Foro Boario di Modena

Descrizione

Il Foro Boario è un edificio di duecentocinquanta metri di lunghezza che si trova all’ingresso del Parco Novi Sad di Modena. Fu costruito nella prima metà dell’Ottocento sotto il ducato di Francesco IV d’Este, il quale commissionò all’architetto Francesco Vandelli un grande porticato d’ingresso per la retrostante Piazza d’Armi (l’attuale parco). Il Foro Boario doveva essere anche il pregevole ingresso di quella che era la Cittadella, area fortificata nel quale alloggiavano le truppe estensi. Il nome deriva dal fatto che il porticato, originariamente aperto, era destinato a svolgere il ruolo di mercato del bestiame e di magazzino per le scorte alimentari. Divenuto caserma dell’esercito austriaco, dopo l’Unità d’Italia fu riacquistato dal comune di Modena, le arcate sono state chiuse e l’edificio destinato a nuove differenti funzioni.
Dagli anni Ottanta è divenuto un bene d’interesse culturale ed è stato sottoposto a un’importante ristrutturazione ad opera dell’architetta modenese Franca Stagi. Oggi è sede del dipartimento di Economia “Marco Biagi” dell’università di Modena e Reggio Emilia, nonché sede espositiva della Fondazione Fotografia Modena. Molto peculiari sono le teste di toro che adornano la facciata Sud-Ovest del Foro.

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Cenni storici

Con il Foro Boario ci troviamo all’inizio dell’area di Modena un tempo conosciuta come la Cittadella, essa era una zona fortificata che doveva fungere da nucleo difensivo di Modena in caso di assedio. La Cittadella subì varie trasformazioni nella storia del Ducato e venne progressivamente smantellata, dopo l’Unità d’Italia, fino a sparire quasi del tutto nel Novecento. Dell’area fortilizia rimangono, oggi, l’ex Piazza d’Armi ad anello (oggi Parco Novi Sad), un portale e il grande portico del Foro Boario.
Per volontà del duca Francesco IV d’Este, all’entrata della piazza d’armi viene costruito, nel 1833, il Foro Boario, un grande portico, di 250 metri sotto al quale i contadini e gli allevatori potevano svolgere i loro commerci, poco al di fuori delle mura cittadine. A progettare il portico è Francesco Vandelli, architetto ducale autore di molti degli edifici più importanti del ducato modenese. La decorazione esterna, invece, è opera dello scultore Luigi Righi. Sue sono le quattro allegorie delle Armi, della Fertilità, delle Arti e del Tempo. Coronano la struttura i quadranti della Macchina del Tempo di Lodovico Gavioli, orologiaio che costruì per il duca d’Este questi orologi e quelli straordinari del Palazzo Comunale (ancora oggi in funzione). Successivamente il foro fu adattato a nuovi usi chiudendone il porticato, mentre la piazza d’armi fu usata per qualche tempo come ippodromo.
Tra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento, gli interni del foro sono stati restaurati e ammodernati per ospitare la facoltà di Economia dell’Università di Modena e Reggio Emilia nonché per farne un’area espositiva della Fondazione Fotografia di Modena.

Focus narrativi

Come accennato, originariamente il grande porticato doveva fungere da coronamento alla Piazza d’Armi della Cittadella nonché da luogo deputato a mercato contadino e del bestiame, una funzione, quest’ultima, in qualche modo ereditata dal Parco Novi Sad che ogni lunedì ospita il mercato cittadino.
Da questa sua originaria funzione passò, dieci anni dopo, a essere una caserma delle truppe austriache. Dopo l’Unità d’Italia subì diverse trasformazioni, gran parte delle arcate furono murate trasformado il portico in un edificio chiuso. Prima di diventare sede universitaria e spazio per mostre fotografiche, il foro è passato ad essere sede di una caserma dei pompieri e della Croce Rossa.

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Nonostante i rimaneggiamenti, il progetto di Vandelli per il Foro Boario rimane ben leggibile. Si tratta di un edificio di duecentocinquanta metri di lunghezza, con un ampio loggiato composto da tre file di colonne, oggi aperto solo le grandi arcate centrali. L’edificio è in stile classicheggiante, sulle due ali si conclude con delle torrette rialzate. La parte centrale è quella che attira maggiormente l’occhio per l’imponenza e per la ricchezza della decorazione: tra i tre ampi archi centrali sono incastonati degli splendidi bucrani che conferiscono all’edificio un aspetto evocativo.

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Coronano il Foro Boario le quattro allegorie scolpite da Luigi Righi che rappresentano le Armi, la Fertilità, le Arti, il Tempo. Al centro campeggiano i due quadranti dell’orologio costruito da Lodovico Gavioli.
Nato a Cavezzo nel 1807, figlio di un costruttore di organi e carillon, Lodovico Gavioli è considerato dai suoi contemporanei un grandissimo genio della meccanica. A nove anni costruisce un orologio in legno, a sedici ne crea uno musicale. Nel 1838 Francesco IV lo chiamò alla sua corte per costruire l’orologio del Foro Boario. Lo stesso congegno riesce ad azionare i due quadranti sulle due facciate e addirittura un terzo, posto sull’arcata sottostante.
Nel 1867 Gavioli dona alla città una macchina del tempo in grado di azionare simultaneamente due quadranti, quello della torre municipale in Piazza Grande, il cui quadrante è addirittura posto più in basso della macchina e quello di Piazza delle Ova, distante dal primo e dal meccanismo ben quaranta metri. Gavioli è anche noto per essere uno dei primi costruttori di organi meccanici d’Europa.

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All’inizio degli anni Ottanta, nacque la necessità di restaurare il Foro Boario, la scelta del progettista ricadde sull’architetta Franca Stagi. Come riportato nel catalogo della mostra Ex Foro Boario – Un progetto per Modena : “Era stata scelta una progettista illustre, al centro della storia dell’urbanistica modenese, dotata di una innovativa visione dell’ambiente cittadino, che emerge non soltanto dal suo importantissimo studio sull’uso degli alberi condotto con l’architetto Cesare Leonardi, legato alla progettazione del Parco Amendola e del Parco della Resistenza, ma soprattutto dai suoi progetti di restauro e recupero di edifici monumentali dal grande valore storico-architettonico, sempre tesi ad una valorizzazione sociale e culturale di Modena.” Franca Stagi è un nome fondamentale per l’architettura modenese e non solo, lavorando a stretto con tatto con Cesare Leonardi, ha impresso un’impronta decisiva al design degli anni Settanta, basti pensare che a loro si deve il celebre Dondolo (Rocking Chair).

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In Le storie di mia zia (e di altri parenti), lo scrittore modenese Ugo Cornia racconta una scena, non accaduta al Foro, che contribuisce a dare del pittoresco, trattandosi di tori: la zia dell’autore curava l’Albo dei tori di Modena per conto della Camera di Commercio cittadina. A una esposizione di tori, tenutasi in un grande campo un toro, a causa degli scoppiettii di una Lambretta, si imbizzarrisce e rompe le catene che lo tenevano fermo, causando panico e scompiglio nei presenti. Nel racconto il toro viene calmato solo da un ragazzino di dieci anni. Il bambino, tuttavia, fa comunque una brutta fine al termine del racconto.

[Bibliografia]

– Cornia U., Le storie di mia zia (e di altri parenti), Milano, Feltrinelli, 2008, pp. 10-11;
– AA.VV., Ex Foro Boario – Un progetto per Modena, catalogo mostra e atti convegno, Università di Modena e Reggio Emilia, p. 17.
– Barbieri, A., “Luigi Righi” in A regola d’arte: pittori, scultori, architetti, fotografi, scenografi, ceramisti, galleristi, critici e storici d’arte nel modenese dell’Ottocento e del Novecento, Modena, Mucchi Editore, 2008, p. 241.

[Sitografia]

Comune di Modena
La macchina del tempo di Gavioli. YouTube
Università degli studi di Modena e Reggio Emilia
Istituto dei Beni Culturali

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