Descrizione
Le Reggiane sono state una delle principali realtà industriali italiane del ventesimo secolo, arrivando ad impiegare, nel periodo tra i due conflitti mondiali, oltre diecimila dipendenti. La sede storica dello stabilimento, attiva fino al 2008, si trova nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria di Reggio Emilia. Dopo il trasferimento della produzione i capannoni sono stati abbandonati, diventando spazio fertile per l’attività di numerosi street artist. Attualmente è in corso un percorso di recupero e riqualificazione dell’ex area industriale, mentre il patrimonio di street art è stato mappato e reso fruibile virtualmente grazie a un sito web dedicato.
Cenni storici
Le Reggiane nacquero come piccola officina di riparazioni ferroviarie nel 1901 e negli anni seguenti si espansero, producendo locomotive e carri ferroviari. Durante il primo conflitto mondiale l’azienda visse una fase di grande espansione, grazie alle commesse militari, per poi incontrare una prima fase di crisi nel dopoguerra, che vide anche la prima occupazione operaia dello stabilimento, nel settembre 1920. Dopo la presa del potere del regime fascista l’azienda venne prima acquisita dall’IRI e poi ceduta al conte Caproni.
Sotto questa nuova proprietà ebbe inizio la produzione aeronautica delle Reggiane, eccezionale dal punto di vista tecnico ma di scarso successo commerciale, anche a causa dei rapporti conflittuali con il principale committente, la Regia Aeronautica. Nel 1944 la fabbrica venne prima bombardata dalle truppe alleate, poi occupata dalle truppe tedesche, e al termine del secondo conflitto mondiale fu definitivamente abbandonata la produzione aeronautica.
Una nuova e pesante crisi, esacerbata dal deficit accumulato già nel periodo pre-bellico, colpì le Reggiane nel secondo dopoguerra, causando un’ondata di licenziamenti che portò all’occupazione della fabbrica nell’ottobre del 1950; l’occupazione durò per un intero anno e vide i lavoratori occupati nell’autoproduzione del trattore R 60, detto la “vacca di ferro”, per dimostrare la possibile riconversione a produzioni diverse da quella bellica. Nonostante gli sforzi degli operai delle Reggiane, nel maggio del 1951 la dirigenza annunciò la liquidazione coatta della fabbrica.
Negli anni ‘60 le Nuove Reggiane, nate dopo la liquidazione, affiancarono alla tradizionale produzione ferroviaria la produzione di armamenti per la NATO. Le commesse militari cominciarono nuovamente a diminuire dagli anni ‘70 a favore della produzione di impianti industriali.
Focus narrativi
L’ingegner Giuseppe Scavia, presidente delle Reggiane dal 1931, aveva la spiacevole abitudine di aggirarsi per i reparti della fabbrica in cerca di ogni minima irregolarità e di multare i responsabili. Se inizialmente il direttore amministrativo erogava le multe richieste, le contravvenzioni elevate da Scavia divennero talmente numerose che l’amministrazione smise di dar seguito alle sue richieste.
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L’aeromobile modello RE 2000, il primo ad essere progettato internamente e non costruito su licenza, fu in realtà frutto di un’operazione di spionaggio industriale: l’ing. Antonio Alessio,vicedirettore delle Reggiane, si recò infatti nel dicembre del 1937 in visita ad alcune aziende aeronautiche statunitensi. A fare da accompagnatore l’ing. Roberto Longhi, ingegnere aeronautico bergamasco trasferitosi negli Stati Uniti nel 1926. L’attenzione dei due ingegneri venne catturata dalla ditta Seversky e dal suo caccia P35. La cifra richiesta dalla Seversky per le licenze per la produzione del P35 era di 325.000 dollari, ma la direzione delle Reggiane decise invece di assumere l’ing. Longhi: Alessio si era infatti convinto che questi sarebbe stato in grado di riprodurre l’aereo nel giro di un paio di mesi. L’aeroplano risultante, modificato rispetto al P35 originale, divenne il primo prototipo del RE 2000, il modello che modificato negli anni, restò alla base della produzione futura dell’azienda. Verranno ritrovati molti anni dopo i disegni originali del P35, all’interno di una scatola appartenente a un ex ingegnere delle reggiane, e pare che il conte Caproni nel dopoguerra abbia dovuto pagare un indennizzo proprio a causa di questa vicenda.
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Il rapporto con la Regia Aeronautica fu fin dal principio complesso. Venivano richieste cospicue ordinazioni di aerei che erano in seguito sistematicamente annullate o ridotte, venivano richieste in continuazione modifiche onerose, che cambiavano in corso d’opera contestualmente ai cambi al vertice della Regia Aeronautica; furono persino requisiti veicoli destinati a forniture estere,le uniche a risultare economicamente vantaggiose per l’azienda.
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Alla vigilia della caduta di Mussolini all’interno della fabbrica serpeggiava un sentimento antifascista, che si esprimeva in azioni di sabotaggio soprattutto individuali. Nei giorni successivi al 25 luglio 1943 la popolazione di Reggio Emilia scese in piazza, e i lavoratori delle Reggiane si unirono alle manifestazioni. Il 28 luglio, però, le forze di polizia aprirono il fuoco sugli operai che cercavano di uscire dalla fabbrica, uccidendone nove, tra cui una donna incinta, Domenica Secchi. Il tragico evento è noto come l’Eccidio delle Reggiane. Un testimone riferisce di aver notato un dettaglio curioso: il comandante delle forze di polizia aveva nel taschino una penna, o forse un fiore.
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Durante l’occupazione tedesca della fabbrica alcuni operai delle Reggiane vennero deportati con la forza. Il RuK aveva chiesto infatti alla direzione delle reggiane (formalmente rimasta al suo posto durante l’occupazione) l’immediata disponibilità di 30 specialisti per lavori di manutenzione ai velivoli RE 2002 requisiti dalla Luftwaffe. Non avendo ricevuto risposta, gli occupanti caricarono con la forza una ventina di operai su dei camion diretti a Colonia, dove si trovavano i velivoli bisognosi di riparazioni. Nonostante il tentativo dell’azienda di far rientrare in Italia gli operai rapiti e sostituirli con dei volontari, la maggior parte degli operai rimase in Germania fino al termine del conflitto.
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Le produzioni belliche del dopoguerra, destinate ai paesi della NATO, richiesero delle misure di sicurezza molto rigide. Dopo la liquidazione successiva all’occupazione del 1950 non vennero infatti riassunti gli operai le cui posizioni politiche fossero considerate vicine al blocco comunista: non vennero più assunti, quindi, lavoratori iscritti alla FIOM o alla Camera del Lavoro. La CISL divenne l’unico sindacato ammesso all’interno dello stabilimento e diventò praticamente necessario, per essere assunti, avere una raccomandazione politica, meglio se di un parroco o dei carabinieri. Alla direzione venne inoltre consegnato, dai servizi segreti, un vero e proprio manuale contenente leggi e regolamenti relativi ai segreti militari e industriali, e solo gli operai più fidati erano ammessi ai reparti bellici.
Spunti videoludici
La storia delle Reggiane offre numerosi spunti per avventure a tema storico, in particolare per quanto riguarda la produzione aeronautica, gli eventi della resistenza, la vertenza sindacale e l’occupazione del 1950 e le misure di sicurezza durante la Guerra fredda. L’archivio delle Reggiane è inoltre una miniera d’oro per tutti gli sviluppatori che avessero necessità di ricostruire aeromobili o vagoni ferroviari d’epoca.
Anche i capannoni abbandonati delle ex Reggiane possono essere fonte di ispirazione videoludica: al fascino del luogo abbandonato si unisce il cospicuo patrimonio di opere di street art. Le strutture metalliche dei tetti crollati dei capannoni possono inoltre suggerire meccaniche di esplorazione di tipo platform.
Fonti e link
[Bibliografia]
– Michele Belelli, Reggiane: cronache di una grande fabbrica italiana, Aliberti, 2006.
[Sitografia]
Archivio storico Reggiane
Officine meccaniche reggiane
Reggiane Urban Gallery
[Scheda Film Commission]
Emilia-Romagna Film Commission