Descrizione
Tra la valle dell’Idice e la Val di Zena svetta il Monte delle Formiche, rilievo dell’Appenino bolognese legato a un curioso fenomeno naturale da cui trae il suo nome.
Tra la valle dell’Idice e la Val di Zena svetta il Monte delle Formiche, rilievo dell’Appenino bolognese legato a un curioso fenomeno naturale da cui trae il suo nome.
La presenza dell’uomo nella zona si attesta fin dall’età paleolitica grazie al rinvenimento di alcuni reperti fossili. Basandosi sui diversi nomi dei luoghi rimasti storicamente immutati, come ad esempio quello di borgo Sesto, è possibile confermare la presenza di insediamenti umani d’epoca romana. Le prime testimonianze storiche accertate di un vero e proprio possesso della zona si hanno solo intorno al 1078, anno in cui Matilde di Canossa donò la proprietà del territorio al Vescovo di Pisa. Nel XI secolo il territorio era in gran parte dominato da Bonifacio di Canossa, che risiedeva nel castello di Pianoro, distrutto nel 1377 dai bolognesi.
Durante la Seconda guerra mondiale, la zona fu soggetta a numerosi bombardamenti e scontri tra i tedeschi e l’esercito angloamericano nell’inverno tra il 1944 e il 1945.
Secondo alcune leggende il re estrusco Ocno, figlio del dio Tiberino e dell’indovina Manto visse in queste zone. I miti lo collegano alla fondazione di Felsina, Parma e Mantova.
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Il nome del monte deriva da un fenomeno naturale piuttosto particolare che si verifica ciclicamente ogni anno: durante la prima metà di settembre, dal centro dell’Europa migrano numerosi sciami di formiche alate (Myrmica Scabrinodis) che dopo l’accoppiamento raggiungono la vetta del monte per morire. I diversi sciami formano delle vere e proprie nuvole che risultano ben visibile anche da lontano. La presenza del fenomeno naturale è accertata fin dal 1400, il nome della chiesa sul monte era infatti Santa Maria Formicarum. Ancora oggi, le formiche vengono raccolte, benedette e distribuite come porta fortuna.
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Al fenomeno naturale è stata attribuita anche una connotazione miracolosa: sotto l’icona della Madonna delle Formiche è riportata la frase: “Centatim volitant formicae ad Virginis aram quo que illam voliant vistmae tatque cadunt” (Ansiose volano le formiche all’altare della Vergine, pur sapendo che ai suoi piedi moriranno).
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Nei pressi del santuario era presenta una grotta scavata all’interno di uno sperone di roccia. In questi anfratti, durante il XVI secolo visse un eremita chiamato Barberio, che apparteneva all’ordine dei Gesuati. Purtroppo la cavità non è più accessibile poiché l’ingresso e parte dell’interno sono crollati in seguito a una frana nel 2002.
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L’area della Val di Zena e del Monte è di notevole interesse anche dal punto di vista naturalistico e geologico. Ai piedi del monte si sono sedimentati diversi strati di argilla che nel corso del tempo hanno conservato numerose specie di pesci fossili. Nel 1965 è stato ritrovato perfino un fossile di balena (Balaenoptera Aucutorostrata), risalente al Pliocene, tra i 2 e i 5 milioni di anni fa. I resti del fossile sono oggi conservati e visibili a Bologna presso il Museo Geologico Giovanni Capellini, mentre in val di Zena, è possibile ammirare un monumento, ideato dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, raffigurante una riproduzione artistica dell’antichissima balena di 9 metri.
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Ai piedi del Monte delle Formiche sorge il Castello di Zena. Costruito alla fine dell’Alto Medioevo, la struttura faceva parte inizialmente di un borgo fortificato e autonomo. Caratteristiche confermate dalla presenza di pozzi e cisterne insieme ad altre costruzioni a scopo difensivo come la Torre dell’Erede. I locali erano collegati direttamente attraverso vie interne che scorrevano tra campi e sentieri nel sottobosco. Nel corso dei secoli la proprietà del castello è passata attraverso diverse famiglie bolognesi che trasformarono la fortezza in una residenza. Durante la Seconda guerra mondiale un comando tedesco si insediò al suo interno. Tra le mura del castello è possibile scorgere diverse testimonianze del periodo degli scontri: ad esempio le scritte dei prigionieri o cunicoli e alcove scavate dagli abitanti del luogo per trovare riparo contro i bombardamenti aerei.
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La figlia del signore del Castello di Zena è la protagonista di una tragica leggenda. La fanciulla di Zena, chiamata anche Zenobia, dopo essere stata promessa in sposa ad una persona non gradita decise di togliersi la vita lanciandosi da una torre del castello. Secondo il mito la stessa torre si tinse di un rosso sangue. Il ritrovamento della lapide della fanciulla ha ispirato un romanzo di Raffaele Garagnani nel 1872 chiamato appunto La fanciulla di Zena, da cui in seguito furono tratte numerose commedie e rappresentazioni teatrali.
Il territorio del Monte delle Formiche e la vicina Val di Zena offrono agli sviluppatori degli originali spunti narrativi. Il fenomeno naturale che da il nome al monte è per sua natura un racconto di un viaggio, dinamico e corale, attraverso innumerevoli avversità e ancora più amara è la fine di questo percorso. Lo sviluppatore può sfruttare questo moto come metafora per gli eventi della Seconda guerra mondiale, la fuga di un gruppo di prigionieri verso la libertà oppure gli aspri scontri aerei. La macro dimensione e la micro dimensione possono collimare in una corsa verso la cima della montagna.
[Bibliografia]
– Paolo Cortesi, Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità dell’Emilia Romagna, Roma, Newton Compton, 2011.
– Orfeo Facchini, Gaetano Marchetti, Monte delle Formiche: note storiche su un antico luogo sacro pagano e sul santuario dedicato alla natività di Maria, Bologna, Renografica, 1990.
[Sitografia]