Miniere di Darzo - © Miniere di Darzo

Miniere di Darzo

Descrizione

A Darzo, piccolo borgo della Valle del Chiese, per oltre un secolo sono rimaste in attività miniere di barite. È una storia che accomuna molti borghi del territorio: la presenza di un’attività così radicata ha toccato numerose famiglie e varie generazioni. Le miniere, con il loro incessante operato, non privo di tragedie, hanno accelerato lo sviluppo economico e sociale della valle.

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Cenni storici

È un periodo di crisi quello che caratterizza i territori del Trentino tra il XIX e il XX secolo. La zona occidentale della regione, quella delle Valli Giudicarie, non fa eccezione. La popolazione del luogo emigra oltreoceano nella speranza di sfuggire alla povertà, cercando fortuna e lavoro nelle fabbriche, nelle fonderie e nelle miniere americane.

Nel 1894 Giacomo Corna Pellegrini, un imprenditore lombardo che gestiva miniere di ferro, decide di aprire una miniera nel bosco che ricopre la montagna di Darzo. Il luogo viene scelto per la grande presenza di barite, un minerale che è possibile utilizzare in molti ambiti, tra cui l’industria cartiera, l’industria chimica e quella meccanica.

I cristalli di barite, o solfato di bario, se chimicamente trattati sono in grado di assorbire e poi riflettere la luce del sole: caratteristica che ha permesso le prime osservazioni del fenomeno della fosforescenza. Per un decennio i Corna scavano la montagna indisturbati, fino all’arrivo di altri imprenditori interessati al prezioso minerale: scoppia dunque una vera e propria febbre per il cosiddetto “oro bianco di Darzo”.

Nel 1905 un altro lombardo, Carlo Maffei, comincia l’attività d’estrazione nella Val Cornèra, a ridosso di Darzo. La miniera dei Maffei si rivela un’impresa redditizia che rimarrà attiva fino all’inizio degli anni Sessanta. Verso la metà degli anni Venti viene fondata la terza azienda che nel tempo riuscirà a mantenere consistenti i propri affari: la Sigma del lecchese Felice Cima.

Nel corso del secolo dell’“epopea della barite” la montagna di Darzo vide la nascita e il tracollo di numerose imprese: in molti vennero attratti dalla ricchezza promessa dalla barite, in pochi e a costo di grandi sacrifici riuscirono ad ottenerla.

Oggi la natura ha prevalso sull’opera dell’uomo. Molti imbocchi sono stati inglobati dalla vegetazione, chiusi a causa delle frane o fatti brillare per motivi di sicurezza. I binari di trasporto un tempo percorsi senza sosta dai carelli sono ormai nascosti dall’erba.

Focus narrativi

Negli ultimi anni l’Associazione La Miniera e alcuni volontari della Pro Loco di Darzo, hanno realizzato una serie di interviste a persone nate o residenti a Darzo e nelle comunità limitrofe. Questa serie di interviste a ex lavoratori e lavoratrici è chiamata Ritratti di Miniera, “una raccolta di ricordi personali legati all’epopea della storia delle Miniere di Darzo in Valle del Chiese (Trentino), dove per centoquindici anni (1894-2009) si è estratta barite”.

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Tra le inestimabili testimonianze della vita intorno alle miniere è presente un piccolo racconto autobiografico di Nino Scaglia, farmacista vissuto a Storo, che racconta la realtà quotidiana dei mineurs . Dal lunedì al venerdì ogni minatore si alzava all’alba per arrivare in tempo all’ingresso della galleria prima dell’inizio del turno. I minatori faticavano per otto ore, ma se l’azienda lo richiedeva anche nove o dieci. I lavoratori si rifocillavano con polenta e lardo o minestrone, pasti che non compensavano affatto il grande impiego d’energie della giornata. L’agognato sabato permetteva un po’ di riposo e frivolezze mentre la domenica veniva vissuta in preparazione verso la nuova settimana di fatiche. Lo stesso racconto fa una digressione, non senza una nota di rammarico, riguardo le malattie contratte dai minatori. La barite, quando perforata dai trapani elettrici, produce infatti una polvere sottile e letale. Questa polvere è costituita da cristalli affilati che, se respirati, vanno a ledere i tessuti dei polmoni, provocando un’inevitabile degenerazione.

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A Darzo il 4 dicembre viene festeggiata Santa Barbara, la martire protettrice dei minatori e degli artificieri. I festeggiamenti durante gli anni d’attività delle miniere rappresentano per i minatori i ricordi più felici. Le famiglie si ritrovavano in chiesa per pregare, cantare e ringraziare Santa Barbara. I festeggiamenti continuavano anche il pomeriggio con un pranzo comunitario, bevute e altri canti. A questi si univano tutte le famiglie dei lavoratori, nessuno escluso, dagli autisti ai dirigenti d’azienda. Oggi la patrona viene ancora festeggiata, ma oltre la venerazione della santa lo stesso giorno vengono svolte diverse attività legate alla memoria storica delle miniere.

Spunti videoludici

Gli sviluppatori hanno a disposizione un’inestimabile raccolta di memorie storiche legate alle Miniere. Questo racconto è di fatto corale dato che tocca non solo i minatori veri e propri ma anche tutti gli altri lavoratori e non che vivevano ed erano in contatto con l’attività. Teleferisti, manutentori, autisti, abitanti del paese e molte donne hanno offerto i loro racconti per non far dimenticare un periodo costellato di sacrificio e duro lavoro compiuto per la promessa di una vita migliore in Italia. Il tema della memoria è il fulcro su cui basare un titolo legato alle Miniere di Darzo, perché non sfruttare il medium e le sue peculiari caratteristiche per narrare i punti di vista, le emozioni e la speranza di generazioni?

[Bibliografia]
AA.VV., Ritratti di Miniera, raccolta di testimonianze curata da Silvia Alba, 2010-2014

[Sitografia]
Miniere di Darzo, La Miniere (associazione di promozione sociale)

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