Descrizione
Costruita su di una rupe granitica a più di 850 metri di altitudine alle porte della Val di Genova (leggi la scheda dedicata), la chiesa cimiteriale di Santo Stefano domina sui comuni dell’alta Val Rendena. Priva di fondamenta interrate, essa è caratterizzata da un’unica navata in stile gotico protetta da un tetto in legno e presenta, sia al suo interno che al suo esterno, numerosi affreschi realizzati dalla famiglia di pittori itineranti Baschenis di Averara, in particolare da Simone II Baschenis. Di questi, i più significativi sono i tre cicli risalenti al 1519: la Leggenda di Santo Stefano, la Danza Macabra (entrambi composti da 20 tavole) e i Sette peccati capitali. Altre rappresentazioni importanti sono quelle dei quattro evangelisti, un’Annunciazione, una Crocifissione, l’Ultima Cena e Il privilegio di Santo Stefano di Rendena. Adiacente alla chiesa, sul lato sud-ovest, è posto il cimitero recentemente ampliato mentre, sul retro della struttura, una ripida scalinata porta sulla cima di una rupe con tre croci in legno simbolo del Calvario.
Cenni storici
La prima menzione che riguarda la chiesa risale al 1244 e la definisce una “primitiva cappella” dedicata a San Michele per poi rientrare ufficialmente, nel 1368, nel registro degli edifici dipendenti dalla Pieve di Rendena. La sua costruzione fu però attuata in diverse fasi. Durante la prima metà del XV secolo furono costruiti il coro e l’unica navata che caratterizza la chiesa, alla quale, essendo posizionata sull’apice una roccia scoscesa, si accedeva tramite una scala interna che collegava la zona inferiore con la sacrestia al presbiterio nella zona superiore. Nel 1513, una delle due campane del campanile a quattro bifore romaniche venne fusa mentre, nel 1519, la chiesa fu ampliata e la scala interna chiusa e sostituita da scala esterna, operazione che causò la perdita di alcuni degli affreschi. Quest’ultima, costruita in pietra granitica, presenta sul lato una nicchia che aveva la funzione di ristoro per i viandanti, mentre ai suoi piedi è un grande arco fa da ingresso all’antica sacrestia. La chiesa divenne cimiteriale a seguito della costruzione, nel 1751, dell’attuale chiesa parrocchiale di Carisolo dedicata a San Nicolò.
Focus narrativi
Uno degli affreschi più importanti della chiesa risale al 1534 e raffigura il battesimo di un catecumeno da parte di papa Urbano I al quale assiste anche Carlo Magno, circondato da vescovi, soldati e altri catecumeni. Dipinto da Simone Baschenis, è considerato una vera e propria testimonianza del passaggio del re dei Franchi nella Val Camonica e nel Trentino, il cui itinerario è riportato nell’iscrizione in latino medievale alla base dell’affresco. Partito da Bergamo, si pensa che il re possa aver toccato il passo del Tonale e le zone della Val di Sole fino ad arrivare a Carisolo.
In particolare, “la leggenda racconta che prima di arrivare a Pinzolo, Carlo Magno vide una chiesetta isolata su uno spuntone di roccia, vi si diresse e vi lasciò un documento con il racconto delle sue imprese” (VisitTrentino, vedi sitografia).
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Un’altra delle raffigurazioni più significative è quella della Danza macabra o Ballo della morte dipinta da Baschenis nel 1519 e riprodotta dallo stesso vent’anni più tardi nella poco distante chiesa di San Vigilio a Pinzolo. Confrontando le due opere si può notare come la tecnica sia meno matura nel primo ciclo mentre i testi che accompagnano i dipinti di Carisolo sono considerati più rilevanti. Uno dei primi esempi del tema della Danza Macabra risale agli inizi del Quattrocento ed è conservato nel cimitero dei Santi Innocenti a Parigi, anche se già nel Medioevo erano diffuse rappresentazioni di balli rituali di carattere religioso che ricordavano ai fedeli la fugacità delle cose terrene e l’esistenza della morte stessa. In particolare, la Danza Macabra di Carisolo potrebbe essere ispirata a quella di Clusone, località vicina al comune nativo della famiglia Baschenis.
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Tra gli affeschi della chiesa di Santo Stefano aleggiano anche due misteri. Il primo e più evidente riguarda la presenza di un tredicesimo apostolo nell’Ultima Cena, il quale si pensa possa essere un personaggio dell’epoca o un apostolo aggiuntosi in un momento successivo rispetto a quello dipinto ma inserito simbolicamente durante il banchetto. Il secondo mistero riguarda invece la Crocifissione nel quale il piede sinistro di San Giovanni, alla sinistra del Cristo, è dipinto con sei dita. Nonostante non vi sia ancora una spiegazione a riguardo, questa particolare caratteristica è presente anche in altre due opere della Val Rendena: una pala con la Madonna conservata a Massimeno e un dipinto della chiesa di San Vigilio a Pinzolo.
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A occidente, lo scoglio sul quale sorge la Chiesa dà sulla località Antica Vetreria, chiamata in questo modo a causa della presenza della “Fabbrica di Cristalli”. Costruita nel 1804 dai cognati Pernici e Bolognini, la vetreria rimase in attività sino al 1888 e sfruttava le vicine cave di quarzo, i boschi circostanti il cui legno veniva usato come combustibile e le correnti del fiume Sarca per alimentare i mulini. Al suo interno lavoravano circa 70 persone, andando a formare un vero e proprio complesso produttivo. Oggi la struttura è adibita a museo sulla lavorazione del vetro.
La Chiesa di Santo Stefano ospita da diversi anni il “VetroCenacolo”, una trasposizione in vetro del banchetto raffigurato nell’Ultima Cena ad opera di Silvano Signoretto e che simboleggia il profondo legame che il paese di Carisolo ha con questo materiale.
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Dalla roccia sulla quale sorge Santo Stefano è ben visibile anche l’Eremo di San Martino. Situato a più di 1200 metri d’altitudine, esso risale al 1312 ma fu ricostruito nel Quattrocento grazie al sacerdote Baldassarre Moroni, originario di Averana come i Baschenis, che vi passò la propria vita fino al 1512, anno della sua morte. L’Eremo fu poi abbandonato e più volte restaurato nel corso dei secoli successivi. In occasione della festa di San Martino, era tradizione per i fedeli di Carisolo salire all’Eremo in processione, partendo dalla Chiesa di Santo Stefano, per chiedere la benedizione del Santo.
Spunti videoludici
Il grande numero di affreschi e dipinti presenti all’interno della Chiesa rappresenta un’importante testimonianza dal punto di vista artistico e storico. Una trasposizione videoludica che indaghi le leggende e i misteri che connettono le varie raffigurazioni di Santo Stefano con altri lavori realizzati dalla famiglia Baschenis nella zona, potrebbe rendere le opere fruibili con maggiore facilità e favorire la loro conservazione.
Altro elemento significativo è la collocazione dell’edificio su di una rupe rocciosa, all’interno di un bosco, dalla quale è visibile tutto il territorio circostante. Grazie anche alla presenza del cimitero, questa posizione sopraelevata potrebbe dare vita a un’ambientazione notturna, cupa e misteriosa, interessante per lo sviluppo di una narrazione thriller.
Fonti e link
[Bibliografia]
– Mussi, D., Carisolo: storia e monumenti, Carisolo (TN), Pro Loco di Carisolo, 2010;
– Chiappani, F., Trenti, G., Santo Stefano in Carisolo: storia arte fede, Carisolo (TN), Pro Loco Carisolo, Gruppo per Santo Stefano, 2015.
[Sitografia]
Visit Trentino
Parco Naturale Adamello Brenta
Oltre il ponte
[Scheda Film Commission]
Trentino Film Commission