Cripta di San Zama

Descrizione

A fianco dell’abbandonato Ospedale Militare di Bologna, che occupava gli spazi del monastero abitato dai benedettini prima e poi delle clarisse, sorge l’Abbadia dei Santi Naborre e Felice al di sotto della quale si trova la cripta di San Zama che rappresenta la culla della cristianità bolognese. Questo luogo, lungo il tratto urbano della Via Emilia, voluto dal protovescovo della città, San Zama, e che custodì le spoglie dei primi vescovi fino all’VIII-IX secolo, è il luogo cristiano più antico di Bologna, essendo antecedente anche alla basilica di Santo Stefano.
L’assetto attuale della cripta che, a cinque navate, si presenta quasi come una selva di colonne, si deve ai monaci benedettini che utilizzarono materiali romani e bizantini di recupero come le colonne e i capitelli; il pavimento ad “esagonelle” è originale e risalente al periodo tardo imperiale romano. Anche la mensa dell’altare risale al periodo romano ed è una lastra di pietra, forse originariamente usata come lastra sepolcrale; le colonne di pietra che la sostengono sono invece del XI-XII secolo.
All’interno della cripta sono visibili due affreschi del XVII secolo, ultime tracce rimaste di quando la cripta era un vero e proprio scrigno raccogliendo opere del XV, XVI e XVII secolo.

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Cenni storici

L’origine della cripta risale al III secolo quando il primo vescovo di Bologna, San Zama, fece risistemare, secondo la tradizione, una piccola chiesa preesistente. L’aspetto odierno risale all’XI secolo con l’arrivo dei benedettini che utilizzarono materiale romano di recupero già presente in loco; dall’inizio del XVI secolo il monastero e la chiesa con la cripta, furono custoditi dalle monache clarisse che vi rimarranno fino alle soppressioni napoleoniche quando la cripta venne depredata di molti dei suoi tesori. Successivamente nel 1866-1867, con le soppressioni del Regno di Italia, tutta la struttura cadde in disuso e divenne poi sede dell’Ospedale Militare.

Focus narrativi

Sulla vita di San Zama si sa veramente poco: fu il primo vescovo di Bologna, visse tra il III e il IV secolo e probabilmente conobbe la persecuzione di Diocleziano e la successiva pace di Costantino. Dal nome si potrebbe ipotizzare un’origine nordafricana, zona che in quegli anni era culla di una cristianità fiorentissima e che ha dato i natali a diverse figure protagoniste della cristianizzazione anche del nord Italia (Sant’Agostino, San Vittore, San Cipriano, Sante Perpetua e Felicita, Sant’Antonio Abate, Sant’Atanasio…).
Il corpo di Zama e quelli di altri vescovi suoi successori furono traslati dalla chiesa dei santi Naborre e Felice alla chiesa Cattedrale di San Pietro e posti sotto l’altare maggiore il 4 maggio 1586 per volontà del cardinale Paleotti.

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La cripta di San Zama, come altre due cripte di chiese bolognesi (quella dei Santi Vitale e Agricola in Arena e quella di Santo Stefano), è strettamente legata alle figure dei protomartiri bolognesi Vitale e Agricola. Narra Sant’Ambrogio vescovo di Milano che Agricola era un nobiluomo di origine giudaica e Vitale un suo servo liberto che per scelta era rimasto vicino al suo ex-padrone; entrambi cristiani furono martirizzati durante l’ultima persecuzione di Diocleziano intorno al 305.
Secondo la tradizione la cripta di San Zama sarebbe stata costruita sulla casa abitata dai due santi; in questo caso parte del materiale di recupero con cui è stata costruita la cripta deriverebbe dalla casa di Agricola. In effetti uno dei capitelli della cripta, in stile corinzio, presenta una croce che sicuramente è stata scolpita nel momento in cui è stato intagliato il capitello stesso e che quindi ne confermerebbe l’originale impiego cristiano.
Le altre due cripte ricordate precedentemente, quella dei Santi Vitale e Agricola in Arena e quella di Santo Stefano, sarebbero state edificate invece rispettivamente sopra il luogo del martirio e della sepoltura dei due santi.

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Su una delle colonne centrali più antiche e più belle della cripta è presente un’incisione: si può chiaramente leggere “Petrus Presbyter” preceduta da una croce uncinata. La scritta molto antica, sicuramente antecedente all’arrivo dei benedettini, è probabilmente coeva o poco posteriore alla realizzazione della colonna stessa; l’autore presumibilmente è un sacerdote (pesbyter) di nome Pietro che era passato o frequentava la cripta di San Zama.

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Sappiamo che tra i frequentatori della chiesa di San Zama, in quanto insegnava nel monastero dei Santi Naborre e Felice, ci fu anche Graziano che Dante collocò nel X canto del Paradiso, tra gli spiriti sapienti:

“quell’altro fiammeggiare esce del riso
di Grazïan, che l’uno e l’altro foro
aiutò sì che piace in paradiso.” (vv.103-105)

Graziano fu un monaco camaldolese e giurista italiano (1075/1080-1145/1147) e di fatto è considerato, con la sua opera “Concordia discordantium canonum”, più comunemente noto come “Decretum Gratiani”, il fondatore del diritto canonico; come sottolineato da Dante nei suoi versi, l’importanza del Decretum sta nel tentativo di realizzare un equilibrio e una concordia reciproca tra diritto civile e diritto canonico.
La tradizione vuole che Graziano sia sepolto proprio all’interno della cripta ma la sua tomba non è stata mai scoperta.

Spunti videoludici

La cripta è collegata al primo periodo di diffusione della cristianità nel territorio e si impone come ponte tra il periodo romano, nella sua fase crepuscolare, e la nascita di un nuovo assetto religioso. In questo senso il luogo si carica di valore simbolico, crocevia temporale, geografico e politico. Dal punto di vista videoludico, all’ambientazione a cavallo tra il potere imperiale in fase crepuscolare e quello nascente ecclesiastico, si aggiunge il significativo alone di mistero definito dalla cripta, potenziale custode di segreti e tesori.

La cripta conserva su una colonna l’enigmatico firma latina “Petris Presbyter”, ottimo incipit (anche finzionale) per la caratterizzazione di un protagonista videoludico dalle misteriose origini. Come molte città italiane di fondazione e/o sviluppo romano o medievale, anche Bologna conserva numerose incisioni latine (come quella più recente e sovraesposta “Divus Petronius protector et pater” che campeggia sulla facciata di Palazzo D’Accursio in Piazza Maggiore) che nascondono vicende politiche e storiche narrativamente molto interessanti e che potrebbero essere anche al centro, videoludicamente, di puzzle e risoluzione di enigmi dislocati sul territorio cittadino.

[Bibliografia]

– S. D’Altri, La cripta di San Zama, Bologna, Costa Editore, 1997.
– P. Porta, Guida della cripta di San Zama: storia e leggenda, Bologna, Casa Editrice Persiani, 2018.
– Riccomini E., L’arte a Bologna, Bologna, Editoriale Bologna s.r.l., 2003.

[Sitografia]

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