Castello di Gropparello

Descrizione

Il castello domina la vallata da uno sperone roccioso sotto cui scorre il torrente Vezzeno in una profonda gola di circa 85 metri. Il luogo è stato abitato da figure importanti della storia italiana, soprattutto tra il Medioevo e l’età Moderna. Oggi si trova all’interno del primo Parco Emotivo d’Italia e, leggenda narra, che il fantasma di una donna in pena si aggiri ancora tra le sue stanze.

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Cenni storici

Edificato intorno all’VIII secolo sui resti di un preesistente centro romano, il castello vive il periodo di massimo interesse storico nel Medioevo. La roccaforte si trova infatti in territorio piacentino e si costituisce come unico dominio guelfo sul territorio circostante. Affidato da prima dell’anno 1000 al vescovado di Piacenza, è teatro di scontri con la fazione ghibellina e assediato due volte in cinque anni (nel 1255 e nel 1260) per conto di Oberto II Pallavicino, condottiero e sostenitore di Federico II di Svevia, che svolse un ruolo decisivo in terra emiliana e lombarda per le conquiste dei maggiori centri urbani: Parma, Piacenza, Brescia, Pavia e Cremona. Nell’aspra lotta contro il Papato, Oberto II non riesce tuttavia a espugnare l’imponente struttura di Gropparello.
Dopo essere passato dalle mani di alcune famiglie nobili, tra cui Fulgosi e Sforza, si segnala l’assegnazione del feudo comprendente il castello al celebre Ranuccio I Farnese, che lo dona alla famiglia Anguissola. Questa manterrà il possedimento fino all’Ottocento.
Furono poi apportate significative modifiche strutturali, soprattutto grazie agli interventi dell’architetto Camillo Guidotti per volere del conte Ludovico Mazzarani-Visconti.
Oggi appartiene alla famiglia Gibelli.

Focus narrativi

La posizione strategica del castello ha concesso, nel corso dei secoli, la pressoché totale inespugnabilità, nonostante i diversi tentativi di assedio. Il colpo d’occhio dalla valle gioca un ruolo funzionale, atto a scoraggiare i nemici che ne hanno tentato la conquista. Dalla torre più alta è possibile spaziare il proprio sguardo su tutta la Pianura Padana, un panorama unico e mozzafiato.

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In epoca federiciana si verificano aspri scontri lungo tutto lo stivale; sono diversi i seguaci dell’imperatore germanico, uomini d’arme italiani come Oberto II, che vanno in cerca di gloria sfidando la potenza papale nel nord della penisola. Figura controversa, diviene vicario imperiale ma, dopo la morte di Federico II (1250), si allea con le fazioni guelfe e trionfa nella Battaglia di Cassano (1259) insieme ad altre famiglie guelfe (tra cui gli Este di Ferrara). Un episodio curioso lo riguarda nella descrizione che ne fa Salimbene de Adam nella sua Cronica, il quale “tratteggia l’aspetto fisico del marchese in modo poco rispondente a quello che si si ritiene proprio di un condottiero: precocemente invecchiato, gracile, cagionevole di salute, e per di più privo di un occhio che un gallo gli aveva strappato quando era ancora in culla” (da Elisa Occhipinti in Enciclopedia Federiciana, 2005).

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Ranuccio I Farnese fu figlio del valoroso condottiero Alessandro Farnese, distintosi nelle Fiandre e nella battaglia di Lepanto al servizio della corona spagnola. Ranuccio, per conto del padre (figura ingombrante in quanto a fama, ma assente nella quotidianità del figlio nel ducato di Parma e Piacenza), fece costruire numerose strutture che ancora oggi celebrano i fasti della famiglia nelle due città emiliane: un esempio su tutti il Teatro Farnese a Parma. Ricordato come giurista all’avanguardia, promulgò le Costituzioni nel 1594, con cui si adeguava ai principali esempi europei, grazie all’abolizione del lavoro nei giorni festivi, la bonifica di paludi, lo smaltimento dei rifiuti in buche sotterranee. Nonostante ciò, la fama di Ranuccio è offuscata da diversi episodi di crudeltà e dai metodi spietati utilizzati contro i propri oppositori. Si è scritto che fu “uomo dalla religiosità profondamente intrisa di superstizione, solito ricorrere a esorcisti, impostori e ciarlatani, frequentatore abituale di celebri santuari (nel 1607 si recò a piedi a Loreto), attribuì la propria malferma salute e le difficoltà ad avere eredi alle pratiche magiche dell’ex amante Claudia Colla e della madre Elena” (da G. Fragnito, Dizionario biografico degli italiani). A titolo esemplare, fu vittima di una congiura da parte di alcuni nobili: tramandataci come la “gran giustizia”, il conte fece giustiziare i sette feudatari traditori nell’odierna Piazza Garibaldi a Piacenza il 19 maggio 1612. L’evento ci viene tramandato come raccapricciante, soprattutto per i dubbi nutriti da alcuni storici riguardo alla sua veridicità: si pensa che Ranuccio abbia inventato tutto di sana pianta soltanto al fine di liberarsi dei propri avversari. Le sette teste dei malcapitati furono appese ed esposte sui chiodi del patibolo.

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A conferma della fama di malvagio tiranno, si pensa che lo scrittore Stendhal si sia ispirato a Ranuccio I per il nome del duca del romanzo La Certosa di Parma (Ranuccio Ernesto IV).

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Tra gli altri personaggi, risulta interessante anche il conte Ludovico Marazzani che ci viene tramandato come “cultore di storia” che “partecipa alla terza guerra d’Indipendenza come ufficiale degli ussari” (da Archivio di Stato di Piacenza, vedi fonti e link). È possibile condurre ricerche e approfondimenti nel cospicuo Archivio di Famiglia, conservato oggi all’Archivio di Stato.

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Oggi al castello è possibile visitare il primo Parco Emotivo d’Italia (Parco delle Fiabe) e il Museo della Rosa Nascente. Il roseto comprende più di 1000 piante di 125 varietà diverse.

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Si narra che il castello sia infestato dai fantasmi dei guerrieri caduti in battaglia nelle varie epoche. Ma il più celebre spettro tra gli amanti del paranormale è quello di Rosania Fulgosio. La vicenda è ambientata intorno alla fine del 1200, quando il signore del castello Pietrone da Calcagno parte per la guerra lasciando sola la moglie Rosania. La rocca viene presa d’assedio dal capitano del marchese Pallavicino, Lancillotto Bracciforte o Anguissola (qualche incertezza nelle fonti sul cognome), che si innamora della signora del castello, stregato dalla sua bellezza e rinuncia alla guerra. Quando il marito della donna fa ritorno al proprio castello, informato da una serva dell’accaduto, fa narcotizzare Rosania durante un banchetto e la punisce per il tradimento murandola viva nelle segrete del castello. Oggi il fantasma di Rosania sembra che infesti ancora le stanze del castello.

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Nel 2008 il regista Giuseppe Zironi ha diretto il film La fuga di Rosania (visibile integralmente su Youtube https://www.youtube.com/watch?v=TQeJuwtodsQ), dove mette in scena la drammatica storia d’amore tra la donna e il capitano di ventura.

Spunti videoludici

Il castello offre numerosi spunti per l’ambientazione di giochi di vario genere. Anzitutto lo strategico-gestionale, in virtù delle qualità paesaggistiche e logistiche del luogo, offrono diverse possibilità di messa in scena di assedi in epoca medievale, sulla falsariga di Stronghold o Medieval: Total War.
La vicenda del fantasma di Rosania è adatta per lo sviluppo di avventure grafiche o survival horror dai toni dark e gotici. Colpiscono, a tal proposito, anche le notizie inusuali e di certo dal carattere originale giunteci nei documenti storici, come l’episodio del gallo che strappa l’occhio del piccolo Oberto II o la congiura ai danni di Ranuccio I Farnese: ciò costituisce un materiale di indubbia potenzialità narrativa videoludica.
A carattere prettamente scientifico risultano interessanti gli ultimi eventi svoltisi nei luoghi del castello, come il Parco Emotivo e il Museo della Rosa, che ben si prestano allo sviluppo di app per visite guidate o di catalogazione botanica.

[Bibliografia]

– C. Artocchini, Castelli piacentini, Piacenza, Edizioni TEP, 1967.
– G. Fragnito, Ranuccio I Farnese, in Dizionario biografico degli Italiani – Volume 86 (2016), Treccani, consultabile all’indirizzo http://www.treccani.it/biografico/elenco_voci/.
– E. Occhipinti, Uberto Pallavicini, in Enciclopedia Federiciana, 2005, consultabile all’indirizzo http://www.treccani.it/enciclopedia/elenco-opere/Federiciana.
– Salimbene De Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, Parma, Monte Università Parma, 2007.

[Sitografia]

Turismo Piacenza
Britannica.com
Archivio di Stato Piacenza
Giuseppe Zironi, La fuga di Rosania (film)

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