Descrizione
Il Museo Nazionale di Villa Giulia, ospitato all’interno della villa cinquecentesca appartenuta in origine al Papa Giulio III, raccoglie al suo interno le più importanti testimonianze delle diverse civiltà pre-romane, non limitandosi al popolo etrusco ma allargando lo sguardo ad altre popolazioni, come i Falisci, gli Umbri e i Latini, gli ultimi due nella sede di Villa Poniatowski.
Cenni storici
Villa Giulia, fatta edificare da Papa Giulio III durante gli anni del suo pontificato tra il 1550 e il 1555, è uno splendido esempio di villa rinascimentale, sorta come villa suburbana, analogamente ad altri complessi cinquecenteschi di Roma e dintorni. Come nelle ville dell’antichità l’edificio residenziale, di dimensioni relativamente modeste, era inseparabile dal giardino: un giardino architettonicamente costruito, con terrazze collegate da scalinate scenografiche, ninfei e fontane adorne di sculture. Al progetto e alla realizzazione della Villa, articolata in una serie di tre cortili che si sviluppano in profondità alle spalle del “palazzo”, parteciparono i più grandi artisti dell’epoca: il pittore, architetto e critico d’arte aretino Giorgio Vasari, l’architetto Jacopo Barozzi da Vignola e lo scultore e architetto fiorentino Bartolomeo Ammannati.
Elemento caratteristico della Villa è il ninfeo, in origine ricchissimo di decorazioni, alimentato da una canalizzazione dell’Acquedotto Vergine che corre in profondità e si manifesta nella fontana bassa, il primo “teatro d’acque” di Roma.
Il Museo di Villa Giulia nacque nel 1889 per iniziativa di Felice Barnabei (1842-1922), archeologo e politico italiano, sulla base di un coerente programma di esplorazioni archeologiche e di un preciso progetto museografico.
Nel 1989 veniva acquistata dallo Stato l’adiacente Villa Poniatowski, destinata a ospitare le antichità provenienti dal Latium Vetus e dall’Umbria, definitivamente separate dal percorso espositivo di Villa Giulia, destinato così a rappresentare esclusivamente gli ambiti culturali etrusco e falisco, grazie a un complessivo rinnovamento e ampliamento dell’allestimento. L’ultimo atto nella storia recente del Museo è dato dalla sua inclusione nel novero degli Istituti di rilevante interesse nazionale. Approfondisci sul sito ufficiale.
Focus narrativi
Particolamente interessante è la presenza dell’acquedotto Vergine che alimenta il ninfeo e, nel corso degli scavi, avvenuti alla fine del secolo, sono stati rinvenuti i resti del canale sotterraneo che portava l’acqua. Il ninfeo inoltre presenta su una delle pareti della Loggia la firma in latino di Bartolomeo Ammanati.
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La villa è stata utilizzata in vari modi prima di diventare museo: Giulio III la volle come villa estiva dove si recava a riposarsi ed accogliere ospiti di riguardo. Dopo la sua morte la villa venne utilizzata per accogliere ospiti di riguardo, tra i quali ricordiamo la regina Cristina di Svezia prima del suo ingresso a Roma nel 1655; nel XVIII secolo fu utilizzata come scuola di Veterinaria e, dopo l’espropriazione dei beni pontifici avvenuta dopo il 1870, venne usata come rimessa per i carri militari, prima della sua destinazione a museo.
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Villa Poniatowski. Agli inizi del 1800, Stanislao Poniatowski, nipote dell’ultimo re di Polonia, incarica Giuseppe Valadier di trasformare in villa la costruzione cinquecentesca situata vicino a Villa Giulia. Diverse vicende hanno modificato via via la villa e il parco; danneggiato durante gli scontri tra Garibaldi e i francesi nel 1849, il complesso fu trasformato negli anni dopo l’unità d’Italia dal nuovo proprietario Riganti che edificò una conceria su due piani nell’area del giardino. Nella “manica lunga” che sovrasta le Concerie Riganti è stata collocata la Biblioteca dell’Istituto. Importanti scoperte sono avvenute nel corso dei lavori, tra le quali si segnala il primo impianto cinquecentesco della Villa. Approfondisci sul sito ufficiale.
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Seguono focus narrativi legati al patrimonio conservato all’interno del museo:
Altorilievo di Pyrgi. Altorilievo che in origine decorava la lastra frontonale sul lato posteriore dell’edificio, databile intorno al 460 a.C. Oggetto di un recente restauro, propone due episodi fra i più drammatici del mito dei Sette a Tebe: il primo raffigura il duello mortale fra Tideo e Melanippo cui assiste Atena che, inorridita dalla sacrilega azione di Tideo, si ritrae negando all’eroe, suo protetto, l’immortalità. Il secondo vede Zeus scagliarsi contro Capaneo sostituendosi a Polifonte.
Tomba da Gabii. Contesto funerario rinvenuto nel 1899 nella necropoli in località Osteria dell’Osa, uno dei sepolcreti della città latina di Gabii. La presenza nel corredo di vasellame di prestigio e l’utilizzo di un sarcofago ricavato da un tronco di quercia quale contenitore testimoniano l’appartenenza del defunto alla classe aristocratica di Gabii durante la prima metà del VII secolo a.C.
Tempio di Alatri. Nel giardino della villa, tra il ninfeo e l’ala destra del Museo, si può osservare la proposta ricostruttiva, a grandezza naturale, del tempio etrusco-italico da Alatri. Leggi la scheda dedicata.
Gruppo di Portonaccio. Il ciclo decorativo del tempio dell’Apollo è costituito dal complesso di terrecotte che originariamente rivestivano le parti lignee dell’elevato. Collocate in gruppi di due o tre illustravano miti greci legati ad Apollo e al suo celebre oracolo. Spiccano tra questi le statue di Apollo ed Ercole affrontati nella contesa per la cerva cerinite dalle corna d’oro, sacra ad Artemide/Diana, che concluse una delle dodici fatiche dell’eroe. Erano presenti poi Hermes/Mercurio, di cui resta la splendida testa, e Latona con il piccolo Apollo in braccio, forse nell’atto di colpire con l’arco il serpente pitone per allontanarlo da Delfi.
Sarcofago degli Sposi. Capolavoro dell’arte etrusca in terracotta, famoso nel mondo, fu trovato nel 1881 in una tomba della Banditaccia, allora di proprietà dei Principi Ruspoli, dai quali Felice Barnabei, fondatore del Museo, lo acquistò rotto in più di 400 frammenti. Leggi la scheda dedicata.
Tomba 1036 di Veio. La tomba 1036 della necropoli di Casal del Fosso fu destinata ad un alto personaggio, un re-sacerdote, della comunità veiente degli anni tra il 750 e il 730 a.C.. Scavata nel 1915, ma restaurata solo nel 2001, la sepoltura, deposta in una fossa con loculo, si presenta di grande ricchezza e fasto, con ornamenti personali in oro e ambra e insegne di rango, come la preziosa impugnatura di un probabile scettro e il flabello (ventaglio) in lamina di bronzo, ma anche con sontuosi vasi in bronzo. L’armamento, che comprende anche un elmo crestato, una spada corta, tre lance e un’ascia, è contraddistinto da due dischi-corazza e da due scudi bilobati, deposti tutti sul corpo del defunto e realizzati in lamina di bronzo finemente decorata a sbalzo.
Lamine di Pyrgi: risalgono alla fine del VI secolo a.C. e, tra le iscrizioni, sono la più antica fonte storica dell’Italia preromana. Leggi la scheda dedicata.
Spunti videoludici
Il Museo Nazionale di Villa Giulia è il tipico luogo in cui, da un momento all’altro, ti aspetti che da dietro l’angolo sbuchino Nathan Drake e/o Lara Croft. Nathan, in particolare, potrebbe fare visita a quel Sarcofago degli Sposi che gli sviluppatori di Naughty Dog hanno inserito in Uncharted 4. Lara risolvere l’enigma che sicuramente si cela nel Ninfeo della Villa.
La portata della dominazione romana sembra aver offuscato nella memoria collettiva il ricordo dei popoli italici che Roma ha sacrificato sull’altare della grandezza. Ciò è particolarmente sorprendente se prendiamo in considerazione l’esistenza di una civiltà avanzata e fiorente come quella etrusca. La memoria degli Etruschi è ben presente in Italia e stupisce per la sua capacità di resistenza al tempo, soprattutto in rapporto alla durata del dominio romano. Com’è possibile che gli Etruschi siano rimasti così a lungo ai margini dell’immaginario collettivo nonostante la loro importanza? Il Museo Nazionale di Villa Giulia potrebbe allora diventare il punto di partenza di questa “rivoluzione” storica, fulcro di una presa di coscienza mediale che potrebbe partire proprio dai videogiochi (anch’essi, per certi versi, impropriamente offuscati dal cinema nell’immaginario popolare). Al di là dell’incredibile patrimonio conservato (per l’approfondimento di alcuni dei reperti vi rimandiamo alle schede dedicate), quel che stupisce è la bellezza dell’edificio storico che fa da cornice al percorso del visitatore. Si tratta di un luogo in cui qualsiasi videogiocatore vorrebbe probabilmente perdersi, alla ricerca di misteri ed enigmi da risolvere. Un contesto che è allo stesso tempo contenitore e contenuto, spazio virtuale e spazio reale. Motore di un viaggio che dalla villa può condurre alle singole opere, dalle singole opere riportare alla villa.
Fonti e link
[Bibliografia]
A. Della Seta, Museo di Villa Giulia, Roma 1918
E. Stefani, Il Museo Nazionale di Villa Giulia, Roma 1934
R. Vighi, F. Minissi, Il nuovo museo di Villa Giulia, Roma 1955
M. Moretti, Il Museo di Villa Giulia, Roma 1973
AA. VV., Nuove scoperte ed acquisizioni in Etruria Meridionale, Roma 1973
G. Proietti, Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma 1983
M. Barnabei, F. Delpino (edd.), Le “memorie di un archeologo” di Felice Barnabei, Roma 1991
A. M. Moretti Sgubini, Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Guida breve, Roma 1999
A. M. Moretti Sgubini, Villa Giulia dalle origini al 2000, Roma 2000
F.M.C. Santagati, Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma 2004
A. M. Moretti Sgubini, Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Guida breve, Roma 2010
Garrone, Caruso, De Lucia, Villa Giulia in 9 percorsi. Una guida multimediale, Roma 2015
[Sitografia]
Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia
Scheda realizzata in collaborazione con i curatori del museo.