Descrizione
Lo Zuccherificio Eridania di Codigoro è oggi un grande stabilimento abbandonato e lasciato a se stesso. Sorge in Via Ferrara, all’incrocio di due grandi canali: quello di Acque Alte il Canal Leone. Tra i numerosi ruderi che l’ondata di cessioni, acquisizioni e tentate riqualificazioni che l’industria dello zucchero italiana si è lasciata dietro fino al 2005, anno dell’ultimo provvedimento dell’Unione Europea circa la regolamentazione della produzione interna di zucchero, il gigantesco complesso di Codigoro è certo uno dei resti più imponenti, tanto da somigliare a una lugubre cattedrale.
Cenni storici
Lo zuccherificio di Codigoro fu uno dei primi a nascere in Italia per volontà della società Eridania, destinata a imporsi nel mercato dello zucchero negli anni a seguire. Aperto nel 1899, fu apripista di una serie di altre inaugurazioni, avviate già nel 1900 con lo zuccherificio di Forlì. Nel 1906, per evidenziare la vocazione commerciale della società, Eridania si trasformò in “Eridania Società Industriale”: tra gli obbiettivi del gruppo anche quello di dedicarsi alla barbabietola, per diversificare una produzione altrimenti esclusivamente industriale. Benché Eridania venisse frenata da vicessitudini esterne, tra cui l’avvento della Grande Guerra, la sua ascesa nel mercato di zuccheri italiano fu inarrestabile. Nel 1930 Eridania produceva, attraverso più di 20 stabilimenti, più del 60% del fabbisogno nazionale di zucchero. Per una storia più approfondita del gruppo Eridania, si invita ad approfondire le fonti presenti in bibliografia e sitografia. Il gigantesco edificio cessò la propria attività di produzione e raffinazione nel 1975, ben prima che, nel 2005, i provvedimenti dell’Unione Europea spingessero la maggior parte degli impianti a chiudere i battenti.
Focus narrativi
Pressoché unanime il parere degli esperti, che concordano nell’annoverare l’ex zuccherificio Eridania di Codigoro tra i capolavori dell’architettura industriale italiana.
Mentre alcuni arredi ed elementi di oggettistica sono ancora visibili ai piani superiori, e offrono quindi un prezioso spunto tanto utile per i fotografi quanto per documentaristi o curiosi, la sezione centrale del piano terra è costellata da svariati crolli della struttura in muratura, che lasciano quindi entrare abbondanti parti di vegetazione che snaturano completamente l’aspetto originario dell’edificio. Restano in buon stato di conservazione le due ciminiere gemelle, che sovrastano l’intera struttura e sembrano ancora scalabili con l’ausilio di sparuti pioli arrugginiti, nonché svariate impalcature in metallo: corrimano lungo le scale che conducono ai reparti superiori della fabbrica, lo scheletro del tetto, numerosi infissi, armadietti, i supporti per alcuni scaffali, i vecchi finestroni adesso ridotti a grate. Al centro dell’androne maggiore è ancora presente lo scheletro dell’apparecchio di spremitura e cristallizzazione, punto nevralgico dell’impianto.
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Impressionante anche la presenza, all’interno degli uffici abbandonati, di documentazione ufficiale: atti notarili, comunicazioni e quant’altro non è stato raccolto da Eridania per le proprie bacheche o esposizioni museali adesso giace nascosto tra la polvere o ancora sistemato in qualche cassetto.
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L’ex zuccherificio di Codigoro è comparso nella collezione di scatti “Mostra RiFatto – mostri rivisti dalla urban art” esposta nel 2015 a Fabriano in occasione del Pop Up! Opening 2015 (precedentemente, il materiale fotografico era comparso su Il Fatto Quotidiano. Nella versione rivisitata, l’ampia facciata dello zuccherificio diventa un mare geometrico solcato da due navi d’epoca.
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L’area di circa otto ettari limitrofa allo zuccherificio, che si estende dall’imponente edificio in rovina e oltre l’impianto idrovoro del Consorzio di Bonifica della Pianura di Ferrara, è conosciuta come “la Garzaia”, o la “città degli Aironi”. Qua, dopo la cessazione dell’attività dell’impianto, si sono insediati innumerevoli volatili: Aironi Cenerini, Aironi Bianchi Maggiori, Garzette, Nitticore. Gli uccelli migratori raggiungono puntuali i nidi costruiti in precedenza tra la fitta vegetazione di Pioppi, Sambuchi e Pruni. L’università di Pavia ha censito la Garzaia per la prima volta nel 1981, rivelando come fosse una delle maggiori colonie di Aironi di tutta l’Italia settentrionale. Nel 1985 la zona contava 600 nidi, diventati poi 735 nell’anno successivo e 1500 nel 1989. Motivo della proliferazione di volatili nella zona è la ricchezza delle sue risorse, per lo più alimentari, offerte dalla vegetazione e dalla fauna che si sposta tra le risaie grazie ai condotti di irrigazione (insetti, serpenti d’acqua, pesci). Codigoro è diventata, proprio grazie a questa zona, nota come “la città degli Aironi”. Grazie alla ricerca, la Garzaia è oggi osservabile senza il minimo disturbo per gli animali, tramite una torre di osservazione e varie telecamere sparse per l’area. Se il trambusto della coltivazione di barbabietole e dei processi di raffinazione e smistamento dello zucchero impedivano agli Aironi di utilizzare la zona come ambiente fertile per la nidificazione, si può dire che sia stato proprio il disuso dello zuccherificio a consentire loro di stabilirsi nella vasta area rurale circostante: col suo abbandono, l’edificio ha così trasformato integralmente l’ambiente attorno.
Spunti videoludici
Non solo l’ex zuccherificio Eridania di Codigoro è una di quelle “rovine” che fanno da ambientazione privilegiata per molti videogiochi contemporanei (ascrivibile al filone post-apocalittico, ma non solo), ma rappresenta anche uno spazio d’eccezione per la memoria storica di un intero territorio: il mercato dello zucchero ha infatti cambiato per sempre l’aspetto dell’Emilia-Romagna, e in particolare influenzato e modificato i ritmi di vita (nonché lo scenario) del comune di Codigoro. L’abbondanza di fonti fotografiche, testuali, nonché lo stato di conservazione stesso di una buona parte dell’edificio, ne fanno allora veicolo perfetto per un’avventura dal fascino contemporaneo, ambientata in una rovina, e al tempo stesso per una riscoperta dei trascorsi storici del territorio. Se l’indagine storiografica e dei costumi non bastasse, il proliferare della natura posteriore alla “morte” dello zuccherificio gli dona ulteriore fascino: i suoi androni sono stati invasi dalle piante, i suoi campi vengono chiamati adesso “città degli Aironi”. Un’ambientazione che si carica di fascino, ma che può anche arricchirsi, all’occorrenza, di mistero e inquietudine. Cosa potrebbe mai accadere in quel rudere fatiscente, in quella “cattedrale di ferro” (come molti la definiscono) immersa in una natura tanto rigogliosa quanto inospitale? Cosa potrebbe nascondersi tra i corridoi e gli uffici dei piani superiori, cosa potremmo scoprire rispolverando la vecchia documentazione stipata in qualche cassetto?
Altra possibilità affascinante, accantonando l’aspetto attuale dell’edificio, è quella di riscoprire il processo di raffinazione e fabbricazione dello zucchero a partire dalla grande mole di materiale documentale disponibile sul centro di Codigoro: come non pensare a un gestionale ambientato proprio nel gigantesco stabilimento, tanto importante e centrale, nel momento del suo massimo splendore, da essere annoverato tra i centri principali di tutta la penisola.