Chiuro

Chiuro

Descrizione

Chiuro, ubicato in Valtellina sul fianco destro del fiume Adda, rappresenta uno dei più antichi insediamenti preistorici italiani. In età antica era diviso in contrade situate lungo l’antichissima strada Valeriana. L’offerta vinicola di Chiuro ha trovato un ampissimo accoglimento non solo nelle immediate vicinanze di Svizzera e Germania, ma anche in America, dove nei migliori ristoranti si apprezzano le famose bottiglie di “Valtellina”.

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Cenni storici

Chiuro fu abitato già in tempi preistorici, lo testimoniano i reperti archeologici (steli votive) da collocare tra il 2200 e il 1800 a.C. La stele funeraria di Caninio Sissio del III Sec. d.C. ricorda gli insediamenti di epoca romana.

Poche le testimonianza dell’Alto Medioevo, nella toponomastica (ancora oggi vi è il riferimento Borgofrancone), mentre è documentato l’insediamento dei monaci Cluniacensi in S. Bartolomeo, attivi nella coltivazione della viticoltura a partire dal XIII Sec. In questo secolo Chiuro diventa Comune e vede l’arrivo dei nobili Quadrio giunti da Como in seguito alle lotte tra guelfi e ghibellini. Da qui ha inizio la fervente attività artigianale e commerciale che renderà il borgo fiorente.

Gli stretti rapporti politici con il Ducato di Milano, favorirà il prestigio politico della famiglia e la ricchezza economica che si esprimono ancora oggi nell’apparato urbanistico ed architettonico del borgo medievale. Figura di rilievo fu il condottiero miles Stefano Quadrio attivo nel contrastare l’arrivo dei Veneziani e dei Grigioni che ambivano conquistare la Valtellina. Ancora percepibile è il sistema difensivo costituito da torri, castelli e borghi fortificati.

Anche la vita religiosa ha lasciato importanti tracce nell’edificazione di sei importanti edifici religiosi ricchi di apparati liturgici e decorativi (ancora oggi nel centro di Chiuro è percepibile il recinto sacro della chiesa di S. Giacomo, con la prestigiosa porta maggiore)

Dal 1512 al 1797, con una breve interruzione dal 1620 al 1632, Chiuro e tutta la Valtellina si trovarono a far parte della dominazione grigiona. Bui furono i primi decenni del 1600 nei quali si visse il rilevante conflitto tra cattolici e riformati, l’affermarsi della lotta alle streghe e il propagarsi della peste.

Il XVIII Sec., in seguito alla stabilità politica e religiosa generò un periodo di floridezza che si espresse anche nella manifestazione architettonica ed artistica. Il 1797 si costituì a Chiuro la Società Patriottica a sostegno dell’indipendenza dai Grigioni per formare la Repubblica Cisalpina. Il 22 giugno dello stesso anno si issò l’albero della libertà nella piazza del paese. Si entrò a far parte della repubblica Cisalpina. Nel 1815 si entra a far parte del Regno lombardo Veneto ed inizia il dominio austriaco che durò quasi mezzo secolo.

Nel XIX secolo fu rilevante la figura di Maurizio Quadrio, segretario di Mazzini, che si prodigò per la sua terra e la sua patria a sostegno degli ideali di libertà ed indipendenza. Questo periodo fu caratterizzato da rilevanti calamità naturali: la carestia del 1816, l’alluvione del 1834, del 1839, epidemia (cholera morbus) del 1836, una nuova carestia del 1852, una malattia che colpì il baco da seta e la criptogama che diminuì fortemente la produzione vinicola. Solo a partire dal 1853 riprese la fiorente attività nel borgo legata agli opifici che sfruttavano la forza idraulica del torrente Fontana.

Focus narrativi

Nell’estate del 1987, dopo giorni e giorni di pioggia incessante e i ghiacci che si discioglievano, il fiume Fontana straripò riempiendo sottopassaggi e le case e trasformando le vie della città in torrenti carichi di detriti distruttivi. Il pericolo venne scongiurato solo dopo qualche giorno, ma l’episodio ha turbato e sconvolto gli abitanti che ancora ne portano memoria come di un episodio potenzialmente letale ma del tutto innocuo, in fin dei conti, tanto da far nascere la credenza popolare che fosse una piena “miracolosa”, “meravigliosa”.

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Particolarmente ricordata è la peste di Chiuro che dal 15 aprile 1630, anno della sospetta e prematura morte di un certo Giov. Battista Monale di Albosaggia, vide il dimezzamento della popolazione di abitanti. Morirono persone di ogni età e di estrazione sociale, anche di famiglie illustri e celebri come i Gatti e i Visconti. La peste ebbe un effetto particolarmente distruttivo rispetto ad altri paesi italiani a causa dell’inadeguatezza o dell’assenza di adeguate misure di assistenza; l’unico conforto stava nella preghiera e nella divina Provvidenza, a cui i cittadini si affidavano con offerte e lasciti. Furono anni tristi e dolorosi: la città svuotata, le campagne abbandonate, pochi i superstiti.

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Nel 1630 si abbatté su Chiuro il colera, nuovi anni di distruzione analoghi a quelli della peste di due secoli prima, ma con ripercussioni meno gravi e un numero inferiore di morti. Questa volta, a monte della diffusione, furono fatte circolare delle direttive da parte delle autorità religiose e civili che suggerivano metodi per riconoscere immediatamente il morbo attraverso i sintomi (occhiaie e labbra bluastre, occhi infossati, vertigine, voce fioca o assente, diarrea, sete, crampi etc.), e prevenire o arginare la malattia (olio di ricino e sciroppo d’arancio, camomilla e sambuco, coprire l’ammalato con coperte di lana, ungere le parti doloranti con estratto d’oppio e olio di mandorle, sfregare con pezze di flanella ruvide riscaldate). Grazie a queste precauzioni e accortezze morirono solo 15 persone.

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Chiuro è patria di Maurizio Quadrio, personalità di spicco che venne a contatto con Giuseppe Mazzini e da cui apprese ideali politici tali da muoverlo nella direzione della rivoluzione e della democrazia italiana.

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La fiera di S. Andrea rappresenta una delle più antiche feste del borgo. In origine durava tre giorni e principiava proprio il giorno di S. Andrea. Coincideva con la fine dell’autunno, quando i contadini avevano più disponibilità di provviste per l’inverno. La fiera era suddivisa in due manifestazioni; una, il 25 novembre, era quella del bestiame (almeno con una settimana di anticipo arrivavano gli allevatori per sistemare le bestie nelle stalle). Per i cittadini del borgo la fiera rappresentava un grande introito monetario per i negozianti, i ristoratori e i locandieri che ospitavano clienti da altri paesi che degustavano piatti tipici come la trippa con le verdure, la salsiccia con la polenta e il dolce “la cupeta”. La seconda parte della fiera si orientava sulla vendita di merci e grazie a interviste agli anziani del borgo sono venuti alla luce dettagli relativi alla vendita dei caratteristici biscottini “oss de mort” e il “ciapelé” che vendeva zufoli rossi immersi nell’acqua delle rape rosse. Come il ciapelé, altre figure oggi scomparse dalla fiera sono i cantastorie ( detti anche “saltapasti”), che narravano storie drammatiche e passionali, e il venditore di almanacchi: libricini acquistati dai contadini per conoscere le fasi lunari a regolare le loro attività.

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Chiuro è la terra natia di Bartolomeno Balgera, figlio di una delle pochissime famiglie scampate alla peste. Si tratta di un artigiano e artista che ideò apparecchi e congegni meccanici, ma ricordato forse più per i suoi straordinari mosaici costituiti da un minuzioso assemblaggio di piccolissimi pezzetti di vetro colorato. Il suo talento artistico gli concesse la medaglia d’oro all’Accademia degli Inventori di Parigi, esposizioni sia in Italia che all’estero e una lode da parte di Papa Leone XIII. Oggi purtroppo questa figura è quasi totalmente dimenticata e nel borgo non rimane tracce del suo operato.

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Sulla sponda sinistra del fiume, poco lontano dal ponte di Premelè e ubicato nel tratto di strada che da Castione, passando per Dusi, si trova un macigno che reca sulla superficie strane impronte. È come se qualcuno, dopo esservisi appoggiato, vi avesse impresso i segni del dorso e delle mani. Riguardo questi segni nascono alcune leggende. Si dice che il Diavolo desiderasse punire gli abitanti di Castione e di Chiuro e spingesse un masso sul monte Dalico affinché poi rotolasse sui paesi alla sua pendice. Ma Sant’Antonio gli mise il bastone tra le ruote e fece diventare il masso pesantissimo, così il diavolo, alla vista del santo con la croce in mano, fu spaventato a tal punto da scappare a gambe levate: i segni dei suoi balzi sono adesso impressi su tre massi ubicati lungo la strada del torrente. Un’altra leggenda vede nel segno l’impronta del ginocchio di Sant’Antonio, che alla vista del diavolo aveva fatto un balzo per raggiungerlo. Coloro che passano di lì allora dovrebbero baciare quel segno propiziandosi dell’aiuto del santo. Un’altra versione vede San Bartolomeo in groppa al suo mulo per raggiungere Castione: sul sasso ci sarebbe l’impronta di uno zoccolo di mulo lasciato da quello che trasportava il santo. Castione ha per patrono San Bartolomeo.

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Si racconta che un uomo una volta raggiunta Chiuro alla ricerca di ospitalità venne rifiutato da diverse famiglie e fu costretto a spostarsi a Ponte, dove invece venne accolto. Una volta qui meditò la sua vendetta sul borgo di Chiuro e ammucchiò dei massi davanti al torrente, poi scatenò un temporale. Così il ruscello esondò distruggendo la più florida contrada di Chiuro, Gera.

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Di particolare interesse artistico sono la Chiesa di San Carlo e il Santuario della Beata Vergine della Neve, sorti tra i secoli XVII e XVIII. L’opera architettonica nel suo insieme è stata eseguita a più mani da molti artisti illustri che si sono impegnati nella decorazione della facciata a capanna (impreziosita con le tre statue in stucco della Vergine, di S. Carlo e S. Andrea), del pronao e del colonnato, del campanile, del portale in marmi policromi, il cancello di ferro battuto, e i pregevoli affreschi sulla navata interna ad opera del pittore Giuseppe Coduri. La struttura racchiude anche antichi reliquiari, l’originale armadio della sacrestia con inserti in madreperla, alcuni turiboli, lampade votive, i dipinti di Giacomo Parravicini e le statue e bassorilievi di Casella.

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In contrada Castionetto sorge la cosiddetta Torre di Roncisvalle. Il massiccio edificio si affaccia sulla Valtellina e costituisce un punto d’osservazione preferenziale ancora oggi. Tradizionalmente, la si reputa appartenuta a Stefano Quadrio, membro della famiglia insediatasi a Chiuro durante il periodo cui, indicativamente, risale la costruzione. Nel 1487 la torre servì come baluardo difensivo contro la tentata invasione dei Grigioni, sotto la guida e strategia militare di Zenone Groppello. Dalla torre, accessibile mediante ponte levatoio, partivano un tempo viali e sentieri atti a connetterla a centri abitati, frazioni e altri luoghi d’interesse, i quali la rendevano di fatto un punto nevralgico difensivo e strategico per tutte le zone circostanti. Ad oggi la massiccia torre è oggetto di conservazione e preservazione, in quanto monumento, e i suoi interni sono ancora visitabili.

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Leggende raccontano che la torre in tempi immemori era abitata da un diavolo insolitamente insicuro e pavido. Alcuni curiosi desiderosi di vederlo si appostarono e un uomo della comitiva dopo aver sentito dei rumori entrò addirittura all’interno, riuscendo a vederlo. Il diavolo terrorizzato scappò all’aperto e batté forte il naso contro uno spigolo della costruzione, sgretolandola. Si mise quindi in salvo scavando una galleria sotterranea e non si fece più vedere. Ancora oggi alla torre manca un angolo, proprio là dove il diavolo avrebbe sbattuto il naso.

Spunti e videoludici

Segni impressi sulle pietre, segni impressi sulla terra, segni impressi sugli edifici: Chiuro vive di segni lasciati da santi, demoni, perfino dalle acque scroscianti dell’estate dell’87. Una narrativa videoludica non può che passare da tutte queste tracce.

Il collegamento di Chiuro e dei luoghi vicini alla Torre di Roncisvalle è senza dubbio interessante dal punto di vista spaziale. La Torre, fulcro degli ambienti circostanti (cui è legata da sentieri e vie) non può che fungere da affascinante meta ideale o punto d’arrivo per una narrazione che la sfrutti come raccordo o come nodo da cui dipanare esplorazioni o catene di eventi.

Asset disponibili: Il progetto “Chiuro, dal passato, il futuro” – promosso dall’associazione culturale Il Viale della Formica in partenariato con il Comune di Chiuro e con il contributo della Fondazione Pro Valtellina ha coinvolto l’Università di Bologna (e in particolare la Facoltà di Ingegneria e Architettura – Campus di Ravenna) con l’obiettivo di effettuare, attraverso una strumentazione all’avanguardia, una ricostruzione 3D degli edifici del centro. Gli asset sono a disposizione degli sviluppatori interessati a sfruttarli.

[Bibliografia]
Franco Monteforte e Ellida Faccinelli (a cura di), Territorio, economia e storia di una comunità umana, Biblioteca Comunale di Chiuro, Sondrio 1989.
Ellida Faccinelli Schiappadini (a cura di), testi di Armida Bombardieri e Pier Carlo Della Ferrera, Chiuro breve guida turistica, Biblioteca Comunale “L. Faccinelli”, Chiuro 1991.

[Sitografia]
PaesidiValtellina.it

Si ringraziano il Comune di Chiuro e l’associazione culturale Il Viale della Formica per la collaborazione

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