Grotta del Re Tiberio

Descrizione

La Grotta del Re Tiberio si trova all’interno di una parete di gesso sul fianco del Monte Tondo, nel cuore dell’Appennino romagnolo. L’ingresso è raggiungibile soltanto attraverso un sentiero panoramico molto ripido che si collega con una rete di strade usate per la miniera di gesso limitrofa, di cui è proprietaria la ditta stessa della cava. Questo rende la visita possibile solo su autorizzazione.
La Grotta, lunga complessivamente circa 4 chilometri, può essere divisa in due parti distinte: una prima parte, dall’ingresso fino alla cosiddetta Sala Gotica, facilmente visitabile a piedi, e una seconda pregna di pozzi e strettoie che rendono difficile la visita se non si è speleologi esperti dotati di adeguata attrezzatura. L’ingresso della Grotta è reso percorribile dall’intervento dell’uomo, che (almeno secondo alcune ipotesi) deve aver frequentato il luogo fin dal terzo millennio a.C. La Grotta ospita anche alcuni interessantissimi ecosistemi autoctoni, tra cui spiccano numerose colonie di pipistrelli.

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Cenni storici

Nel corso della sua millenaria storia, la Grotta ha cambiato più volte funzione, passando da quella sepolcrale a quella religiosa fino a diventare addirittura un covo di falsari. Si è giunti a ricostruire la storia della Grotta grazie a una serie di ricerche archeologiche avvenute tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo; la più importante di queste fu fatta da Giuseppe Scarabelli, da molti ritenuto il fondatore dell’archeologia preistorica italiana, intorno al 1870. Attraverso uno scavo stratigrafico, tecnica speciale archeologica adottata dallo Scarabelli, sono state trovate numerose tracce di vita umana risalenti a periodi storici diversi a partire dall’Età del Rame (III millennio a.C. ca.). Queste antiche tracce testimoniano che la Grotta veniva utilizzata per soli scopi sepolcrali. Nel corso dell’Età del Bronzo (II millennio a.C.) la Grotta, invece, ha assunto anche una funzione abitativa, pur mantenendo quella sepolcrale precedente, come evidenziato dai ritrovamenti di ceramiche e utensili di rame, oltre che i resti di un focolare. Successivamente, forse durante l’Età del Ferro, è stato scavato un impianto di raccolta e deflusso delle acque. Attorno alla metà del I millennio a.C. la Grotta è diventata un importante luogo di culto. In particolare, scavi hanno rilevato il culto dell’acqua di stillicidio, che si riteneva potesse mettere in contatto con le divinità. Tale funzione sacra è rimasta molto forte fino al tardo Impero Romano, come evidenziato dalle centinaia di bronzetti votivi del periodo. Infine, attorno al XIV-XV secolo, la Grotta divenne un covo di falsari, che utilizzarono proprio i bronzetti per forgiare delle monete false.

Focus narrativi

La Grotta di Re Tiberio è stata spesso rifugio occasionale per banditi o esuli durante il Medioevo grazie alla sua conformazione. Già nel 1200 troviamo le prima testimonianza di fuggiaschi che cercarono riparo nella cavità. In quell’anno Alberto Caporella, ghibellino in fuga dalle truppe guelfe che chiedevano la sua testa, tentò di nascondersi proprio nella Grotta. Per sua sfortuna venne facilmente rintracciato e stanato dai suoi nemici tramite l’accensione di un grosso fuoco all’ingresso della caverna che, propagando i suoi fumi all’interno della stessa, lo costrinse a uscire e venir catturato. Stessa sorte toccò anche a un tale Caldera intorno al 1850. Egli si rifugiò nella Grotta dopo essere stato accusato di un omicidio. La polizia cercò a lungo di farlo uscire dal nascondiglio adottando la stessa tecnica utilizzata secoli prima, ma senza risultati, decidendo infine di entrare nella Grotta per catturarlo. Caldera, però, non fu mai ritrovato. Si suppone che sia morto di stenti o a seguito di una caduta nelle profondità della caverna, e la vicenda è diventata nel tempo oggetto di numerose speculazioni. Durante la Seconda guerra mondiale, infine, molte persone hanno trovato rifugio nelle cavità della zona, per fuggire sia alle rappresaglie delle truppe fasciste e naziste contro i partigiani e la popolazione che li spalleggiava, sia ai bombardamenti durante la liberazione degli Alleati. Ciò è testimoniato da numerosi graffiti all’interno della grotta, che riportano i nomi degli autori e le date delle scritte, effettuate probabilmente per ingannare il tempo nelle attese interminabili sotto i bombardamenti. Nota poi è la presenza di falsari nella grotta a cavallo tra il XIV e il XV Secolo, che utilizzarono le statuette votive lasciate dai Romani per creare delle nuove monete.

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La leggenda parla di un re, Tiberio appunto, che in tempi antichi (non precisati e misteriosi data l’assenza di società monarchiche in quei luoghi) ricevette una profezia da un oracolo; questa affermava che il re sarebbe morto a breve, colpito da un fulmine. Terrorizzato da tale monito Tiberio si rifugiò proprio nella Grotta per evitare di essere colpito dal funesto fulmine, portando con sé anche la sua famiglia e i suoi sudditi e iniziando a vivere là. Nella caverna visse così un’intera comunità per qualche tempo. Di qui il nome alternativo della caverna, ovvero ‘Tana del re Tiberio’. Dopo anni di auto-reclusione, ordinò a un servo di controllare il clima all’esterno, per provare a uscire di nuovo. Il servo riferì che il cielo era completamente limpido, fatto salvo per una minuscola nuvoletta in lontananza, che non sembrava foriera di fulmini. Il re Tiberio, allora, stancatosi della permanenza nella Grotta, decise di provare a uscire di nuovo, rassicurato dall’assenza di nuvole minacciose. Non appena si allontanò dalla caverna, però, la nuvoletta che sembrava tanto innocua incominciò ad avvicinarsi ed espandersi, diventando sempre più nera e preoccupante. Subito, Tiberio cercò di rientrare nella Grotta che l’aveva protetto fino quel momento, ma non appena si avvicinò all’ingresso un fulmine lo colpì, facendolo cadere morto a terra.

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Dal punto di vista strettamente geologico-speleologico la Grotta si apre all’interno della Vena di Gesso Romagnola. In antichità la Grotta era percorsa da abbondante acqua che confluiva nella valle sottostante, mentre al giorno d’oggi gran parte è asciutta, diventando così una risorgente fossile. Nella parte più profonda della Grotta, non visitabile turisticamente ma solo con le dovute autorizzazioni e attrezzature, tale risorgente è ancora attiva. Non è ben chiaro quanto questa riduzione di attività idrica sia dovuta a cause naturali o ai pesanti lavori effettuati dall’uomo. Nel corso degli anni parte della montagna è stata infatti scavata e/o distrutta, e si sono utilizzate sezioni della Grotta come condotti minerari. La Grotta ospita, inoltre, formazioni incredibilmente antiche, dato che si apre all’interno di una catena montuosa vecchia più di 6 milioni di anni, che testimonia le enormi variazioni climatiche subite dalla regione tra i vari periodi glaciali che ha attraversato.

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La Grotta è stata citata numerose volte nella letteratura italiana. Per la prima volta la troviamo nel romanzo di Ettore Barelli Ritratto di Marta (1963). In Mostri di gesso di Luciana Baruzzi (1988) la Grotta è meta di un’escursione dei protagonisti, e viene raccontata anche la Leggenda del re Tiberio. In Una storia di ieri di Anna Maria Gabasio (2002), romanzo ambientato durante la Seconda guerra mondiale, il protagonista usa la Grotta come rifugio per nascondersi insieme alla moglie dai fascisti che gli davano la caccia. Infine, la caverna è un luogo centrale nel racconto Il Gorgo Nero di Eraldo Baldini (1994), che vede il protagonista esplorarla per cercare di comprendere l’origine di un misterioso fenomeno acustico, chiamato appunto Gorgo Nero, descrittogli dagli abitanti della zona.

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In una parete della Grotta vicino all’ingresso è presente un graffito che raffigura la testa del Diavolo. La cronologia di tale incisione è incerta, ma alcuni studiosi la collegano a un’antica credenza popolare secondo la quale la caverna faceva da ingresso degli Inferi. Non era insolito che una Grotta profonda e inaccessibile venisse vista come porta sul mondo dei morti: altre leggende simili riecheggiano in tutto il mondo, dalla mitologia greca (che vedeva proprio nelle caverne la via d’accesso per il Regno degli Inferi) alla Divina Commedia di Dante Alighieri, che inizia il proprio viaggio proprio addentrandosi in una caverna. Più in generale, il collegamento tra cavità nel terreno e mondo dei morti è ben noto, e non sorprende che a livello di immaginario popolare lo si ritrovi anche nella Grotta del re Tiberio.

Spunti videoludici

La Grotta del Re Tiberio è un punto d’interesse ideale, magari all’interno di un più vasto mondo aperto videoludico. Raccogliendo vari periodi storici ed essendo stata abitata in più momenti, nonché usata per differenti scopi, la Grotta potrebbe funzionare come ambientazione sia di un mondo fantasy che di un racconto ambientato nella preistoria, tanto come covo di banditi (di ispirazione reale: i falsari) quanto come luogo mistico o di culto in cui incontrare misteriose divinità pagane.
Non meno interessante potrebbe essere l’utilizzo della grotta in un gioco esplorativo, magari in cui si impersonano uno o più speleologi avventuratisi nella struttura naturale. In questo modo un’esplorazione attenta di ogni cavità della Grotta potrebbe portare a numerosi ritrovamenti di reperti appartenuti ai più disparati periodi storici.

[Bibliografia]

– Baldini E., Urla nel grano, Faenza, Moby Dick, 1994
– Barelli E., Ritratto di Marta, Segrate, Rizzoli, 1963.
– Baruzzi L, Mostri di gesso, Bologna, CLUEB, 1998.
– Donati B., La Grotta di Re Tiberio, Faenza, Carta Bianca, 2014.
– Gabasio A.M., Una storia di ieri, Firenze, L’Autore libri Firenze, 2002
– Piastra S., La tana del Re Tiberio: un deposito di memorie tra natura e cultura,  in I gessi e la cava di monte tondo, Memorie dell’Istituto Italiano di  Speleologia, II, 26, 2013.

[Sitografia]

TerreIncognite Magazine
Terre di Faenza
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