Forte di Fenestrelle

Descrizione

Conosciuto come “La muraglia piemontese”, il Forte di Fenestrelle rappresenta un’unicità nel panorama europeo di complessi fortificati. A renderlo incredibile c’è sicuramente la sua architettura visto che il forte si sviluppa sul crinale della montagna per una lunghezza di oltre tre chilometri, contando in totale una superficie complessiva di 1.350.000 m² e un dislivello fra il primo e l’ultimo corpo di 600 metri. La struttura è composta da tre forti, due ridotte e due batterie e contiene al suo interno due musei. Dal 1999 è simbolo della provincia di Torino e dal 2007 il World Monuments Fund l’ha inserito nella lista dei 100 siti storico-archeologici di rilevanza mondiale più a rischio. Si trova in Val Chisone, valle Alpina incuneata nelle Alpi Cozie confinante a nord e a ovest con la val di Susa, a sud con la Val Pellice mentre a sud si apre la pianura padana. La fortezza venne progettata col fine di proteggere e rinforzare il confine franco – piemontese, ma non venne mai coinvolta in assedi o assalti degni di nota. Funzionò come prigione e fu protagonista di alcune schermaglie minori durante la Seconda guerra mondiale, per poi essere abbandonata alla fine dello scontro. Lo stato di abbandonò perdurò fino al 1990 quando, grazie al progetto della fondazione Gian Carlo Onlus, il forte venne recuperato e valorizzato al punto di accogliere 20.000 visitatori fra il 2011 e il 2012.

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Cenni storici

La storia delle fortificazioni nella Val Chisone inizia prima della costruzione del Forte. Storicamente la valle era divisa in due: la parte nord apparteneva ai francesi (dal XIV secolo) mentre la parte sud era sotto il dominio dei Savoia. Le truppe franche più volte provarono a conquistare i territori dei Savoia, riuscendoci anche in determinate circostanze, anche se le occupazioni non furono mai definitive. Con lo scoppio della guerra della Lega di Augusta nel 1688, la Francia si ritrovò a fronteggiare una coalizione di stati europei fra cui, dopo un paio di anni, risultò anche il ducato di Savoia. Fu proprio a seguito dei (pochi) scontri fra le truppe piemontesi e quelle francesi che il re Sole decise di costruire la prima fortificazione nella valle: seguendo il consiglio del generale Nicolas de Catinat venne edificato il Forte dei Tre Denti, ampliato poi nel forte Mutin che verrà assediato e conquistato dai piemontesi nel 1708. Memore di come aveva conquistato il forte Vittorio Amedeo II incaricò l’ingegnere militare Ignazio Bertola di cerare un complesso di fortificazioni, includendo anche l’ormai ex Forte Mutin, per proteggere la pianura torinese. I lavori iniziarono nel 1728 con una lunga pausa dal 1793 al 1836 e ultimando il forte nel 1850. La fortezza venne ulteriormente ammodernata dopo l’unità d’Italia e dal 1882, con la firma della Triplice Alleanza, la zona venne potenziata con la creazione di avamposti. Con l’avvento del fascismo il complesso venne utilizzato come prigione di detenuti politici o non collaborativi col regime e nel luglio del 1944 il forte fu protagonista di azioni di guerra fra i partigiani e i nazi-fascisti. Venne abbandonato alla fine della Seconda guerra mondiale e recuperato solo a partire dagli anni Novanta del XX secolo

Focus narrativi

Come è stato detto, il Forte non fu protagonista principalmente di scontri epici e storici assedi. In realtà, per buona parte della sua storia, il Forte fu utilizzato come prigione e luogo di detenzione. In alcuni casi furono detenuti anche militari comuni, colpevoli di crimini in aree limitrofe e di competenza del governatore della fortezza. Nei primi anni del XIX secolo vennero tenuti prigionieri avversari politici di Napoleone fra cui ricordiamo il segretario di papa Pio VII, Bartolomeo Pacca. Questo, prigioniero dal 1809 al 1813, nelle sue memorie paragonò la paura che si aveva in Italia ad essere relegati a Fenestrelle con quella che in parti settentrionali si ha ad essere relegati in Siberia, paragone ripreso ne Il conte di Montecristo, dove l’Abate Farìa ricorda la sua reclusione in questa fortezza. Altri ospiti illustri furono Xavier de Maistre, che scrisse qui il suo libro Un voyage atour de ma Chambre (Viaggio intorno alla mia camera) e la Marchesa Turinetti di Priero. Dopo i primi moti risorgimentali, il forte ospitò anche mazziniani e carbonari, garibaldini e papalini. A volte, sotto richiesta dei genitori, vennero tenuti dei “discoli”, colpevoli di aver deluso i genitori o di aver commesso piccoli reati. Ogni prigioniero aveva a disposizione una stanza con letto e camino: sotto Napoleone ogni prigioniero doveva mantenersi da solo, mentre sotto i Savoia provvedeva lo Stato. Durante la Prima guerra mondiale mantenne la sua destinazione carceraria: nel 1916 vi fu rinchiuso il generale Giulio Douet, teorico dell’uso bellico dell’aviazione e vigorosamente opposto alle strategie di Cadorna.

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Il forte è una costruzione imponente. Si parla di un edificio con 4000 gradini, 635 metri di dislivello e 1.350.000 m² di superficie, tre forti, sette ridotte – unite o indipendenti – e collegate fra loro con spalti, bastioni, scale e risalti. Fra gli edifici più importanti vi è sicuramente il forte San Carlo, il principale complesso all’interno del Forte, non che il più vasto e meglio conservato: da solo occupa un terzo della superficie totale. Questo è il luogo da dove gli alti ufficiali, gli ambasciatori e nobili facevano il loro ingresso nella Fortezza tramite la Porta Reale. All’interno del forte si trovano il Palazzo del governatore, il Padiglione degli Ufficiali, i Quartieri per la guarnigione, una chiesa, una polveriera, magazzini, laboratori e un’infermeria. Insomma, un arsenale completo. Oltretutto, è da qui che parte la grande Scala Coperta, scala lunga 2 km, che conta 3996 gradini per un dislivello di oltre 500 metri che consentiva agli alpini di raggiungere il forte più in alto, quello Delle Valli senza uscire nelle intemperie essendo – come dice il nome – coperta. Non a caso questa galleria coperta è unica all’interno del panorama europeo. La Chiesa nel Forte San Carlo, oltretutto, è l’edificio più grande mai realizzato in una fortezza europea. Il secondo Forte che si incontra è quello dei Tre Denti, così chiamato per i tre spuntoni di roccia che si trovano nel luogo ove è stata eretta. È il più antico forte di Fenestrelle, visto che fu fatto erigere per volontà del generale Catinat sotto il Re Sole. Il forte era armato con sei cannoni ad ampio raggio, disponeva di cucine e magazzini e di una polveriera, nonché di una cisterna per l’acqua. A proposito di acqua, è interessante notare come sia questo forte che il forte San Carlo ottenevano acqua tramite un acquedotto che, addentrandosi in profondità della montagna, prelevava acqua da una sorgente artificiale e misurava 424 metri di lunghezza. L’ultimo forte che si incontra, all’altezza di 1800 metri, è il forte Delle Valli, consistente in tre ridotte separate e distinte; la volontà di creare tre fortificazioni differenti e divise da fossati era dovuta all’idea di non pregiudicare la difesa del forte con la perdita di una ridotta. Le ridotte erano collegate con dei ponti a caponiera, muniti di levatoie, e avevano la possibilità di difendersi a vicenda grazie ai loro sistemi di armamento contrapposti. Forte Fenestrelle aveva così tre forti al suo interno, a tre altezze diverse, collegate dalla Grande Scala coperta, senza poi parlare delle altre sette ridotte. Una fortificazione che probabilmente non è mai stata teatro di scontri anche perché i nemici non si sono mai azzardati a provarci.

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Fra i vari prigionieri che vennero ospitati in tutta la storia del Forte vi furono anche 1189 soldati borbonici prigionieri dopo le battaglie risorgimentali. Tali prigionieri sono stati soggetti di una falsificazione documentaria e storiografica, priva di ogni fondamento scientifico, per fini politici e storici. Secondo questa corrente storica, i “3000” soldati vennero trattati in modo disumano, lasciati morire di stenti, fame e freddo per poi far sciogliere i loro corpi nella calce viva. A queste teorie si è aggiunta l’idea di associare il Forte a un lager. Difatti, secondo questa storiografia, nel decennio successivo all’unità italiana i militari dell’ex regno delle Due Sicilie morti nel forte sarebbero fra i 24.000 e i 120.000. I fatti si svolsero in ben altra maniera, com’è stato provato diverse volte, e la storia è interessante perché fa comprendere le modalità di prigionia all’interno del forte. I 1189 soldati borbonici arrivarono come prigionieri di guerra e come tali vennero trattati. Sfiniti dalla camminata che gli era stata inflitta furono dotati di una doppia razione di zuppa, di vestiti nuovi e di una coperta a testa. Furono registrati e quelli considerati malati furono curati, inviati a Pinerolo o a Torino. Di questi soldati quattro morirono in infermeria. Gli altri furono addestrati e dopo alcuni mesi inseriti nell’esercito dello stato Italiano. Il forte non era assolutamente preparato a ospitare una mole di prigionieri così enorme e, nel caso, neanche a disfarsi di una mole di cadaveri simile.

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Vicino al forte dei Tre Denti, attraversando una scalinata di pietra composta da sei gradini, si può accedere alla Garitta del Diavolo, un osservatorio costruito in cima a uno sperone di roccia, su uno strapiombo di 20 metri, da cui si gode di una visuale quasi perfetta della valle. Il nome è stato dato dai costruttori dell’edificio, convinti che fosse il diavolo a rendere la costruzione così complicata. Con vento, piogge, neve e intemperie non doveva essere facile mettere calce e pietra insieme durante la giornata. La notte, poi, arrivava il diavolo a distruggere il lavoro fatto, rallentando il tutto in maniera devastante. Inoltre, durante i lavori, i costruttori sentivano spesso odore di zolfo. Anche Edmondo De Amicis ci racconta della Garitta e del povero asinello cieco che era adibito al trasporto di vettovagliamenti e che nonostante le difficoltà riusciva sempre a non rompere nulla. Questa fortezza De Amicis la descrisse come “Una sorta di gradinata come una cascata enorme di muraglie a scaglioni, un ammasso gigantesco e triste di costruzioni, che offriva non so che aspetto misto di sacro e di barbarico, come una necropoli guerresca o una rocca mostruosa, innalzata per arrestare un’invasione di popoli o per contenere col terrore milioni di ribelli”.

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Dell’antico Fort Mutin restano ancora dei resti visibili da Fenestrelle. Il forte, costruito sotto Luigi XIV, era una costruzione pentagonale di 96.000 m² ma aveva un difetto. Come proveranno le truppe assedianti del Ducato di Savoia, il forte ergeva su una conca vulnerabile al fuoco nemico. Tutto ciò era stato notato dal commissario generale delle fortificazioni francesi, che pochi anni dopo la costruzione aveva accennato all’ipotesi di abbatterlo. Ma, fra i costi di costruzione e i costi di distruzione, il forte sarebbe stato un enorme fallimento. Si cercò allora di ovviare a questo difetto costruendo otto ridotte in posizione strategica per poter rispondere al fuoco, ma evidentemente non fu abbastanza. Neanche vent’anni dopo la costruzione del forte, le truppe dei Savoia ebbero la meglio su questo complesso difensivo dopo un assedio durato 15 giorni. Venne modificato dai piemontesi e usato in chiave anti-francese, spostando le cannoniere sul versante opposto. Dopo diversi anni, però, venne sostituito dalla Ridotta di Carlo Alberto e parzialmente distrutto. Questo complesso era costituito da due edifici, di cui uno venne fatto saltare dai partigiani durante gli scontri della Seconda guerra mondiale.

Spunti videoludici

Forte Fenestrelle ha un forte potenziale videoludico. Come Fortezza è il luogo adatto per ambientarvi un assedio, uno scontro o una feroce battaglia. Il fatto che il suo corpo sia allungato di 600 metri in altezza può essere sfruttato creando degli inseguimenti o degli scontri da una parte all’altra del forte. Anche la presenza dei ponti levatoi sul Forte delle valli può aiutare nella creazione di dinamiche di battaglia molto avvincenti. L’utilizzo del forte come prigione, inoltre, può essere utilizzato come evento nella trama di un videogioco. Il nostro protagonista può essere rinchiuso qui e anche un tentativo di evasione in un forte isolato sulle montagne, magari di inverno, può creare una storia di fuga molto avvincente. La sua logistica di forte allungato verso l’alto può anche ricordare un dungeon dove i nemici diventano sempre più forti fino a culminare con un boss finale, magari sul Forte delle Valli dove i ponti levatoi che collegano le tre ridotte e l’elevata altezza possono creare uno scontro molto dinamico.

[Bibliografia]

– Barbero Alessandro, I prigionieri dei Savoia, Bari, Editori Laterza, 2012;
– Caresio Franco, Il Forte di Fenestrelle, Torino, Michelangelo Carta Editore, 2003;

[Sitografia]

Forte di Fenestrelle

[Scheda Film Commission]

Torino Piemonte Film Commission

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