Castello di San Pietro in Cerro

Descrizione

A soli quattro chilometri da Cortemaggiore, il Castello di San Pietro in Cerro è una preziosa struttura quattrocentesca, a oggi visitabile da cima a fondo. Le sue 33 opulente sale, riccamente decorate quanto arredate, sono aperte al pubblico e consentono così di rivivere l’atmosfera gentilizia del tempo, conservata in una costruzione che è rimasta intatta negli anni. L’austerità dell’esterno si contrappone a un interno raffinato, che punta all’eleganza: sale d’onore, soffitti lignei a travi, salotti nobiliari e fini decorazioni neoclassiche, tendaggi, collezioni di utensili, di armi e di inestimabili volumi, prigioni e stanze di servizio: gli ambienti del Castello, perfettamente restaurati, rendono a oggi in tutto e per tutto la sensazione di rivivere un passato remoto. La rocca ospita le opere del MIM, Museum in Motion, appartenenti a numerosi maestri italiani e non, ed esposte a rotazione.

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Cenni storici

Il Castello fu costruito su scelta di Bartolomeo Barattieri dal 1460 al 1491, probabilmente sulla base di una rocca già presente in precedenza, dal XIII Secolo. Barattieri, giureconsulto e ambasciatore di Piacenza presso la corte di Papa Giulio II della Rovere, aveva acquistato il feudo omonimo nel 1446 dalla vedova di Francesco Sforza, Bianca Maria Visconti, e utilizzò il castello come residenza fuori dalla città di Piacenza, dove la famiglia continuò a vivere per oltre quattrocento anni. I Barattieri mantennero il possesso della rocca fino al 1993, garantendo così con continui interventi l’ottima conservazione dei suoi ambienti esterni e interni. Dal 1993 Franco Spiaggiari è diventato proprietario del maniero, arricchendolo con opere e mostre itineranti e rendendolo disponibile al pubblico nella sua forma attuale.

Focus narrativi

Nei pressi del Castello, all’interno del suo ampio parco, Franco Spiaggiari (noto e stimato storico d’arte, nonché proprietario attuale del Castello) ha recuperato il deposito delle carrozze dei Barattieri e l’ha trasformato nella Locanda del Re Guerriero, un art hotel affrescato con le opere del MIM e nel cui cortile è ancora conservato il pozzo che faceva da abbeveratoio per i cavalli.

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All’interno della Biblioteca Storica del Castello è custodita una collezione di oltre 2000 volumi antichi sulla storia di Piacenza. A oggi questa è consultabile previo appuntamento.

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Numerosi i cimeli conservati nel Castello: dalle poltroncine, opulenti divani e tavolini dei salotti nobiliari agli utensili da cucina in rame (addirittura rarissimi piattini ovali per servire i dolci), dai lavelli in cotto ai ceppi cui venivano legati i prigionieri in una delle due torri. A ciò si legano le ricche decorazioni che affrescano le sale comuni, nonché la recente sala delle armi, con fucili, pistole e coltelli, archibugi, una fuciliera autentica della rocca, pezzi dalla guerra d’Indipendenza americana… una collezione che deriva da aste e acquisti privati di Spiaggiari e che in questo senso travalica, ed è l’unica a farlo, lo spazio e il tempo del Castello. Tutto contribuisce a far vivere questi spazi in una dimensione magica, paradossalmente sospesa nel tempo. Il fascino del luogo è evidente fin dall’esterno: un parco alberato di 20.000 mq puntellato da opere d’arte contemporanea, che ospita il giardino coi suoi viali intrecciati e su cui vegliano, da tempo immemore, dei secolari tigli.

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La precisa distribuzione di mobili, oggetti e decorazioni deriva da una rigorosa ricerca portata avanti da Franco Spiaggiari: “ogni giorno si scoprono nuovi dettagli. In passato, quando moriva il capofamiglia e si verificava il passaggio d’eredità, veniva censita tutta la fortezza. Grazie a questi documenti, siamo stati in grado di capire le funzioni originali delle stanze e riproporle tale e quali” (vedi sitografia).

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Nel 1998, il patrimonio custodito dal Castello ha attirato all’interno dei ladri. Da allora la struttura è messa completamente in sicurezza grazie a un ferreo sistema di sorveglianza.

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Nei sotterranei del Castello si trova una mostra permanente di 39 statue di Guerrieri di Xi’an, fedeli riproduzioni autenticate dal governo cinese, prima che smettesse di produrle nel 1993. Anche queste sono il frutto del collezionismo di Spiaggiari. Le statue di terracotta, di dimensioni naturali, sono posizionate nel III a.C. dinnanzi al mausoleo dell’imperatore Qin Shi Huang. Sorprendente il realismo delle sculture, che le fa apparire tanto naturali e sorprendenti da far sorgere, in chi le guarda, il sospetto che cambino espressione o che si spostino impercettibilmente. Affascinante la presenza dei guerrieri cinesi di terracotta a difesa delle fondamenta di un castello piacentino: segno dell’eclettica ricerca del proprietario del Castello, i cui sforzi hanno trasformato le fondamenta dell’edificio in un sepolcro. “Li ho amati subito quando li ho ammirati in Cina, perché provocano un interrogativo verso l’aldilà, un’emozione, un percorso di scoperta”, dice il proprietario, “nei miei viaggi in Cina, per lavoro, ho visitato il sito archeologico si vicino a Xi’an, nella provincia Shaanxi: i guerrieri in terracotta sono, in assoluto, ciò che mi ha colpito di più delle innumervoli meraviglie viste. Vestiti con corazze in pietra e dotati di armi, stanno a guardia dell’immortalità dell’imperatore, fedelissimi pronti a difenderlo sempre. Le statue colpiscono per il loro realismo e l’attenzione ai particolari: la tecnica usata per realizzarli consisteva nel compattare cerchi di argilla fino a creare un tubo (il torace) da completare con l’aggiunta di gambe e braccia. Sembra che li ricoprissero con blocchetti di argilla per creare le uniformi e successivamente decorare e colorare vivacemente le statue. Nel 1987 il mausoleo dell’imperatore Qin Shi Huang Di, di cui l’esercito di terracotta fa parte, è stato inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Qui a San Pietro ho voluto omaggiare l’ottava meraviglia del mondo” (vedi sitografia).

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All’oriente è dedicata anche la Sala Cinese, che prende il nome dal gusto per gli oggetti orientali cui la famiglia Barattieri, a suo tempo, non resistette, ed è riempita di cimeli e mobili dal gusto esotico.

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Nata nel 2001, la galleria del MIM raccoglie, tra le altre, le opere di numerosi artisti piacentini, pittori e scultori: Armodio, Carlo Bertè, Sergio Brizzolesi, Gustavo Foppiani, Alberto Gallerati, Giorgio Groppi, Cinello Losi, Ludovico Mosconi, Francesco Perotti, Luciano Spazzali e William Xerra.

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Spiaggiari racconta di condividere la sua vita al Castello con un fantasma. Tale fantasma si sarebbe manifestato, sulle prime, accendendo e spegnendo luci in alcune stanze. Si dice che sia il fantasma di Agata, una fanciulla di cui si sa ben poco. Una leggenda vuole che “a inizio Cinquecento, viveva nelle terre attorno alla roccaforte una giovane e bella ragazza a servizio nella corte dei nobili Barattieri. La fanciulla, innamorata corrisposta di uno scudiero, decise di coronare il sogno d’amore sposandolo. Un nobile del luogo però, invaghito della bella fanciulla, la volle per sé. Lo scudiero allora, ferito nell’orgoglio e per vendicare l’amata, pugnalò a morte il nobile. Arrestato, dopo un processo sommario, lo scudiero venne impiccato in piazza Cittadella a Piacenza. La giovane, disperata senza il suo amore, si tolse così la vita gettandosi dalla torre del Castello di San Pietro in Cerro proprio sulla porta a sud” (vedi sitografia). Sarebbe questo fantasma innamorato e benevolo, del tutto scevro dalla disperazione che ne ha contraddistinto la morte, e che si manifesti soltanto quando nell’aria ci sono emozioni positive, o eventi felici.

Spunti videoludici

Inestimabili opere d’arte, antiche o contemporanee, un grande giardino, un padrone di casa eclettico, un’ambientazione esclusiva: il Castello di San Pietro in Cerro si presta a fare da location per un videogioco d’azione o d’infiltrazione proprio per il suo eclettismo e per il gusto esotico della sua eterogeneità, tra collezioni d’arte moderna e guerrieri in terracotta nascosti in cantina. Facile giustificare la ricchezza e la cura con cui viene custodita la rocca, altrettanto facile trasformarla in un covo di nobili malviventi che attende soltanto di essere espugnato, o che ben si presta a uno scontro tra più fazioni in lotta per la supremazia.

Affascinante poi il risvolto narrativo dell’edifico, che custodisce una tale varietà di storie (e di fonti, vedasi la Biblioteca) presenti e passate, da Piacenza alla Cina Imperiale, dall’Indipendenza americana alle leggende popolari, da chiedere a gran voce l’invenzione di un filo rosso in grado di collegarle tutte, restituendole come un tutt’uno organico e facendone mondo per un utente curioso, affascinato dalla sospensione magica del luogo e dai suoi misteri, ma soprattutto dalle vicende che ad oggi è ancora in grado di raccontare con tanta precisione e rispetto.

[Bibliografia]

– Carmen Artocchini, Castelli piacentini, Piacenza, TEP, 1967.
– Carlo Perogalli, Castelli e rocche di Emilia e Romagna, Novara, De Agostini, 1981.

[Sitografia]

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