magistratura del comune, cioè sede del governo della città (il consiglio degli Anziani). Nel XV secolo Fioravante Fioravanti lo ristrutturò e aggiunse sulla Torre un prezioso orologio astronomico con innesti automatizzati. Fu poi ristrutturato varie volte fino al XVI secolo, quando fu anche aggiunta una doppia rampa di scale di accesso all’interno.

Focus narrativi

Tutt’oggi il Palazzo conserva gran parte delle memorie della città di Bologna. Questo perché dei suoi archivi fanno parte i materiali che per secoli, quando ancora aveva il nome di Palazzo Pubblico, l’edificio ha accumulato in quanto sede del Tribunale del Torrone. Il tribunale aveva tal nome per la Torre d’Accursio, tutt’ora presente, da cui l’uditore del foro si affacciava e amministrava la giustizia. L’uditore veniva nominato dal papa in persona, ma controllato dai cardinali inviati al governo della Legazione di Bologna. Fino al Settecento si ricorreva ancora alla tortura, in assenza di prove inconfutabili per colpevolizzare un imputato ma in caso di forte sospetto o in presenza di recidività. Col passare del tempo, le torture divennero meno pesanti e i condannati riuscivano a sostenerle meglio, mentre in tempi più remoti arrivavano a confessare anche crimini non commessi pur di salvarsi dal dolore. Il Tribunale del Torrone controllava tutta la città e tutti i ceti sociali, ma non senza operare differenze. Le punizioni verso i ceti meno abbienti erano severissime e non tenevano conto di attenuanti per necessità. Il clero poi non era sottoposto al giudizio del tribunale, ma a quello del foro arcivescovile, a meno che i loro reati non fossero gravi. Un esempio è il processo del 1789 per il furto al Monte Pietà al Conte Lucchini, che iniziò nel foro ecclesiastico per il coinvolgimento del Sacro Monte, ma fu poi chiuso al Torrone vista la gravità del crimine. Limitrofo al Tribunale c’era anche la prigione cittadina.

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Il Palazzo è stato sede del Museo Morandi fino al 2012. Le opere sono state rese pubbliche dalla famiglia stessa di Morandi, e sono ora custodite al Museo di Arte Moderna (MAMBO) di Bologna. Il Museo è stato inaugurato nel 1993 con ben 214 opere dell’artista. Inizialmente ospitava anche l’atelier di Morandi, poi rispostato nella sua abitazione in via Fondazza dopo il trasferimento del Museo nel MAMBO. Il Museo Morandi è una delle cinque sedi della Galleria d’arte moderna di Bologna.

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Il 21 novembre 1920 il Palazzo è stato teatro di una strage a opera di squadristi fascisti. Durante l’inaugurazione della consiliatura e dell’insediamento del nuovo sindaco Enio Gnudi, socialista massimalista, gli squadristi entrarono nella piazza gremita di sostenitori e aprirono il fuoco. A scatenare la strage furono delle bandiere rosse, fatte sventolare dalla vicina Torre degli Asinelli. I carabinieri risposero al fuoco, così la folla si trovò tra il doppio fuoco incrociato. I presenti provarono a rifugiarsi nel Palazzo, ma le Guardie Rosse sbarrarono l’ingresso temendo il peggio. Gettarono anche alcune bombe a mano dalle finestre. Si contarono 10 vittime, tutte socialiste, e ben 58 feriti al termine della sparatoria. L’undicesima vittima, parallelamente giustiziata all’interno del Palazzo, fu Giulio Giordani, liberale e consigliere del comune. Non è mai stata chiarita l’esatta dinamica della strage. Si parla del tragico evento come nascita del fascismo agrario a livello nazionale. Di seguito la Giunta comunale fu sciolta ancor prima di completare l’insediamento, e l’amministrazione passò al commissario della prefettura. Seguì un’inchiesta che ottenne lo scioglimento dei Vigili Urbani, colpevoli di aver ucciso una Guardia Regia durante la strage. Malgrado questi provvedimenti, le inchieste non giunsero mai a conclusioni certe circa la responsabilità del massacro, interpretato di volta in volta in modo diverso da varie forze politiche o testate giornalistiche. I Vigili Urbani furono infine assolti dal primo all’ultimo, e neanche l’assassino di Giordani fu mai trovato. Benché alcune condanne ci furono, come quella di Pietro Venturi per complicità e quella di Dardi Nerino per porto d’armi abusivo, i veri fautori della strage non sono mai emersi.

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Palazzo d’Accursio è un luogo storico che custodisce un prezioso e variegato patrimonio artistico e storico. Al primo piano del Palazzo si accede da Piazza Maggiore, oltrepassando la statua di Gregorio XIII in bronzo e salendo per lo scalone di Bramante. Gli ambienti del primo piano includono la Sala d’Ercole, la Sala del Consiglio Comunale, e la Sala Rossa. La prima prende il nome dalla statua di terracotta all’interno realizzata dallo scultore Alfonso Lombardi, e raffigurante Ercole che sconfigge l’Idra di Lerna. Nella sala sono anche conservati i calchi dei bassorilievi della Fontaine des Innocents di Jean Goujon, donati a Bologna da Parigi attorno al 1930; una Madonna del Terremoto di Francesco Francia risalente al 1505 e originariamente dipinta nella limitrofa Cappella degli Anziani; e due busti che raffigurano Francesco Zanardi e Giuseppe Dozza a opera di Luciano Minguzzi. La Sala del Consiglio Comunale è invece stata affrescata nel 1675-1677 da Angelo Michele Colonna e contiene la Galleria dei Senatori. La Sala Rossa, infine, è rivestita di tappezzeria rossa e viene usata oggi per officiare matrimoni civili, e al soffitto presenta due giganteschi lampadari in cristallo di Boemia che probabilmente Napoleone regalò alla sorella Elisa Bonaparte Baciocchi nel 1797, mentre le decorazioni delle volte a botte realizzate da Samoggia e Busi sono state perfettamente restaurate e conservate fino a oggi.

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Dallo scalone bramantesco si accede anche al secondo piano del palazzo. Questo è stato costruito nella seconda metà del XVI secolo come ampliamento degli appartamenti dei Cardinal Legati, che vi hanno soggiornato fino al 1859. Qua si trova anzitutto la Sala Farnese, grande stanza sontuosa che deve il suo nome a Girolamo Farnese che ne volle l’affresco e l’inaugurazione nel 1665. Veniva prima chiamata ‘sala regia’ e ospitava comunque una statua di Papa Paolo III Farnese, andata però distrutta dalle truppe napoleoniche nel 1796. Il nome originale della sala deriva dal fatto che fu qui, o nella comunicante Cappella Farnese (allora Cappella del Legato), che venne incoronato Carlo V nel febbraio 1530. Gli affreschi della sala sono dedicati alla descrizione e alla narrazione di vari eventi simbolici. Nell’ordine: San Petronio che concede il privilegio teodosiano; Francesco I che risana i moribondi e malati di scrofola; l’ingresso di Paolo III a Bologna; il Cardinale Albornoz che esamina i progetti per i lavori alla Chiusa di Casalecchio; l’incoronazione di Carlo V; la restituzione della Sacra Benda della Maria Vergine; la Vergine di San Luca che fa cessare le piogge; e Urbano II che benedice l’insegna della croce in occasione della prima crociata del 1095. La Cappella Farnese, anch’essa facente parte della parte più vecchia del palazzo, e a oggi parte delle Collezioni Comunali d’Arte, è piuttosto grande per essere una cappella (alcuni, come Scannavini, la definiscono una ‘vera e propria chiesa’). La Cappella è affrescata da Prospero Fontana, che dipinse otto affreschi dedicati alla Madonna e alcune storie dell’infanzia di Gesù Cristo. La Sala Urbana, o Sala degli Stemmi, presenta quattro pareti ricolme di stemmi, ben 188, dipinti uno sopra l’altro in quattro file. Gli stemmi sono araldi di legati e amministratori del governo pontificio, e sotto hanno disegnato un cartiglio che riporta il nome del personaggio corrispondente.

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Le Collezioni Comunali d’Arte che si trovano al secondo piano sono state fondate nel 1936. Vi si accede dalla Sala Farnese, e vi sono custodite soprattutto opere acquisite nella seconda metà dell’800 e dell’inizio del ’900. alcuni degli ambienti sono infatti decorati con pitture dei secoli dal XVI al XIX. L’accesso alle Collezioni è dalla Sala Farnese di Palazzo d’Accursio. Tra le collezioni più importanti si annoverano l’eredità di Cincinnato Baruzzi, di Pelagio Palagi, di Agostino Pepoli, di Carlo Alberto Pizzardi, Pier Ignazio Rusconi. Tutte le collezioni sono sparpagliate per delle sale preziose: quella Urbana, il braccio Rusconi, la Sala Boschereccia e la Galleria Vidoviana.

Spunti videoludici

Un Palazzo come quello d’Accursio non ha bisogno di presentazioni: è inserito in uno dei contesti più noti e riconoscibili di Bologna, ed è esso stesso luogo di cultura e preziosi cimeli artistici. L’ampiezza e la varietà dei suoi ambienti ben si presta a spazializzarne la funzione memoriale e culturale, trasformandola in un luogo esplorabile dal giocatore e potenzialmente ricco di vicende tutte da scoprire. Le trasformazioni stesse del palazzo, che nel tempo è stato un tribunale, una prigione, un luogo governativo, ed è infine diventato un accorpamento di numerosi edifici preesistenti ricolmo di storia e arte, sono motivo di interesse e potrebbe essere fruttuoso trasporle in ambito videoludico.
Qualora invece si voglia raccontare un episodio in particolare, si potrebbe pensare alla strage a opera degli squadristi come momento di una narrazione più ampia, magari mirata a ripercorrere le tappe dell’affermazione del fascismo.

[Bibliografia]

– Colitta C., Il palazzo comunale detto d’Accursio con le collezioni comunali d’arte, Bologna, Officina Grafica Bolognese, 1980.
– Scannavini R., “Una lettura sincronica delle trasformazioni fino al XIX secolo”, in Bottino C. (a cura di) in Bottino C. (a cura di), Il Palazzo Comunale di Bologna. Storia, architettura e restauri, Bologna, Editrice Compositori, 1999.

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