Duomo di Orvieto

Descrizione

In viaggio per l’Umbria la vista di Orvieto rappresenta sempre qualcosa di spettacolare: un paesino che si erge su una rupe di tufo dominando l’intera valle non è uno spettacolo che si è abituati ad ammirare. Da qualsiasi parte si guardi la città è impossibile non notare – e al contempo ammirare – lo splendido duomo: si presenta in stile gotico con una facciata tanto vistosa quanto equilibrata e ben lavorata, con guglie che si ergono per ognuna delle tre cuspidi. Il duomo troneggia sulla piazza (piazza del Duomo), spazio che si è evoluto seguendo le fasi di costruzione della cattedrale in funzione della sua predominanza. Le basse casette da un lato e i più ambiziosi palazzi papali dall’altro fungono da contesto perfetto al panorama generale dell’ampia piazza che permette di ammirare il duomo da diverse angolazioni, evitando lo scomodo effetto di altre piazze di sentirsi schiacciati dagli altri edifici e non aver la possibilità di godere pienamente delle potenzialità della cattedrale. Di fronte al Duomo, invece, si presentano tre palazzi diversamente architettati ma ancora una volta senza particolari interferenze: il Palazzo dell’opera del Duomo, un palazzo privato e un palazzo ristrutturato nel XIX secolo oggi sede del museo Archeologico “Claudio Faina”, dedicato alla famiglia autrice della ristrutturazione. Questo è il contesto in cui si immerge una delle cattedrali più belle d’Italia se non di Europa.

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Cenni storici

La costruzione del Duomo richiese il sacrificio di due edifici esistenti e in decadenza: la Chiesa episcopale di Santa Maria e la Chiesa parrocchiale di San Costanzo. Le trattative per la costruzione della chiesa non furono immediate e, nonostante il progetto per la costruzione fosse stato approvato nel 1285, l’inizio effettivo della costruzione fu solo nel 1290. Il giorno della celebrazione ufficiale di posa della prima pietra, il 13 novembre del 1290, giorno di San Brizio, il papa stesso Niccolò IV, scese nello scavo delle fondamenta a porre la prima pietra. Questo avvenne con la presenza delle autorità cittadine, la cui presenza testimoniava l’impegno della comunità per la realizzazione dell’opera ambiziosa. Infatti, se il comune non si fosse adoperato con diverse iniziative fiscali e burocratiche e non avesse creato un organo predisposto alla gestione del cantiere – l’opera del Duomo – il cantiere non avrebbe avuto una lunga vita. Questo testimonia sia la buona organizzazione istituzionale del comune di Orvieto, che riuscì a portare a termine la costruzione di un’opera così importante, sia l’importanza con cui il comune si stava affermando all’interno del panorama del Centro Italia. Il progetto iniziale, ideato da un Maestro sconosciuto, si interruppe bruscamente nei primi anni del Trecento per problemi strutturali che parvero dare una fine improvvisa all’opera. Fu nel 1310 che la costruzione riprese grazie all’arrivo in città di Lorenzo Maitani. L’architetto lavorò al progetto per 20 anni, cambiò radicalmente l’approccio e il disegno dati al progetto e alla sua morte, avvenuta nel 1330, l’impostazione definitiva della cattedrale era avvenuta e l’edificio continuò a crescere sotto la direzione di numerosi capomastri, ma sempre secondo il disegno del Maitani. L’ultimo elemento per il completamento dell’edificio fu la scalinata esterna, creata fra il 1423 e il 1425 e circa trent’anni più tardi l’opera di costruzione del Duomo si poté dire conclusa. Altri elementi di cambiamento arrivarono nel XVI secolo, dopo il concilio di Trento all’interno del generale processo di Controriforma attuato dalla Chiesa, che previde nuovi elementi architettonici per differenziarsi da altri stili tipici di zone europee scisse dal ramo della Chiesa Cattolica stessa. Gli interventi successivi, risalenti al XIX e XX secolo, furono meramente di restauro, a parte l’installazione delle porte bronzee nel 1970, ma non cambiarono l’aspetto estetico del Duomo né l’effetto di stupore che quest’ultimo suscita.

Focus narrativi

Esiste anche una spiegazione alternativa alla costruzione del Duomo di Orvieto. L’insistenza di papa Niccolò IV affinché si avviasse il cantiere è stata motivata anche con la volontà di dare degna collocazione al Corporale del miracolo di Bolsena. Secondo la narrazione un sacerdote boemo, Pietro da Praga, morso da dubbi riguardanti la reale presenza di Gesù nell’ostia si imbarcò in un viaggio verso Roma per pregare alla tomba di San Pietro ed eliminare i suoi dubbi. Il piano funzionò, ma i dubbi tornarono ad assillarlo nella via del ritorno, sulla via Cassia in prossimità di Bolsena. Il giorno dopo celebrò messa nella Basilica di San Cristina e qui si compì il miracolo: l’ostia consacrata iniziò a sanguinare sul corporale. Pietro, confuso e attonito, nascose l’ostia nel corporale di lino, concluse la celebrazione e scappò di corsa dalla chiesa, lasciando delle tracce di sangue sui gradini dell’altare e sul pavimento di marmo. Il sacerdote si recò dal papa, Urbano IV, a Orvieto per riferirgli l’accaduto. Il sacro pontefice inviò il vescovo di Orvieto a controllare la veridicità dei fatti, che venne confermata da quest’ultimo. Attestata quindi la sacralità dell’avvenimento, la chiesa istituì la celebrazione del Corpus Domini il primo giovedì dopo l’ottava Pentecoste come celebrazione della presenza reale di Gesù nella messa. Il corporale venne ritirato ed è ancora oggi custodito all’interno della cattedrale nella cappella del corporale, costruita fra il 1350 e il 1356. Secondo la leggenda, durante il trasporto del corporale da Bolsena a Orvieto un grande masso bloccava la carovana nei pressi dell’attuale località chiamata Trinità. Il masso, improvvisamente, si aprì lasciando libero il passaggio alla processione.

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La facciata è un elemento fondamentale di ogni Chiesa o Cattedrale e la facciata del Duomo di Orvieto, in perfetta continuità con il resto dell’edificio, è magistralmente compiuta. La facciata fu eseguita basandosi su un disegno tricuspidale oggi custodito negli archivi dell’Opera del Duomo; ha l’aspetto di una parete tripartita in cui il motivo geometrico del portale di ripete per tre volte. Al centro campeggia il rosone dell’Orcagna nella sua cornice quadrata. L’influenza stilistica medievale si nota fino al loggiato. Fu probabilmente creata e progettata dal primo Maestro del Duomo e proseguita da Lorenzo Maitani che introdusse caratteristiche dello stile gotico e interruppe l’unità decorativa con i fianchi dell’edificio. La parte superiore rispecchia molto di più il gusto architettonico di inizio età moderna e a questo periodo risalgono le edicole con statue sopra il rosone mentre nel Cinquecento vennero fatte modifiche strutturali come l’innalzamento della cuspide centrale e delle relative guglie. I mosaici decorativi riportano storie dell’Antico testamento: storie della Genesi, la genealogia di Cristo e la visione del Giudizio Universale. L’impiego di mosaici su sfondo dorato rappresenta un’eccezione all’interno del panorama artistico italiano del Trecento. Per sostenere l’opera musiva il comune di Orvieto, non per la prima volta nella storia del cantiere, si mosse per tempo ed efficacemente. Incentivò infatti la produzione locale del vetro costruendo una fornace in prossimità del cantiere; vennero impiegate tessere prodotte nei laboratori dei castelli di Moneteleone e di Piegaro, foglie d’oro e d’argento battuto a Spoleto e infine tessere vitree di Roma e di Venezia. All’effetto corale della facciata contribuiscono infine i portali e le porte unite alle quattro statue in bronzo raffiguranti i simboli dei quattro evangelisti: l’Angelo per San Matteo, il Leone per San Marco, l’Aquila per San Giovanni e il Toro per San Luca.

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Lo spazio interno è unificato dai sei campate, articolato in tre navate suddivise a loro volta in dieci colonne cilindriche e da due pilastri ottagonali. La sobrietà che lo caratterizza compensa la lussuria della facciata. Le cappelle semicilindriche alimentano l’impressione di profondità. L’interno è decorato da diversi cicli pittorici: nella parte absidale è presente il ciclo raffigurante la Storia della Vergine, compiuto da Ugolino di Prete Ilario. Il secolo successivo richiese dei rifacimenti che comportarono modifiche compiute da Giacomo da Bologna, il Pinturicchio e il Pastura. Una delle cappelle principali è quella del Corporale, contenente l’unico oggetto testimone del miracolo di Bolsena. La cappella fu affrescata dal maestro orvietano Ugolino di Prete Ilario. Gli affreschi si presentano in coerenza col destino della cappella riproducendo non solo gli avvenimenti del miracolo ma in generale il mistero della Transustanziazione. Sono infatti raffigurati altri avvenimenti e miracoli volti sempre a dimostrare la presenza di Cristo nella messa. Il vero protagonista della cappella è ovviamente il Corporale e il suo Reliquiario, realizzato dall’orafo Senese Ugolino di Vieri. Il reliquiario riporta la sagoma della facciata del Duomo.

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La Cappella di San Brizio costituisce uno degli elementi artistici più importanti della pittura rinascimentale italiana. Fino al XVII secolo fu chiamata “Cappella Nova”, prese il nome odierno dopo il trasporto dell’antica icona della Madonna di San Brizio, tuttora presente presso l’altare maggiore. La decorazione della cappella fu richiesta e finanziata dall’Opera del Duomo. In una prima fase, l’opera di decorazione della cappella venne affidata al frate domenicano Giovanni da Fiesole, meglio noto come Beato Angelico. Egli iniziò la decorazione dalla volta della crociera sopra l’altare. Dipinse in una vela il Cristo Giudice e in un’altra I Profeti. Venne però richiamato a Roma dal pontefice Nicola V e i lavori subirono un’interruzione di circa cinquant’anni, dovuti alla difficile situazione politica creatasi ad Orvieto. L’opera fu ripresa sul finire del XV secolo da Luca Signorelli. Egli dipinse la vela a destra del Cristo Giudice come le immagini degli Apostoli e della Vergine, mentre la vela di fronte raffigura angeli che recano i Simboli della passione. Altre raffigurazioni di immagini sante vengono riproposte all’interno della chiesa, ma l’elemento pittorico più importante è quello che riporta scene del Giudizio universale. Questa riporta le classiche scene di un Giudizio universale: la contrapposizione fra inferno e paradiso, con le conseguenti raffigurazioni del Diavolo e di Dio, unite a torture e beatificazioni.

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Come detto precedentemente, il cantiere non sarebbe mai arrivato a conclusione se il comune non avesse garantito una copertura finanziaria adeguata, approntando il catasto generale della città e del contado e raccogliendo i tributi dai castelli del territorio. Altra iniziativa estremamente efficace del comune fu quella di creare un organismo a parte che gestisse l’impresa: l’Opera del Duomo. L’opera del Duomo fu specchio della volontà degli orvietani di partecipare attivamente al cantiere e riflesso della società orvietana e del suo comune, affermatosi e istituzionalizzatosi in questo periodo, maturato con la creazione della nuova magistratura dei Signori sette consoli delle Arti, unico organo esecutivo. L’Opera del Duomo divenne un elemento unificante, simbolo di coesione cittadina e il Duomo espressione di appartenenza alla città di Orvieto e la sua storia riflette perfettamente la coesione fra comune e apparato ecclesiastico nella gestione del cantiere. Fra i diversi simboli di questa perfetta collaborazione vi è il truncho, la cassetta per le offerte raccolte per la cattedrale gestita con pari autorità dal vescovo, il rappresentante del comune e quello dell’Opera. Prima dell’arrivo del Maitani il comune e a magistratura dei sette signori sfruttò la questione avignonese per laicizzare il cantiere e assumere un maggior peso nelle questioni gestionali, tanto che già dal successivo secolo gli interventi del vescovo furono sempre più radi e il cantiere divenne un punto di riferimento nella vita quotidiana cittadina e un luogo di sperimentazione tecnologica. L’Opera del Duomo finì quindi per istituzionalizzarsi in maniera definitiva, rappresentando il centro amministrativo e gestionale definito della Cattedrale e redigendo uno statuto. Si crearono dei ruoli ben precisi, come quello del Camerlengo (responsabile della Chiesa e della sagrestia, tenuto a compilare il Memoriale della fabbrica, registro dove sono annotati i beni immobili) e quella del Casssiere (adibito alla pura gestione finanziaria, responsabile di ben tre libri contabili riguardanti diverse entrate e uscite). Con l’Unità d’Italia si crearono presupposti per uno scontro giuridico, visto che il governo si intromise nella gestione della Cattedrale, espropriando i beni dell’Opera, nonostante il comune appena dopo l’unificazione si fosse definito “proprietario del Duomo”. Questo scontro rischiò di compromettere le sorti della Cattedrale, impedendo all’Opera di farsi carico di spese per la manutenzione vista l’espropriazione di beni avvenuta da parte statale. Fu necessaria la dichiarazione del duomo come bene nazionale con conseguente partecipazione dello Stato alle spese di mantenimento e il recupero del ruolo storico e istituzionale dell’Opera.

Spunti videoludici

Il Duomo di Orvieto rappresenta uno spettacolo estetico non da poco. La storia del suo cantiere è plurisecolare e all’interno delle diverse fasi si possono creare delle missioni da svolgere durante la storia di un videogioco di avventura. Il personaggio principale può essere mandato in ambasceria a Spoleto o Siena per ottenere materiali o manodopera, può essere incaricato di trovare collaboratori nei momenti di assenza di questi ultimi (come nel periodo in cui non si trovò per circa cinquant’anni un pittore per gli affreschi della cappella di San Brizio) creando così dei presupposti per avvincenti avventure in città straniere. Il duomo può essere teatro di scontri in un videogioco di ruolo: sfruttando il suo stile gotico si può creare un’ambientazione estremamente spettacolare. La storia gestionale del cantiere va a pari passo con la storia del Comune e l’affermazione dell’istituzione dell’Opera del Duomo è riflesso di scontri politici e burocratici capaci di creare dinamiche videoludiche divertenti, come missioni di sotterfugio, distrazione, seduzione da parte di un organo come l’Opera, il Comune o il vescovato, nel tentativo di appropriarsi della gestione del cantiere.

[Bibliografia]

– Torriti Pietro, Il Duomo di Orvieto, gioiello del gotico italiani, Bonechi Edizioni il Turismo, Firenze, 2006.;

[Sitografia]

Il duomo di Santa Maria Assunta a Orvieto
Tra storia e leggenda
Opera del Duomo di Orvieto
In Orvieto, fabbrica del Duomo

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