Descrizione
Le grotte di Onferno e la riserva naturale che le circonda si trovano poco lontano dalla costa romagnola, nel territorio del comune di Gemmano. Il complesso carsico di Onferno è costituito da una serie di grotte di gesso, formatesi nel tempo dall’azione erosiva delle acque dei torrenti che nascono sul Monte Croce. Le grotte si sviluppano per 700 metri e si dividono in più stanze di diversa grandezza. La più nota tra queste è caratterizzata da una serie di grosse protuberanze coniche in gesso che spuntano dal soffitto. La grotta è chiamata Sala Quarina, ma scherzosamente anche Sala dei Mammelloni e ospita alcune delle le protuberanze più grandi d’Europa. La riserva naturale, invece, è altrettanto importante per la varietà di flora custodita e che cresce anche grazie all’influsso delle grotte di gesso, la cui temperatura si mantiene costante sui 12 – 13 gradi.
Cenni storici
Il sito si apre all’ombra di un masso gessoso su cui sorgeva il paese di Castrum Inferni, la cui prima datazione storica risale al 1231. La sua fondazione è però precedente e si ritiene fosse nato come rifugio per la popolazione locale ai tempi delle invasioni barbariche. Risale poi al 1130-40 la costruzione della chiesa della Pieve di Santa Colomba, una delle prime del riminese ma di cui oggi non rimane altro che la torre e la canonica. La cittadina fece parte dei possedimenti dei Malatesta, ma fu espugnata e distrutta nel 1469 da Federico da Montefeltro.
Il nome di Onferno è registrato per la prima volta nel 1810 e la modifica è da attribuirsi al vescovo Gualfardo di Rimini, che l’attuò probabilmente per evitare ogni riferimento a Satana. La prosperità del borgo è stata strettamente legata alla presenza delle cave di gesso che fungevano da rifornimento per i paesi vicini. L’esplorazione completa e scientifica delle grotte fu effettuata per la prima volta nel 1916 dallo speleologo Lodovico Quarina. Le grotte sono oggi aperte al pubblico e visitabili con la guida di personale esperto.
Focus narrativi
Prima di essere trasformato in Onferno per evitare ogni spiacevole riferimento, il nome del paese era originariamente Castrum Inferni, che nei secoli però si trasformò diventando noto come solo Inferno. Questa particolare denominazione è dovuta alla presenza ai piedi del paese delle grotte da cui, in inverno e soprattutto al tramonto, uscivano fumate di vapore. Il fenomeno, dovuto alla differenza di temperatura tra interno ed esterno, fu spiegato soltanto in seguito agli studi condotti dallo speleologo Quarina. Per secoli però la popolazione locale, tra superstizione e divertimento, pensò di vivere sulla bocca dell’inferno, considerando le grotte come il nascondiglio della porta per il regno della dannazione eterna.
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Secondo altre leggende meno accreditate, il nome della città deriverebbe anche dal capolavoro dantesco de La Divina Commedia. Questa versione, vuole che il poeta fiorentino avesse visitato il borgo rimanendo particolarmente colpito dalla conformazione delle grotte e dal fenomeno del vapore, prendendo così spunto da qui per i suoi gironi infernali.
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Ad alimentare la fama tetra e misteriosa delle grotte ha forse contribuito anche la presenza di cospicue colonie di pipistrelli ospitate al loro interno. Il numero di questi esemplari oscilla tra i 6000 e gli 8000 esemplari di ben 8 specie diverse: rinolofo euriale (Rhinolophus euryale), rinolofo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum), rinolofo minore (Rhinolophus hipposideros), vespertilio di Blyth (Myotis blythii), vespertilio maggiore (Myotis myotis), vespertilio di Natterer (Myotis nattereri), miniottero (Miniopterus schreibersii) e orecchione meridionale (Plectus austriacus) e il miniottero (Miniopterus schreibersii). D’estate è possibile partecipare a delle escursioni notturne dedicate per vederli svegli e attivi nel loro ambiente.
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Tra gli altri animali che popolano la zona, desta curiosità anche il grande numero di cavallette presenti all’interno delle grotte. A causa della depigmentazione, queste hanno un colorito bruno chiaro.
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L’area naturalistica in cui si trovano le grotte comprende anche la Ripa della Morte, delle ripide pareti arenacee che con la loro denominazione infondono un carattere ancora più mistico alla zona.
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Nel borgo di Onferno sorgeva anche un antico castello, restaurato di recente insieme alla piazzetta e ad altri edifici, come la Pieve di Santa Colomba, distrutta dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale e oggi adibita a museo naturalistico interattivo. Dal borgo è possibile dominare con lo sguardo la Valconca e San Marino.
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Onferno era un importante centro dal punto di vista economico per l’estrazione e la cottura del gesso, attività durata dal medioevo fino al 1960. Dell’antico impianto restano ancora la fornace e un vano scavato alla base della rupe.
Spunti videoludici
Onferno e le sue grotte sono luoghi particolari, figli della credenza popolare e della manifattura medievale. Da una parte c’è la leggenda di un paese cresciuto sopra le porte dell’inferno, dall’altra i reperti di un passato che fatica ad essere dimenticato. Le grotte, così particolari e ricche di dettagli, piene di stanze e di mistero, potrebbe fornire lo spunto per un gioco horror magari strutturato su un dungeon a stanze. Una narrativa che guidi l’uomo, piano dopo piano, alla scoperta di Onferno e alla discesa nelle sue grotte o magari anche di un povero diavolo che scappa dalle sue prigioni infernali per avventurarsi e risalire nel dominio dell’uomo.
Seguendo invece la linea tracciata dalla storia di Onferno, si potrebbe pensare a un puzzle game sulla costruzione di particolari utensili medievali che portano il giocatore alla riscoperta di metodi e usanze perse nel tempo, come la lavorazione del gesso da sempre tanto importante per il borgo.
Infine, vista la grande presenza di pipistrelli, Onferno è anche il luogo ideale per ambientare un videogame di stampo ecologista, sulla vita dei pipistrelli che trovano spazio proprio tra l’inferno fumante delle grotte e le costruzioni dell’uomo.