Descrizione
Il monastero dei benedettini si trova a dieci minuti a piedi dal duomo di Catania. È situato davanti a piazza Dante, nell’area occidentale della città in cima alla collina Montevergine e di fianco all’incompiuta chiesa di San Nicolò l’Arena. Oggi è patrimonio dell’UNESCO e sede universitaria del dipartimento di Scienze umanistiche. Oltre ad essere il secondo monastero benedettino più grande di Europa racchiude diversi stili architettonici ed è capace di raccontare storie di epoche molto distanti fra loro. Il complesso custodisce infatti nelle fondamenta, fra le fila di archivi, una domus romana. Ai piani superiori si trovano due splendidi chiostri, un giardino pensile e un ponte, ora chiuso, che prima dell’unità italiana portava a un orto botanico. Nel cortile, infine, è stata trovata una sepoltura preistorica risalente a 5000 anni fa. Il complesso sulla collina di Montevergine è testimone della città di Catania, della sua storia e delle calamità che ha dovuto affrontare, prima su tutte l’eruzione del vulcano Etna risalente al 1669, affrontato dai benedettini in maniera esemplare.
Cenni storici
I primi coloni calcidesi, provenienti dalla vicina Naxos, stabilirono sulla collina di Montevergine il primo impianto abitativo. Questo luogo diventerà poi l’acropoli della città di Katane, conquistata da Ierone di Siracusa nel 476/5 e passata successivamente sotto i romani dopo la prima guerra punica. La domus romana è posizionata sul lato Nord del chiostro occidentale del monastero e lascia resti archeologici risalenti a due epoche diverse. Si trovano i resti di un peristilio risalente II secolo d.C. e quelli di un triclinio (locale dove si serviva il pranzo nelle case romane) risalente al II secolo a.C.. Nel Medioevo sulla collina si concentrarono le funzioni religiose, amministrative ed economiche della città sotto il controllo bizantino, islamico e normanno. Fu Ruggero d’Altavilla a invitare il monaco Ansgerio, priore del monastero di Sant’Eufemia in Calabria, nella città di Catania. Nel XVI secolo Catania era una delle città più importanti della Sicilia e i benedettini fondarono il monastero sulla collina di Montevergine. Il progetto fu ideato dal benedettino catanese Padre Valeriano de Franchis e il monastero venne fondato nel 1558. L’enorme complesso rimase in vita fino al XVII secolo inoltrato, quando due catastrofi ravvicinate colpirono la città di Catania. Difatti nel 1669 un’eruzione provocò molti danni al monastero. Nel 1693 uno dei terremoti più grossi della storia della Sicilia piegò tutta la valle di Noto, finendo ciò che l’eruzione aveva cominciato e radendo al suolo il monastero. La ricostruzione avvenne nel 1702, in grande stile: viene allargata la pianta del monastero, rinnovata con elementi architettonici barocchi il vecchio chiostro (di Ponente) e se ne aggiunse un altro (di Levante). Venne aggiunto un giardino e nuovi spazi per la vita diurna insieme a una nuova biblioteca oggi usata dagli studenti dell’università. Fu così che il monastero divenne uno dei più grandi e belli di Europa.
Focus narrativi
L’ 8 marzo del 1669 l’Etna eruttò violentemente e ad aprile le colate laviche raggiunsero il monastero. I monaci fecero appena fatto in tempo a erigere un muro di sabbia contro cui si fermò parzialmente la colata. L’eruzione fu una delle più violente della storia della Sicilia, creando un’ingente quantità di danni. L’eruzione durò circa quattro mesi, periodo in cui furono eruttati circa 600 milioni di metri cubici di lava. Il tasso effusivo medio fu di 58 metri cubi al secondo, valore che risulta fra i più alti registrati negli ultimi 400 anni. Prima di arrivare a Catania, il magma distrusse interi villaggi. Una volta arrivato alle mura della città gli abitanti provarono a proteggersi rinforzando le mura con roccia lavica e deviando così il corso del magma. Non fu però abbastanza e dopo pochi giorni una porzione di muro cedette e la lava si riversò in città. L’immagine più emblematica è quella del castello Ursino, sontuoso castello voluto da Federico II, coperto di lava fino alle finestre e abbandonato. Catania prima di questo avvenimento era considerata una “città bianca” che derivava parte della sua ricchezza dalle acque superficiali dell’Amenano che entravano nella città tramite 36 canali. La lava le coprì tutte. La linea di costa si spostò di 800 metri: il castello Ursino prima poggiava sul mare, ora è al centro della città. I monaci riuscirono quasi a salvarsi ma il magma distrusse i giardini esterni, le stalle, le cantine e sfondò il tetto della chiesa. Una volta solidificatosi il magma i monaci utilizzarono il nuovo piano per costruirvi un orto botanico cui si accedeva tramite un magnifico ponte rialzato. Quest’orto, purtroppo, fu distrutto dopo l’unità d’Italia e rimpiazzato con un ospedale.
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Nel 1693 uno dei più forti terremoti della storia della Sicilia colpì e devastò la Val di Noto. Si parla di uno dei terremoti più devastanti mai registrati in Italia. Basti pensare che a Catania, su una popolazione di 20000 persone, solo 4000 sopravvissero all’accaduto. Una grande processione passò per le strade di Catania, pregando Dio che risparmiasse i suoi abitanti. Anche alcuni monaci vi presero parte. Purtroppo, non fu abbastanza. Né il monastero né i catanesi furono risparmiati o esclusi dalla calamità, anche perché al terremoto seguì un maremoto forse ancora più devastante. Catania fu quasi completamente da ricostruire, l’impianto della città fu praticamente rivoluzionato. Per quel che riguarda il monastero, dei quaranta monaci che abitavano all’interno del convento solo tredici si salvarono, insieme all’abate. I restanti trentaquattro fratelli perirono sotto le volte della chiesa, dove si erano rinchiusi a pregare per essere salvati dal terremoto che li stava attaccando.
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I monaci del monastero erano conosciuti in tutta Catania per il loro amore nei confronti del cibo. La cucina ha un impianto sorprendente, considerando che una parte di questa si trova sottoterra. La parte superiore, decorata da ceramiche di Vietri, comprendeva il piano principale di cottura ed è il luogo dove venivano preparate le portate principali. Sul pavimento della cucina sono presenti quattro aperture verso i piani inferiori, dove venivano preparati i cibi per la cottura. La caratteristica più incredibile della cucina è la mancanza di fondazione, in quanto quasi tutte le strutture verticali – muri e pilastri – sono impiantate su banco lavico senza mediazione di fondazione. Addirittura, ai piani inferiori, è presente un mortaio fatto interamente di pietra lavica usato principalmente per la preparazione delle spezie ma anche come luogo di cottura.
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Nel XVIII secolo il Monastero si dota di un museo di naturalia e antichità. Il museo venne fondato presumibilmente fra il 1737 e il 1741 ad opera di Vito Maria Amico e Placido Maria Scamacca, autori della ricerca di oggetti a Catania, nei suoi dintorni e addirittura al di fuori dell’isola. Il museo disponeva nella prima stanza di vasi antichi, terrecotte e lucerne. La seconda stanza era dedicata alle collezioni di storia naturale mentre la terza conteneva oggetti di diversa natura epoca e provenienza, spaziando da macchine per esperimenti a carte da gioco quattrocentesche. Nell’ultima sala si trovava una biblioteca con volumi utili allo studio dei manufatti. I giudizi dei contemporanei fanno pensare a un museo disordinato e affastellato nell’esposizione ma nonostante ciò ricco di oggetti anche di notevole pregio. Il museo conteneva anche un gran numero di pitture di molteplici autori.
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Bisogna riportare l’attenzione anche alla storia antica di questo luogo, prima della fondazione del monastero in quanto l’acropoli di Katane, quindi il centro città dell’antica Catania, prendeva posto proprio sulla collina di Montevergine. Catania, anche se non è la prima città che viene in mente quando si parla di Magna Grecia, fu teatro di diversi scontri, obiettivo di conquista dei cartaginesi, siracusani, di Pirro e dei romani e la sua storia antica passa anche da questa collina. La presenza stessa dei resti di una domus romana e il fatto che la datazione di questi resti spazi dal II secolo a.C. al II secolo d.C. testimonia quanto la posizione risultasse strategica e importante sin dai tempi antichi. È perfettamente comprensibile quindi la volontà da parte dei monaci di fondare qui il Monastero che diventerà uno dei più grandi di Europa e una delle attrazioni principali della città.
Spunti videoludici
Il luogo risulta estremamente affascinante e intrigante, sia per l’attrazione naturale che emanano i monasteri e la vita dei monaci, sia per la sua storia. Le due calamità che colpirono il luogo, per quanto terribili, risultano interessanti per l’ambientazione di diversi tipi di videogioco, sia per le dinamiche che si possono creare durante una calamità, sia per le conseguenze che può avere quest’ultima. Oltretutto gli elementi architettonici si prestano perfettamente ad ambientazioni e scenografie spettacolari. Il fatto che il monastero sia stato ricostruito diverse volte presenta delle opportunità: in un videogioco di avventura si possono creare delle missioni nelle quali il protagonista si ritrova ad aiutare i monaci nella ricostruzione del monastero, anche soltanto ricercando i materiali adatti. Questo, eventualmente, in cambio di qualche favore richiesto ai monaci, come la consultazione di qualche manuale antico una volta ricostruito il monastero. Anche la presenza dei resti di una domus romana può essere utile, sia in un videogioco di ambientazione romana per presentarla come location, sia in epoca moderna, ad esempio ricercando dei segreti risalenti a tempi antichi fra i sotterranei di un monastero benedettino: un’ambientazione perfetta.
Fonti e link
[Bibliografia]
– Mannino Francesco 1, Breve storia del Monastero dei Benedettini di Catania, Catania, Giuseppe Maimone Editore, 2015;
[Sitografia]
Monastero dei Benedettini
Alla scoperta del Monastero dei Benedettini
Breve tour del monastero dei Benedettini