Castello di Montechiarugolo

Descrizione

Costruito nel XIV Secolo, il Castello di Montechiarugolo si erge su uno strapiombo che troneggia sul torrente Enza, affluente appenninico del Po. Preziosa commistione di struttura fortificata e dimora nobiliare, l’edificio accoglie tra le sue numerose sale affrescate tramite un ponte levatoio e si appresta a raccontare una storia avvincente, fatta anche di battaglie di forte risonanza, che si divincola tra nobili famiglie e passaggi di proprietà. Tra le stanze del maniero, poi, vuole la leggenda che si aggiri una fata protettrice il cui corpo giace, mummificato, alla vista dei visitatori.

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Cenni storici

Il Castello sorse su un presidio preesistente, costruito nel 1121 dai Sanvitale e poi completamente distrutto durante una ribellione delle famiglie Sanvitale, Baratti e Palù ai guelfi, nel 1313. Dopo la sua ricostruzione, varie altre vicende lo portarono a cadere nelle mani dei Visconti di Milano. Di questi, il duca Gian Maria Visconti donò il feudo di Montechiarugolo a Guido Torelli, un valoroso condottiero al servizio della famiglia. Presa in moglie Orsina Visconti, egli si infeudò nel castello nel 1406. Dopo la sua morte (1449) i figli si spartirono i possedimenti del padre. Nel 1499 lo scontro tra Luigi II di Francia e Ludovico il Moro fu occasione di uno dei più eclatanti assedi visti dalla rocca di Montechiarugolo: legato alla dinastia milanese, questo nel 1500 venne devastato e saccheggiato come il borgo vicino. Dopo il passaggio di Parma sotto il papato di Paolo III la signoria va in mano a Pomponio Torelli, stimato letterato nonché precettore del figlio di Alessandro Farnese. La sua gestione del Castello gli rese le decorazioni e il carattere di residenza gentilizia che ha ancora oggi. La contea di Montechiarugolo ebbe fine nel 1611, quando il figlio di Pomponio venne accusato assieme ad altri nobili di aver congiurato contro il duca Ranuccio I Farnese e fu spogliato di tutti i beni e condannato a morte. Il Castello passò alla Camera Ducale di Parma e divenne un magazzino destinato a beni alimentari. Di grande rilevanza la battaglia di Montechiarugolo del 1796, commemorata dallo stesso Napoleone e indicata come prima avvisaglia del Risorgimento Italiano. Dopo l’Unità d’Italia, nel 1864 l’edificio venne consegnato ad Antonio Marchi e divenne proprietà della famiglia.

Focus narrativi

Il 4 ottobre del 1796 la battaglia di Montechiarugolo infuriò nel castello. Fu uno scontro di dimensioni alquanto ristrette, ma destinato ad avere grande risonanza culturale. Accadde che un gruppo di soldati dell’esercito austriaco si trovasse in fuga dalle truppe napoleoniche verso il Granducato di Toscana. L’appena nata Repubblica Reggiana inviò allora una spedizione che, favorita dall’intervento di alcuni soldati francesi, costrinse gli austriaci a rifugiarsi nel castello di Montechiarugolo. Qui la battaglia costrinse gli austriaci alla resa. La grande risonanza dello scontro deriva dal fatto che fu il primo che vedeva contrapposti un corpo militare italiano e un esercito straniero: precorse cioè quelle che sarebbero state le guerre d’Indipendenza successive. Napoleone commemorò i caduti nello scontro, in quanto primi a versare il sangue in nome della libertà. Numerosi gli storici che sostengono che i soldati della Repubblica Reggiana combattessero già sotto lo stendardo del tricolore, malgrado questo non avesse al tempo alcun significato politico.

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Una piccola e buia stanzetta limitrofa alla camera in cui probabilmente studiava e dormiva Pomponio Torelli conserva una teca di vetro nella quale è contenuta una mummia egizia ritrovata nel XVIII Secolo all’interno del Castello. La leggenda vuole che la mummia appartenga a Bema, personaggio al centro di molte vicende alternative. Si dice che ogni volta che qualcuno prova a spostare la mummia da Montechiarugolo si verifichino cataclismi, inondazioni o terremoti.

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Una delle versioni della leggenda di Bema la dipinge come una donna bella ed elegantissima, fedelmente servita da una guardia armata, invitata da Pomponio a una delle numerose feste danzanti che radunavano al castello i nobili di tutta la provincia. Durante la serata Bema iniziò a predire il futuro degli invitati. Quando Pio, figlio di Pomponio, volle che gli venisse predetto il suo Bema però si rifiutò di prestarsi: venne spinta soltanto dalle altre dame, astiose e invidiose, che vollero provocarla facendole fare ciò che evidentemente la contrariava. Bema disse di vedere un lago di sangue su cui galleggiavano teste mozzate di nobili, tra cui anche quella di Pio. Terminata la festa, Bema venne arrestata e rinchiusa nella Rocchetta (prigione nel cuore di Parma). La sua fedele guardia armata la fece fuggire, ma anziché allontanarsi ulteriormente la Bema volle tornare al castello di Montechiarugolo, chiedendo l’aiuto di Pomponio. Qui, ottenuta la grazia per le intercessioni del nobile, la donna iniziò a vivere divenendo quasi parte della famiglia. Pio si innamorò addirittura di lei, ma saggiamente questa lo respinse a causa della differenza di ceto tra i due. Un giorno Ranuccio Farnese, che voleva impadronirsi dei beni del ducato, accusò tutti di un complotto ai suoi danni: più di cento persone furono arrestate, tra cui lo stesso Pio. Dopo l’arresto di quest’ultimo, un tentativo di fuga fallito vide morire la guardia di Bema e di nuovo arrestare il condannato, che fu poi giustiziato nel 1612. Così la profezia di Bema sembrava compiersi. La Bema rimase sola al castello e invecchiò nell’amore e benevolenza dei cittadini del borgo, fino a che un giorno non scomparve senza lasciare traccia. Si dice allora che la mummia appartenga a lei, troppo affezionata a quegli spazi per abbandonarli per sempre. Si dice infatti che la mummia venisse ritrovata con un vicino messaggio: “Della Bema questo è il corpo, chi felice viver vuole non lo tolga dal suo letto”. Sempre secondo questa versione della leggenda, infine, si dice che nella notte tra il 18 e il 19 maggio, data dell’esecuzione di Pio Torelli, il fantasma della donna vaghi disperatamente per il castello e si affacci infine da uno dei terrazzi in direzione di Parma, ove lo sventurato venne ucciso. Per i cittadini del borgo la presenza di Bema è connotata positivamente: la donna, benevola e gentile, sembra essersi trasformata in un’entità a protezione del castello e degli abitanti vicini.

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Altra versione vede Bema come una fata. Durante una delle numerose feste al castello, un nobile crudele e prepotente che non era stato invitato scagliò una maledizione su tutti gli invitati, trasformandoli in pietra. Non abbastanza potente da sciogliere il maleficio, la Fata Bema vincolò il luogo con un incantesimo: quando due persone pure di cuore fossero entrate nel castello la notte di capodanno, la festa avrebbe ripreso vita per un’ultima ora, prima di tacere per sempre.

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Altra leggenda, non esplicitamente legata a quella della Bema, vede il fantasma di una donna comparire a tutti i membri della famiglia Torelli tre giorni prima della loro morte. Si dice che si trattasse di una donna in cerca di vendetta, magari morta a causa della famiglia in tempi più remoti rispetto alla permanenza al Castello di Montechiarugolo.

Spunti videoludici

Se la versione più attinente alla realtà della leggenda di Bema è carica di tristezza e romanticismo, la sua controparte fiabesca rimanda direttamente a tematiche ben più universali, struggenti e allegoriche. L’idea della festa pietrificata, destinata a danzare di nuovo per un’ultima ora e poi dissolversi nel nulla, sembra chiedere a gran voce di essere rappresentata: potrebbe fare da inizio poetico ed evocativo, o in alternativa da struggente conclusione al viaggio di due protagonisti che si imbattono più o meno per caso nel castello. La storia della Brema, comunque si presenti, è carica di risvolti narrativi videoludici: un investigativo inquietante che abbia a che fare con la mummia e la maledizione che grava su di essa, una rivisitazione delle vicende che legarono la donna a Pio Torelli, una vicenda ambientata nel borgo che abbia la storia della Brema come sfondo sono tra le prospettive più affascinanti che prevedano una riproposizione della leggenda.

In alternativa la valorizzazione della battaglia di Montechiarugolo come evento cardinale nella nascita di un’idea di nazione non può che sfociare in un racconto interattivo, oppure ancora in una ricostruzione strategica degli eventi di quel giorno. Essendo la battaglia di ridotte dimensioni, la migliore via percorribile sembra quella della gestione, da parte del giocatore, di un ridotto manipolo di uomini a volta.

[Bibliografia]

– Rossella Cattani, Stefania Colla, Il Castello di Montechiarugolo… fortissima e inespugnabile fabrica, Parma, MUP, 2006.

[Sitografia]

Comune di Montechiarugolo
Castello di Montechiarugolo . it
Gazzetta di Parma

 

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