Descrizione
Il Lago Moro è un lago alpino in Val Camonica. Di origine glaciale, il lago è noto per le acque fredde e scure e per la celebre leggenda locale, quella della spettrale Culla del Lago (la cüna del lac).
Il Lago Moro è un lago alpino in Val Camonica. Di origine glaciale, il lago è noto per le acque fredde e scure e per la celebre leggenda locale, quella della spettrale Culla del Lago (la cüna del lac).
La geomorfologia della zona si delineò in Era Paleozoica, con il deposito di arenarie e limi rossastri. In era Neozoica, a causa di varie glaciazioni e del distacco di alcuni ghiacciai dall’Adamello, iniziò l’escavazione naturale della conca che ora ospita il Lago Moro. Circa 8000 anni fa, i primi gruppi di cacciatori iniziarono ad abitare l’area, sostando lungo le rive dello specchio d’acqua e lasciando sulle rocce segni del loro passaggio. In epoca romana un troncone della via Valeriana, strada che univa Brescia alla Valle Camonica, venne costruita vicina al lago, nel punto dove sorge ora il piccolo borgo di Capo di Lago, unico centro abitato delle sponde lacustri, abitato da poche decine di persone. Nel 2000 venne istituito dalla regione Lombardia il Parco del lago Moro, per la preservazione dell’ecosistema e dei reperti archeologici. Il parco è affidato ai comuni di Angolo Terme e Darfo Boario Terme.
Il lago è famoso per le sue acque particolarmente scure, da cui secondo alcuni deriva il nome Moro. In realtà altre tesi sostengono che l’origine del nome derivi da moir, termine celtico che significa pozza, lago basso, stagno. Secondo altre proposte, il nome originario fosse lac de la güna, ovvero lago della conca. Quando il termine güna divenne desueto, venne storpiato in cuna, dando origine alla diffusione della nota leggenda.
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L’area del lago è ricca di reperti archeologici rupestri. L’area ricca di selvaggina attirò, in passato, comunità di cacciatori nomadi, che stagionalmente abitavano le sponde del lago. Dietro di sé lasciarono sulla roccia il segno del loro passaggio. L’area del lago vede tre località con rocce istoriate: le Sorline, Bessimo monte e Capo di Lago Monte. A Sorline, situata più in basso del lago, su una dorsale a picco sul corso del fiume Dezzo, sono state ritrovate due superfici incise con finalità di culto: nella prima, risalente al 3000 a.C., si vedono cerchi concentrici irraggiati con un foro centrale e figure di armi; vicino a questa si trova una seconda roccia che mostra invece la rappresentazione di una capanna. Nell’area sono state ritrovate punte di selce, frecce, lame di ascia, muri megalitici, rocce incise, tracce di sentieri preistorici ma anche resti romani e medievali: la zona era in passato molto più popolata ed era coltivata abbastanza stabilmente.
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L’origine del lago è quasi certamente glaciale ma esiste una lunga e ostinata credenza locale che afferma l’origine vulcanica del lago. Ciò spiegherebbe la particolare profondità (42 metri), le sue rive ripide, che scendono immediatamente in profondità, e il colore scuro delle sue acque. L’origine del caratteristico colore è dovuto alla presenza nel bacino di roccia bruna quarzosa.
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Il Lago Moro è meromittico, ovvero le sue acque non hanno rimescolamento. Il naturale rinnovarsi stagionale dell’acqua avviene solo nei primi 20 metri di profondità: la forma del lago, le correnti e la maggior densità vicino al fondo impediscono la rigenerazione delle acque profonde, creando di fatto due laghi sovrapposti che non si mescolano mai. Mentre nei primi metri è possibile trovare la tipica fauna lacustre alpina, in profondità non vi è ossigeno e non vivono forme di vita, salvo alcuni batteri che generano sostanze dannose come gas ammoniaca o acidi.
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Il Lago Moro è l’ambientazione di una famosa leggenda locale, quella della “Culla del lago”, di cui esistono numerose varianti. Di seguito verrà narrata la versione trascritta in dialetto camuno da Don Lino Ertani nelle “Bòte de Al Camonega”, raccolta di successo del 1978: Appena sopra Corna e Darfo c’è il Lago Moro, per via delle sue acque un po’ nere, ma che i nostri vecchi hanno sempre chiamato Lago della Culla. Raccontano che dove adesso c’è il lago, una volta ci fosse una grande pianura verde e fiorita. Dove adesso c’è Capo di Lago, al tempo c’erano solo due famiglie contadine. C’erano due fratelli che avevano sposato due donne forestiere, la prima era una brava donna laboriosa e per bene, la seconda era una vecchia strega invidiosa e litigiosa. Entrambe avevano un bambino, quello della prima era bello e vivace, quello della seconda bruttino e piangeva sempre. Un giorno passò di lì un vecchio viandante che cercava la carità e la donna cattiva, invece di dargli qualcosa, lo ricoprì di parole, dicendo che anche lui poteva andare a lavorare e lagnandosi che il Signore era stato malvagio con lei. Entrambe le donne stavano sugli usci delle case con le culle: quando la donna per bene vide che l’altra non aveva dato nulla al vecchietto, allora entrò in casa per prendere qualcosa in cucina. Quando uscì si accorse che la donna invidiosa stava già allungando le mani per strozzarle il figlio, che era più bello del suo. Allora il vecchio alzò il bastone e venne subito un terremoto che aprì la terra e ingoiò al suo interno la donna malvagia con il suo bambino. Poi arrivò una tempesta come mai se ne videro e il vecchio urlò: “vai giù, resta sotto l’acqua tu e il tuo malnato!”. Quando terminò di piovere, al posto del prato c’era il Lago Moro. Si dice che a mezza notte la donna cattiva venga ancora a galla con la sua culla e il bambino piangente. Alcuni dicono che la strega cerchi di afferrare i bagnanti e allora per liberarsi bisogna gridare: “Lasciami brutta strega, il vecchio viandante ti rimanda sott’acqua!”. La saggezza locale suggerisce di non rischiare e di non avventurarsi a fare il bagno.
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Il lago ha la cattiva fama locale di essere pericoloso per la balneazione, forse per le acque gelide tutto l’anno e per la notevole profondità. Tuttavia non risultano più annegamenti della norma. Nel 1922 morì annegato un giovane di 19 anni, a cui è dedicato un cippo presso Capo di Lago.
La zona del Lago Moro è molto suggestiva e offre, nelle giornate di sole, deliziosi scorci alpini, con acque calme e campi fioriti. La stessa zona può però diventare inquietante nelle fredde giornate d’inverno o di pioggia: la montagna mette in ombra la zona per buona parte della giornata e il fiume si ghiaccia per mesi interi. A seconda della stagione, il lago può essere modello per un luogo paradisiaco o per un lago infernale: può essere ispirazione per una narrazione a cavallo tra il mondo dei vivi e l’oltretomba.
Nessuno sa esattamente cosa (o chi…) ci sia sul fondo del lago: un esplorazione virtuale delle sue profondità può essere un ottimo espediente narrativo per un horror ma anche per raccontare la storia millenaria della zona: è normale che oggetti comuni finiscano nelle gelide acque del lago, succede sin dalla preistoria!
La leggenda della Culla offre già tutti i pezzi per ricavare una storia da brividi e può essere adattata a qualsiasi lago. La storia non ha tempo e può essere fatta risalire fino a tempi antichissimi, collegandosi alle frequentazioni preistoriche o romane della zona. La figura del vecchio viandante è un archetipo letterario comune nell’Europa celtica: può essere uno stregone, un dio, il diavolo o una qualsiasi figura sovrannaturale vendicativa. La cattiva fama delle acque del lago tra i nuotatori può, quasi certamente, aver generato il mito della strega che afferra i bagnanti, ma il dubbio tra i valligiani durerà in eterno. Dove sono i witchers e i cacciatori di mostri quando servono?
[Bibliografia]
– Lino Ertani, Bòte de Al Camònega, Esine, San Marco, 1979.
– Giorgio Gaioni, Leggende di Val Camonica e Val di Scalve, Esine, San Marco, 1977.
[Sitografia]