Descrizione
Città fantasma situata all’interno del bacino idrografico del fiume Arrone, lungo la via di S.Maria di Galeria, strada che dalla via Aurelia confluisce poco dopo a nord sulla via Claudia Braccianense. Del luogo, teatro di misteriose malattie che ne hanno sterminato la popolazione e di una repentina quanto inspiegabile fuga di tutti i cittadini avvenuta nel XIX secolo, restano adesso rovine disseminate e nascoste per la vegetazione, tra cui quella di un castello medievale e quella di una vecchia chiesa, adibita a cimitero durante l’epidemia di malaria che il paese ha visto nel XVIII secolo.
Cenni storici
Le fonti di cui disponiamo riguardanti la nascita della città di Galeria ci lasciano due versioni differenti: la prima afferma che fu fondata dall’antico popolo dei Galerii, di cui però non sappiamo di preciso né l’esatta area di dominazione né il periodo di vita. Alcuni ritrovamenti etruschi fanno invece pensare che Galeria venisse fondata al tempo della dominazione etrusca e che all’epoca prendesse il nome di Careia. La testimonianza del loro passaggio è data dalla presenza nella zona di alcune piccole necropoli con tombe a camera sparse qua e là nella gola sottostante l’abitato e da alcuni resti di mura all’interno del borgo.
Dopo il dominio degli etruschi Galeria fu colonizzata dai romani e decadde poi sotto la spinta delle invasioni germaniche, per essere ripopolata solo durante il medioevo. Nell’VII secolo papa Adriano I, che mirava ad un’espansione e a un consolidamento dell’area della Campagna Romana, fondò sul terreno di Galeria una “domus cullate” che venne poi trasformata in “curtis” da papa Gregorio IV nell’anno 840.
Qualche decennio più tardi i Saraceni, che in quel periodo imperversavano sulle coste tirreniche, assediarono e distrussero Galeria. Ricostruita e ampliata fu proprietà dei Conti di Galeria e successivamente, dall’anno 1276, appartenne alla famiglia Orsini. I passaggi di mano furono molto numerosi: nel 1486 divenne proprietà dei Colonna, a cui seguirono i Caetani, i Savelli e in ultimo i Sanseverino. Con il passaggio a quest’ultima famiglia per Galeria iniziò un lento ma inesorabile declino che la vide nel corso degli anni trasformarsi da centro fortificato a tenuta agricola. Com’è ovvio la popolazione ebbe un forte calo che culminò con la malaria che durante il 1700 infestava l’Agro Romano. Ormai in rovina e ridotta per lo più a rifugio di pochi disperati, Galeria fu completamente abbandonata nel 1809.
Focus narrativi
Le rovine sorgono su uno sperone tufaceo che ospita numerosi buchi e cunicoli sotto il livello del terreno, che rendono pericolosa l’esplorazione indipendente del sito.
***
Attorno al XVII secolo gli abitanti di Galeria iniziarono a morire in modo piuttosto misterioso. Avvalendoci delle attuali ricerche si può determinare che la causa delle morti fosse un’epidemia di malaria, diffusa al tempo in svariate zone circostanti il fiume Arrone.
***
Tutt’ora inspiegabile è il motivo che spinse gli abitanti ad abbandonare il borgo con sorprendente precipitazione: vennero lasciati sul posto non solo gli oggetti dentro alle case, i suppellettili e il mobilio, ma anche molti cadaveri, che furono trovati poi mezzo secolo più tardi e che soltanto allora poterono avere degna sepoltura.
***
Un’antica leggenda del luogo narra la storia di un fantasma menestrello di nome “Senz’affanni”. Morto circa trecento anni fa egli torna puntualmente ogni anno tra le antiche mura di Galeria, cantando e suonando per la sua amata in sella a un bellissimo cavallo bianco. La leggenda sembra aver preso vigore tra coloro che asserivano di aver sentito il rumore di zoccoli e un suono simile a un lamento proveniente dalla valle sottostante l’abitato. Le stesse persone affermavano di averlo sentito, specialmente in inverno, durante le piene del Fiume Arrone. Chi non credeva alla presenza del fantasma sosteneva che il rumore, accompagnato da un sibilo simile ad un lamento, altro non fosse che lo scorrere impetuoso del torrente sulle rocce nel punto in cui questo attraversava alcune cavità sotto il borgo.
***
Durante l’epidemia di malaria la chiesa di San Nicola, di cui ora resta solo il campanile, venne adibita a cimitero dagli abitanti. Le altre chiese del borgo non hanno avuto più fortuna: quella di Sant’Andrea fu distrutta da un incendio nel 1816, quella di Santa Maria della Valle si dice che fu devastata da un fulmine sul finire del XVI secolo, quella di San Sebastiano fu demolita all’incirca nello stesso periodo. I resti delle quattro chiese, come quelli delle varie abitazioni e delle mura, giacciono ora nascosti tra la vegetazione.
***
Tra il XVIII e il XIX secolo visitò le rovine l’archeologo inglese Thomas Ashby, che descrisse il luogo come “uno dei luoghi più belli da visitare per coloro che amano gli angoli isolati nelle vicinanze di Roma” per via della “pittoresca desolazione delle sue strade, semi ricoperte di vegetazione e dei suoi edifici sgretolati”.
***
Nel 2012 sono stati ritrovati tra le rovine del borgo inequivocabili tracce di riti satanici svolti durante la notte tra la vegetazione e i ruderi: una scritta bianca dipinta su un muro che recita “Satana morte”, i resti di numerosi falò e svariati lumi votivi capovolti e spenti.
Spunti videoludici
Il borgo in rovina, sepolto tra la vegetazione e sulle rive di un fiume, si presta a un’esplorazione carica di spunti narrativi e finalizzata a far rivivere le varie vicende del centro abitato a partire dai suoi luoghi, dai suoi misteri e dai suoi anfratti più evocativi. In quest’ottica potrebbe essere interessante approfondire la figura dell’archeologo Thomas Ashby.
La struttura del luogo si raccoglie attorno a una rocca centrale la quale potrebbe fungere da meta ideale o da fulcro narrativo, raggiungibile attraverso una serie di ruderi e attraversando almeno uno dei ponti che, attraverso la vegetazione e una discarica abusiva che adesso sorge sul luogo, conduce dinnanzi ai resti delle mura del borgo antico.
Interessante, nell’ottica di un’osservazione critica o poetica sul trascorrere inesorabile del tempo, il contrasto tra le rovine di Galeria, la vegetazione che vi è proliferata al di sopra e attorno fino a inghiottirle e i recenti interventi distruttivi che ne hanno trasformato intere sezioni in discariche di pezzi d’auto, oggetti rotti e generici rifiuti.
Un ambiente disabitato e medievale può fare da setting anche a un videogioco più improntato all’azione, in cui ci si trova di fatto a ripercorrere quel che rimane di un luogo ormai caduto in rovina e abitato da creature fantastiche o misteriose, o addirittura dagli stessi abitanti del posto, magari riportati in vita da qualche sortilegio. In quest’ottica, da non sottovalutare la presenza delle quattro chiese, veri e propri punti di riferimento spaziale.
Fonti e link
[Bibliografia]
Thomas Ashby, The Roman Campagna in classical times, Londra, Ernest Benn Ltd., 1927, traduzione in lingua italiana di Olga Joy, La campagna romana nell’età classica, Milano, Longanesi, 1982.
[Sitografia]
Lazionascosto.it
La Repubblica