Descrizione
Tappa obbligata del Grand Tour, quel lungo viaggio nell’Europa continentale avente spesso come meta l’Italia compiuto da giovani nobili o ricchi europei a partire dal XVII secolo, le Catacombe dei Cappuccini sono un vasto cimitero costruito nei sotterranei del convento dei frati minori cappuccini di Palermo; la particolarità di questo cimitero è che, nelle gallerie scavate alla fine del XVI secolo in stile gotico, gli innumerevoli cadaveri qui custoditi, sottoposti preventivamente a tecniche di imbalsamazione, non sono nascosti dentro bare bensì esposti e visibili a tutti. Si è calcolato che il numero delle salme presenti si aggiri intorno a 8000 unità.
Le mummie, con indosso i loro abiti, appartenenti soprattutto a ceti alti a motivo del costo elevato del processo di imbalsamazione, sono divise per sesso e categoria sociale e sono disposte in piedi o coricate; nei vari “corridoi” si possono vedere prelati, commercianti e borghesi nei loro vestiti migliori, ufficiali dell’esercito in alta uniforme, giovani donne vergini morte prima di potersi sposare, famiglie disposte in piedi appoggiate a ringhiere, bambini…
Un elevato numero di salme appartiene ovviamente ai frati cappuccini e il primo a essere stato inumato all’interno delle catacombe fu proprio un frate, Silvestro da Gubbio, il 16 ottobre del 1599.
Cenni storici
Le Catacombe dei Cappuccini nacquero inizialmente come luogo di sepoltura dei soli frati del convento ed il loro successivo grande sviluppo è del tutto casuale.
Stabilitisi a Palermo presso la chiesa di Santa Maria della Pace nel 1534, i cappuccini per seppellire i propri confratelli dapprima utilizzarono una cisterna vuota, posta sotto l’altare di Sant’Anna, nella quale venivano calati, come in una fossa comune, i defunti; successivamente nel 1597 i frati decisero di realizzare un cimitero vero e proprio più grande e iniziarono quindi lo scavo delle Catacombe dietro l’altare maggiore.
Quando i frati iniziarono a traslare i resti dei loro confratelli seppelliti nella cisterna per portarli nel nuovo cimitero si accorsero che quarantacinque corpi erano rimasti praticamente intatti, mummificati naturalmente; il fatto venne interpretato come un miracolo e si decise di non seppellire più questi corpi ma di esporli in piedi dentro delle nicchie nel primo corridoio delle catacombe.
La notorietà a cui assurse il convento dei cappuccini fece sì che anche molti laici chiedessero di essere sepolti nelle catacombe e nel 1783 i frati decisero di concedere sepoltura a tutti quelli che potevano permettersi i costi dell’imbalsamazione; ciò comportò la necessità di ingrandire le catacombe e creare nuovi corridoi.
Dal Seicento all’Ottocento, in cambio di ricche donazioni, notabili siciliani e personaggi illustri, assieme alle loro famiglie, una volta defunti erano sottoposti all’efficace processo di mummificazione naturale sviluppato col tempo dai cappuccini e poi posizionati all’interno delle catacombe.
Il cimitero venne addirittura escluso da tutte le leggi che negli anni vennero promulgate in materia di sepolcri, come il regio decreto del 1710 che stabiliva di seppellire i cadaveri non più dentro le chiese ma ad oltre un miglio di distanza dall’ambito urbano.
Le Catacombe vennero chiuse definitivamente nel 1880.
Focus narrativi
Dopo la chiusura delle Catacombe solo altre due volte nei primi anni del ’900, in via eccezionale, sono state accolte delle salme: la prima, nel 1911, fu quella di Giovanni Paterniti, viceconsole americano, e la seconda, nel 1920, quella della piccola Rosalia Lombardo, morta alla età di due anni. La mummia di Rosalia è forse la più sorprendente e impressionante mummia delle catacombe dei cappuccini non presentando la minima traccia di decomposizione: ciocche bionde che avvolgono il viso paffuto e gli occhi socchiusi contornati da lunghe ciglia che sembrano solamente addormentati sono valsi alla mummia il nome di “bella addormentata di Palermo”.
L’imbalsamazione, richiesta dal padre della piccola Rosalia distrutto dal dolore, venne eseguita dal dottor Alfredo Salafia. Per diversi anni è stato un mistero il segreto della perfetta conservazione del corpo della bambina; solo nel 2009, grazie ad alcuni studi condotti sugli appunti di Salafia, si è capito che è stata usata una miscela di formalina, alcool, glicerina, acido salicilico e sali di zinco.
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Porre il proprio corpo nelle catacombe spesso non era volontà solo del defunto, che con ciò manifestava il desiderio di preservare il corpo a tutti i costi anche dopo la morte, ma spesso era una richiesta delle famiglie che così avevano la possibilità non solo di piangere presso la tomba del proprio caro ma anche di vederlo, di parlargli, di “fargli visita” come se ancora fosse con loro.
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Le Catacombe dei cappuccini in alcuni secoli di storia ha richiamato e affascinato molti intellettuali, poeti e scrittori di tutto il mondo: Guy de Maupassant, Alexandre Dumas, Thomas Mann, Mario Praz, Fanny Lewald e Carlo Levi. Il macabro spettacolo dei molti cadaveri esposti diventa infatti spunto di riflessione sulla brevità e caducità dell’esistenza, sulle vanità terrene e sull’inutilità dell’attaccamento degli uomini al proprio aspetto esteriore.
Spunti videoludici
Le Catacombe tracciano un’area circoscritta di tunnel sotterranei che richiama – sul fronte del design degli spazi – alla figura del labirinto.
La collocazione di 8.000 salme imbalsamate in uno spazio circoscritto connota fortemente l’area attorno all’universo della morte, che può naturalmente svilupparsi in diverse declinazioni, in termini di narrazione ed estetica: dalla retorica visiva del Memento mori fino ad atmosfere gotiche, horror o decadenti. Come in un’Antologia di Spoon River in salsa videoludica, ogni morto (o una selezione di essi) potrebbe avere un proprio universo – personale, culturale, di epoca storica – da esprimere e da mettere in relazione con gli altri: una narrazione lungo i corridoi delle Catacombe potrebbe seguire la voce dei morti e le loro storie, eventualmente interlacciate. Vedi l’esempio di What Remains of Edith Finch.
L’iconica presenza della salma di Rosalia Lombardo, che incorpora la coppia antitetica vita/morte (e in qualche modo la logica dualistica freudiana di Eros e Thanatos: pulsioni di vita vs pulsioni di morte): un corpo che concentra in sé la massima espressione di giovane vitalismo cristallizzato dalla mummificazione in una morte eterna e incorrotta. L’epiteto “la bella addormentata di Palermo” potrebbe suggerire una rilettura videoludica della fiaba in chiave gotica.
Sul processo di mummificazione, le sue pratiche, i suoi protagonisti potrebbe svilupparsi un titolo videoludico, lambendo in questo modo altre aree di senso come l’alchimia, la stregoneria e il genere horror. Il titolo potrebbe seguire eventualmente anche diverse epoche della pratica dell’imbalsamazione, a partire per esempio dall’Antico Egitto.
Fonti e link
[Bibliografia]
Raffaele Bernabeo, Evoluzione delle conoscenze sulla mummificazione e pietrificazione dei cadaveri e dei pezzi anatomici a scopo conservativo e dimostrativo, S.T.E.B., Bologna, 1960
Ivan Cenzi, Carlo Vannini (a cura di), La veglia eterna: catacombe dei Cappuccini di Palermo, Logos, Modena, 2014
Gian Luca Franchino, L’arte della mummificazione, Edizioni Ananke, 2007
Dario Piombino-Mascali, Il maestro del sonno eterno, Edizioni La Zisa, Palermo, 2009
[Sitografia]
Catacombe dei Cappuccini