Descrizione
Bagnacavallo è un comune in provincia di Ravenna: borgo fondato dai bizantini per fronteggiare i longobardi, è famoso per aver dato i natali a Stefano Pelloni, detto Il Passatore, noto brigante romagnolo di metà Ottocento, divenuto figura mito, quasi positiva, del folklore locale. Lugo è un altro comune ravennate, della bassa romagnola, dove il Passatore frequentò le scuole e dove compì le sue prime scorribande criminali. Forlimpopoli è un comune situato nella provincia di Forlì-Cesena, noto per aver dato i natali a Pellegrino Artusi, famoso gastronomo italiano, e per essere stata saccheggiata dal Passatore nel 1851. Mandriole è una frazione del comune di Ravenna, località dove spirò Anita Garibaldi e dove il Passatore fu attirato dalla diceria riguardante il “tesoro di Garibaldi”. Russi è un comune ravennate, località dove il Passatore fu finalmente raggiunto dalle milizie pontificie e ucciso nel marzo 1851.
Focus narrativi
Stefano Pelloni nacque a Boncellino di Bagnacavallo, al tempo piccolo borgo di mille abitanti (ora ne conta 154) situato sulla riva sinistra del fiume Lamone. I genitori erano contadini, che arrotondavano le finanze di casa con lavori di falegnameria e con l’esercizio del traghetto. Mancando un ponte che attraversasse il fiume all’altezza del paese, i Pelloni ottennero per generazioni l’incarico di custodi della riva sinistra e di traghettatori o, secondo il termine dell’epoca, di “passatori”. Da qui il soprannome del brigante, che dopo aver lasciato il seminario svolse questa professione per anni.
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La carriera criminale del Passatore iniziò precocemente nel 1842, con un furto di fucili, durante un periodo di gravi disordini nelle campagne della bassa romagnola, dove una quarantina di briganti prendevano di mira contadini e braccianti. Arrestato e incarcerato dalla colonna mobile di Russi nell’ottobre, il diciottenne Pelloni evase dopo un solo mese. Ricatturato e incarcerato a Ferrara, anche qui riuscì ad evadere per ben due volte durante la tradotta che l’avrebbe portato ad Ancona per i lavori forzati: la prima a Bagnacavallo, dove venne riconsegnato alle forze dell’ordine da un muratore, la seconda alle porte di Cattolica. Pelloni fece pagare caro al muratore quel gesto civico: questi fu infatti la prima vittima a cadere per la doppietta del Passatore. Da qui Pelloni inaugurò il suo sinistro modus operandi criminale, di colpire e uccidere per rivalsa personale e sadica tutti coloro che erano “colpevoli” di averlo ostacolato e cercato.
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Il Passatore iniziò ad operare in gruppo a partire dal 1847: sebbene si parlasse di “Banda del Passatore”, non esistette mai un vero e proprio gruppo fisso. Oscillante tra i dieci e i quindici elementi, la banda si formava e si scioglieva intorno ad ogni progetto di rapina ed era composta da giovani celibi di varie professioni (c’era persino un prete!), con forte senso di rivalsa nei confronti di ricchi e potenti. Caratteristica della “banda” era il poter disporre di una fittissima rete di contatti e spie, spesso reclutando i poverissimi, e di nascondigli di campagna, solitamente presso mezzadri. Il loro aiuto era ripagato con parte del bottino, che veniva diviso in parti eguali e distribuito a tutti, informatori compresi. La divisione egualitaria era tipica del brigantaggio del tempo, motivo per cui fu difficile da reprimere. Queste elargizioni ai poveri contribuirono a creare l’immagine positiva del Passatore, quale Robin Hood romagnolo. In realtà le vittime di Pelloni furono indiscriminate: borghesi, possidenti, filantropi ma anche popolani, contadini e forze dell’ordine, contro cui il Passatore fu particolarmente efferato, con smembramenti e decapitazioni, motivo per il quale divenne primo nella gerarchia della criminalità. Nel 1851 sulla testa di Pelloni pendeva una taglia di 3000 scudi, ovvero sessanta volte quella di un comune bandito.
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Le prime attività della banda furono rapine di strada ai danni di contadini, poi passarono all’aggressione di gruppi di persone, a sequestri e all’assalto delle canoniche. La massima attività del Passatore fu tra il 1849 e il 1851, quando, approfittando della debolezza dello Stato Pontificio, iniziò ad assaltare piccoli centri abitanti del lughese e dell’imolese. La tattica fu sempre la stessa: penetrati entro le mura urbane venivano messi fuori gioco i presidi delle forze dell’ordine; poi i briganti prendevano in ostaggio i cittadini più facoltosi, indicati preventivamente dalle spie della banda. Usati come scudo umano, gli ostaggi conducevano i banditi nelle loro abitazioni: qui i briganti aprivano a colpi di accetta i mobili, predandoli dei loro contenuti. Nemmeno le reliquie nelle chiese furono risparmiate. La prima vittima fu Bagnara di Romagna, nei pressi di Lugo (febbraio 1849), poi Cotignola e Castel Guelfo (gennaio 1850). A febbraio fu la volta di Brisighella nell’alto faentino; a maggio di Longiano. Nel 1851 venne attaccata Consandolo di Argenta, nel Ferrarese e il 25 gennaio venne compiuto il colpo più efferato e famoso a Forlimpopoli.e prime attività della banda furono rapine di strada ai danni di contadini, poi passarono all’aggressione di gruppi di persone, a sequestri e all’assalto delle canoniche. La massima attività del Passatore fu tra il 1849 e il 1851, quando, approfittando della debolezza dello Stato Pontificio, iniziò ad assaltare piccoli centri abitanti del lughese e dell’imolese. La tattica fu sempre la stessa: penetrati entro le mura urbane venivano messi fuori gioco i presidi delle forze dell’ordine; poi i briganti prendevano in ostaggio i cittadini più facoltosi, indicati preventivamente dalle spie della banda. Usati come scudo umano, gli ostaggi conducevano i banditi nelle loro abitazioni: qui i briganti aprivano a colpi di accetta i mobili, predandoli dei loro contenuti. Nemmeno le reliquie nelle chiese furono risparmiate. La prima vittima fu Bagnara di Romagna, nei pressi di Lugo (febbraio 1849), poi Cotignola e Castel Guelfo (gennaio 1850). A febbraio fu la volta di Brisighella nell’alto faentino; a maggio di Longiano. Nel 1851 venne attaccata Consandolo di Argenta, nel Ferrarese e il 25 gennaio venne compiuto il colpo più efferato e famoso a Forlimpopoli.
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L’attacco del Passatore a Forlimpopoli è un evento rimasto famoso nella storia locale. Cittadina di oltre duemila abitanti, Forlimpopoli era considerata sicura dalle truppe papali, perché presidiata da dieci militari e vicina al capoluogo di provincia: per questo motivo vennero ignorante le preoccupanti avvisaglie dell’attacco imminente. Il piano fu messo a punto qualche giorno prima del fatidico 25 gennaio 1851. La banda si riunì in un casolare a San Leonardo, a pochi chilometri dalla piazza di Forlimpopoli. Stilata una lista dei cittadini danarosi, alle ore 20 i banditi riuscirono ad entrare in città da Porta Forlivese e a mettere fuori gioco le guardie che la difendevano. Il Passatore fece quindi irruzione nel Teatro Comunale, dove era in scena La Morte di Sisara, un dramma biblico: saltando sul palco, i banditi chiamarono per nome i facoltosi cittadini presenti e sotto la minaccia dei fucili li costrinsero a guidarli nelle loro abitazioni. Il bottino totale ammontò a 50.000 scudi (dove, al tempo, 1 scudo equivaleva a 24 euro). Il teatro venne tenuto sotto sequestro per ore, mentre l’orchestra venne obbligata a suonare forzatamente motivi ballabili. Gli spettatori atterriti stavano a testa bassa, recitando preghiere. Come testimoniò il sindaco di Forlimpopoli: “il teatro era divenuto una casa di orazioni”.
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Fra le vittime illustri spicca la famiglia di Pellegrino Artusi, famoso letterato e gastronomo, che all’epoca mercanteggiava libri, stoffe e spezie. Quella fatidica sera, la famiglia Artusi venne percossa e rapinata, mentre la povera sorella di Pellegrino subì violenza, trauma da cui non si riprese più. In seguito a questo terribile episodio, la famiglia Artusi decise di trasferirsi a Firenze. Abbandonata l’attività commerciale nel 1865, Pellegrino si dedicò alla lettura e al commento di classici italiani. Nel 1878 iniziò a scrivere di arte culinaria e nel 1891 pubblicò La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, un manuale di cucina che raccoglieva ricette casalinghe, descritte e commentate dall’Artusi, che le selezionò durante i suoi viaggi nella neonata Italia. Di grande successo, il libro è considerata la prima opera di cucina italiana unitaria. A Forlimpopoli, in tempi recenti, Casa Artusi venne trasformata in centro culturale gastronomico mentre a giugno si organizza la grande “Festa Artusiana”, manifestazione culinaria per omaggiare il letterato.
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Un altro episodio memorabile della vita del Passatore fu quello relativo al “tesoro di Garibaldi”. Durante la così detta “Trafila”, ovvero la fuga dell’“Eroe dei due mondi”, svoltasi nel ravennate tra il 3 e il 14 agosto 1849, Giuseppe e Anita Garibaldi furono costretti a riparare nella fattoria Guiccioli a Mandriole, nella pineta ravennate. Anita era morente e divorata dalla febbre: qui si spense il 4 agosto 1849. A questo punto la vicenda si tinge di giallo: il fattore dei Guiccioli, Stefano Ravaglia, e suo fratello seppellirono Anita nella sabbia a 800 metri dalla casa. Il 10 agosto il corpo affiorante dal terreno verrà ritrovato da una ragazzina: dopo una sommaria autopsia, le truppe papali decretarono che Anita fosse stata strangolata e per questo i Ravaglia vengono arrestati con l’accusa di omicidio. Il movente sarebbe stato quello di impossessarsi del “Tesoro di Garibaldi”. I due fratelli vennero presto rilasciati, ma la notizia di un misterioso tesoro nascosto da qualche parte nel ravennate arrivò alle orecchie di Stefano Pelloni. Il Passatore perlustrò a lungo la pineta e le valli ma persa la speranza decise di recarsi direttamente dai Ravaglia: dopo averli torturati, per estorcere la posizione del tesoro, e ucciso uno dei due fratelli, Pelloni fu convinto ad andarsene, non prima di aver ricevuto una lauta somma di denaro dalla povera famiglia. Nelle valli di Comacchio e nei dintorni di Ravenna, qualcuno vagheggia ancora di un favoloso tesoro nascosto dall’eroe risorgimentale…
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La vita del malavitoso Passatore terminò la mattina del 23 marzo 1851. A seguito di una soffiata, Pelloni e un complice vennero circondati dai militari mentre riparavano in un capanno da caccia a Russi. Dopo uno scontro a fuoco, il Passatore venne centrato da una fucilata nella schiena e freddato da un colpo alla nuca mentre cercava di rialzarsi. Il cadavere del bandito venne fatto sfilare per due giorni lungo le strade di tutta la Romagna, da Lugo a Forlì fino a Bologna, dove fu sepolto in un terreno sconsacrato. Morto Pelloni sopravvisse il Passatore: la figura del criminale fu trasformata in un mito positivo, nella tradizione e nella letteratura. I suoi crimini vennero sovrapposti al “brigantaggio sociale”, e per questo divenne il “Passator Cortese”: lo stesso Garibaldi lodò le imprese di Pelloni, ormai trasfigurato in eroe che si era ribellato al Papa e agli austriaci suoi protettori, un leader proletario di stampo quasi radicale e socialista. L’aspetto fisico stesso del Passatore venne modificato e fatto coincidere con la tipica rappresentazione del brigante lucano armato di lupara. Con gli anni la leggenda del bandito si affievolì: al giorno d’oggi, Stefano Pelloni è considerato un bandito crudele, senza impegno politico. Tuttavia, il Passatore continua ad esistere, come figura mitologico-folkloristica romagnola.
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La refurtiva del Passatore non venne mai completamente ritrovata: a lungo dopo la sua morte, i contadini del ravennate setacciarono i terreni e i possibili nascondigli, alla ricerca del tesoro di Pelloni. Quando qualcuno rinveniva degli oggetti di valore nel terreno o si arricchiva improvvisamente, era comune dire “ecco il figlioccio del Passatore!” ma nessuno fu mai veramente fortunato da rinvenire la somma. Ancora oggi, numerosi cercatori si aggirano per il ravennate con il metal detector…
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Il nome di Bagnacavallo deriva da Balneumcaballum, toponimo del X secolo che indicava un guado sul fiume Senio, che essendo sprovvisto di ponte costringeva i cavalieri a bagnare le zampe dei propri destrieri. Il borgo venne fondato dai bizantini nell’VIII secolo per fronteggiare i longobardi e conserva ancora oggi un impianto urbano radiale, abbellito da palazzi del Seicento e del Settecento. L’edificio più caratteristico è la Piazza Nuova: edificata nel 1758, la piazza ellittica è circondata da un porticato, su cui si aprivano botteghe e negozi di alimenti.
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Lugo venne nominato per la prima volta nel 1264 (Villa Lugi derivante dal toponimo Locus), sebbene l’area fosse abitata sin da tempi preistorici. Forte di una stabile aristocrazia terriera (la stessa contro cui il Passatore voleva rivalsa), Lugo fu da sempre cittadina dalla vocazione commerciale, punto di riferimento in Bassa Romagna per lo scambio di prodotti agricoli. Il monumento più caratteristico della città è la Rocca estense, fortezza medievale costruita a partire dal 1218 e aggiornata nel XVI secolo, fulcro intorno alla quale si sviluppò la cittadina.
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Forlimpopoli fu un’antica città romana del II secolo a.C., divenuta, durante il medioevo, località di passaggio per i pellegrini diretti a Roma. La località è nota per la Rocca Albornoziana, fortezza a pianta quadrata che domina la piazza principale. Costruita nel XIV secolo sulle rovina di una cattedrale, la Rocca ospita il municipio e un museo archeologico.
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Situata tra Lugo e Ravenna, l’area di Russi fu a lungo contesa tra faentini e ravennati. Questi ultimi avevano qui costruito due castelli per difendersi da Faenza. Quando le due fortezze vennero espugnate ne 1234, Ravenna decise di costruire un centro fortificato. Nacque così Russi, nel 1377. Durante la sua storia, l’insediamento venne assediato dai Borgia, dalla Lega di Cambrai, da Gaston de Foix e infine da Carlo di Borbone. Russi divenne poi parte dello Stato Pontificio e da insediamento militare divenne centro prevalentemente agricolo. A Russi sono presenti anche resti di una villa romana del II secolo d.C.
Spunti videoludici
La malavitosa vicenda del Passatore offre numerosissimi spunti narrativi. Oltre ad essere una storia criminale memorabile per la sua efferatezza e per il mito creatosi intorno a Pelloni, la vita da latitante del bandito può essere occasione per rappresentare la Romagna ottocentesca, i suoi luoghi e i suoi costumi. Seguendo la vicenda del noto brigante, in un clima di grande incertezza politica e che per certi aspetti ricorda quello del selvaggio west, si può intraprendere un viaggio che ci permetta di visitare alcuni borghi contadini romagnoli diventati oggi centri abitati minori. In questa storia si potranno interpretare le infauste gesta del Pelloni, pianificando i colpi, arruolando una banda, dividendo i bottini e complicando la vita alle guardie pontificie. Oppure si potrà organizzare la caccia all’uomo, interpretando il punto di vista dei gendarmi o di alcuni abitanti locali, esausti per le continue incursioni.
La figura folkloristica del Passatore è molto differente dal Pelloni storico: al bandito sono ora dedicate etichette di vini, osterie, sagre e persino una corsa podistica! Il Passatore (o il suo fantasma) può essere uno dei protagonisti di una storia ambientata al giorno d’oggi, dove si ripercorreranno i luoghi delle sue scorribande, magari alla caccia del suo famoso tesoro, mai del tutto ritrovato. La quest può intrecciarsi anche con altre leggende e figure popolari di Romagna, terra che fu protagonista della storia della penisola sin dai tempi dell’Impero Romano.
La caccia al Passatore fu molto complicata per via della fitta rete di informatori e spie, che permisero al Pelloni di essere sempre un passo avanti alla gendarmeria. La caccia e la cattura del bandito ben si prestano per essere trasposte in quests per GDR o RPG, anche fantasy.
Nella vicenda del Passatore, una delle vittime più illustri fu la sfortunata famiglia Artusi. Il celebre assalto a Forlimpopoli mise in moto una serie di eventi, che portarono Pellegrino Artusi a divenire il padre della cucina italiana. Partendo dalla triste vicenda del 1851, può essere creato un gioco risorgimentale, che ci permetta di viaggiare con l’Artusi nella neonata Italia in punta di forchetta.