Cimitero monumentale

Descrizione

Sito in via Ravegnana, il Cimitero monumentale di Forlì è una delle più importanti architetture cimiteriali della Romagna. Nato in periodo napoleonico, e ricco di marmi e sculture che impreziosiscono cripte e lapidi facendone diventare alcune delle vere e proprie opere d’arte, è uno dei più belli e noti cimiteri d’Italia e costituisce una delle tappe obbligatorie in qualsiasi visita del capoluogo di provincia. Tra le più belle sepolture al suo interno si annoverano lavori di Boifava, Canova, Marchi, Lombardini e Santarelli.

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Cenni storici

L’editto di Saint Cloud del 1804 promulgò che per motivi sanitari i defunti fossero tumulati in specifici luoghi preposti, situati fuori dai centri abitati, anziché nelle chiese cittadine e nelle loro vicinanze. Come molte altre città sotto la dominazione napoleonica, Forlì si dotò allora di un cimitero posto al di fuori delle mura della città: nel 1807 fu individuata come zona per costruirlo la zona attorno a una grande fabbrica in località Villa Pianta, a circa 2 km dalla città, dotata di una fornace con una propria cava di materiale che aiutasse a smaltire i corpi o a cremarli dopo la sepoltura. La fretta nella decisione della zona e nell’edificazione del cimitero causarono non pochi problemi, che si sarebbero resi evidenti più avanti nel tempo tanto da rendere necessarie ristrutturazioni, ampliamenti e interventi di modifica importanti. I lavori iniziarono il 1811 a seguito del decreto del Regno che ufficializzò la posizione dell’editto Sant Cloud di 7 anni prima. Il primo ampliamento del cimitero fu voluto dal governo pontificio nel 1818, a seguito di numerose proteste cittadine per la distribuzione del cimitero, la sua posizione, più in generale la sua struttura e le sue divisioni interne. Nel 1854 il Consiglio Comunale approvò la costruzione di una struttura più ampia sopra quella del 1818, sulla base dei progetti dell’ingegnere Giacomo Santarelli. Il delegato apostolico dello stato pontificio non approvò però la volontà del Consiglio e la rigettò, impedendo che i lavori iniziassero nel 1855-1856 come previsto inizialmente. Un rinnovamento si ebbe più tardi, nel 1863 a seguito dell’aumento della popolazione (e di conseguenza della mortalità). Nel 1867 si approvò che fosse avviato un ambizioso progetto di ampliamento e ristrutturazione guidato da Camporese, noto architetto alla cui morte succedette Guerrini, che durò per quasi 20 anni e si concluse nel 1892. Dopo il 1933 il Pantheon del cimitero è stato isolato dal resto del cimitero per seguire le volontà del progetto originario di Camporese. In occasione di tale isolamento il colore dei nuovi laterizi si distinse da quello dei precedenti e virò verso un rosso più scuro di quello forlivese, che tutt’ora si può notare visitando l’edificio. La struttura del cimitero è rimasta sostanzialmente invariata da allora, salvo alcuni saltuari interventi di ristrutturazione e ovviamente la costruzione di nuove opere all’interno.

Focus narrativi

Non solo il cimitero di Forlì è traccia di storia, cultura e arte, ma anche e soprattutto della società del secolo in cui fu costruito e progressivamente ampliato fino a raggiungere lo stato attuale. Gran parte degli interventi di allargamento del cimitero fu infatti voluta dal Consiglio Comunale per venire incontro alla voglia delle classi più agiate della popolazione di distinguersi rispetto alle classi meno abbienti. La volontà di essere ricordati in modo più opulento e distinto della ‘plebe’ portò l’amministrazione comunale a giocare di strategia per gestire meglio le spese di ristrutturazione e ampliamento: i cittadini più ricchi pagarono la recinzione del cimitero che fu utilizzata in seguito per accordar loro il privilegio di porre lapidi e cripte sotto i portici, in cappelle private, a differenza delle salme dei cittadini più poveri che venivano sepolte nella sezione centrale del camposanto.

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La prima pietra del cimitero fu posizionata il 31 agosto del 1868. In occasione dell’evento fu incisa e murata una memoria di Antonio Santarelli, chiusa in un tubo di piombo adagiato assieme alla pietra e conservato in uno degli angoli a nord est dell’edificio. Nella memoria si augurava ai morti che avrebbero riposato nel cimitero un riposo tranquillo, dignitoso e onorevole.

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La struttura del cimitero è di gusto neoclassico, contrappuntata da bellissimi marmi coerenti con lo stile dell’edificio e anneriti dal tempo. Visitare il cimitero oggi rende una sensazione di pace e di tranquillità che viene sostenuta tanto dalle bellezze architettoniche quanto dalle opere che arricchiscono cripte e lapidi. Tra i nomi più noti di chi è sepolto nel Cimitero si annoverano alcuni protagonisti del Risorgimento forlivese, come l’erede di Mazzini Aurelio Saffi e sua moglie, che oggi riposano in un austero ipogeo; Antonio Fratti, che morì dopo essersi arruolato volontario sotto la guida di Ricciotti Garibaldi nella guerra greco-turca nel 1897, ucciso a Domokos, in Tessaglia, e la cui salma tornò in patria soltanto nel 1902; Piero Maroncelli, poeta che fu prigioniero assieme a Silvio Pellico per 10 anni e defunto a causa dell’amputazione di un ginocchio per un tumore, la cui salma rimpatriò invece dagli Stati Uniti nel 1886; Fulcieri Paolucci de Calboli, “santo dei mutilati” reduce della Grande Guerra insignito alla medaglia d’oro al valore militare, morto a soli 26 anni in Svizzera, la cui lapide è sovrastata da un busto realizzato da Carlo Fontana e a cui è stata anche dedicata una scultura in marmo realizzata da Adolfo Widt; e Achille Cantoni, patriota e volontario garibaldino che salvò Garibaldi a Velletri nel 1849, in seguito comandante della Guardia Nazionale.

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Al cimitero sono conservati anche i membri della famiglia Orsi Mangelli, imprenditori forlivesi noti per le scuderie e l’industria SAOM- OMSA, la cui cripta è una delle più belle di tutto il complesso. Questo grazie anche a una preziosa pietà ivi contenuta, a opera dello scultore Roberto De Cupis. Si annovera tra i sepolti anche il pittore e architetto Marco Pelmezzano, che fu allievo di Melozzo da Forlì. Esplorando si trova poi il busto di bronzo di Luigi Ridolfi, realizzato dallo scultore Bernardino Boifava, che fu pilota pluridecorato di veicoli da bombardamento che operò durante la Prima guerra mondiale e che in seguito divenne pioniere degli sviluppi dell’aviazione civile in Italia.

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Tra le lapidi del cimitero c’è anche quella del tenore Angelo Masini, noto anche ai suoi tempi come “tenore angelico”. Le sue ottime qualità canore e il suo repertorio incredibilmente vasto (ottenne più di 100 ruoli diversi) lo resero uno dei più apprezzati e acclamati tenori del tempo. Si annovera a tal proposito un commento di Giuseppe Verdi, a elogiarne le caratteristiche vocali: “È la voce più divina che abbia mai sentito: è proprio come un velluto”. Alla sua morte, del 1926, gli furono intitolati l’Istituto Musicale di Forlì (grazie anche a un generoso lascito testamentario) e il teatro comunale di Faenza.

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Il Monumento Ossario e il Sepolcro dei Martiri della Resistenza, realizzati nel 1974, sono tra le più suggestive e maestose presenze del complesso. Furono entrambi progettati e realizzati da Pier Maria Lugli nel 1974. Lugli si era anche arruolato, nel 1923, nel Corpo Italiano di Liberazione, cosa che lo rendeva anche particolarmente vicino ai due monumenti e alla loro forte valenza storica e sociale.

Spunti videoludici

Spazi abbandonati tutti da esplorare e da conoscere sono oggi al centro di varie narrazioni videoludiche. La possibilità stessa di un luogo di raccontare attraverso ciò che è disseminato al suo interno, e che aspetta solo di essere visto e interpretato da chi gioca, è per esempio il fulcro del filone soulslike, nonché di molti giochi d’avventura. Il Cimitero monumentale di Forlì può allora fare riferimento a questi immaginari: possiamo immaginarlo svuotato, suggestivamente deserto, come ambientazione di un racconto horror che si sviluppi tra le lapidi e i monumenti. Possiamo anche pensare che tutte le varie personalità che vi sono sepolte d’improvviso riprendano vita, o si manifestino come fantasmi, per incontrarsi (e incontrare chi gioca) allo scopo di raccontare le loro avventure passate. Non soltanto una cornice suggestiva per un’avventura o un horror, ma anche per un racconto quindi più malinconico, che osservi vicende personali di chi è sepolto, e che interpreti quindi lo spazio del cimitero come un ideale luogo d’incontro tra tempi, emozioni e racconti diversi.

[Bibliografia]

– Comune di Forlì e Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, L’altra città. Il cimitero monumentale di Forlì. Ipotesi per una ricerca, Forlì, 1985.

[Sitografia]

Turismo Forlivese

[Scheda Film Commission]

Emilia-Romagna Film Commission

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