Castello di Cimbergo

Descrizione

Il Castello di Cimbergo è una rocca medievale costruita intorno al XII secolo nell’omonimo borgo in Valle Camonica. La fortezza sorge a picco sulla sommità di un promontorio, dominante la valle del torrente Re. Appartenuto a diverse famiglie nobili valligiane, il castello fu teatro delle lotte locali tra Guelfi e Ghibellini. Venne lasciato diroccare a partire dal XVIII secolo; distrutto da un incendio, il castello è ora un rudere di cui rimangono poche mura.

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Cenni storici

Le origini del castello sono incerte: non si conosce la famiglia che diede inizio ai lavori ma è noto che la rocca venne edificata a partire dal XII secolo. La fortezza fu sempre simbolo dei Guelfi valligiani e negli anni resistette a numerosi assalti da parte delle famiglie Ghibelline.
L’appartenenza guelfa fu mantenuta fino al 1288, anno della grande rivolta camuna, quando il castello venne assediato ed espugnato dai bresciani, alleati dei milanesi.
In periodo di dominazione veneziana, il castello fu controllato, tra il 1428 e il 1439, da Bartolomeo da Cemmo; la fortezza venne poi assediata e conquistata dalla famiglia Federici, segretamente alleata dei milanesi. Ne seguì l’ennesima campagna militare e nel 1441 le truppe veneziane riconquistavano il borgo e la rocca.
Affidati alla famiglia Lodrone, il borgo e il castello rimasero fedeli alla Serenissima in tutti i conflitti contro Milano.
Nel XVIII secolo, la fortezza venne semi distrutta da un incendio. Il castello passò quindi nelle mani delle famiglie del borgo: diroccato e senza funzione strategica, venne utilizzato come cava per la costruzione del campanile di Cimbergo. Da quel fatale incendio, restano i ruderi che ancora oggi possono essere ammirati.

Focus narrativi

Nell’area di Cimbergo e della rocca sono stati ritrovate numerose incisioni rupestri lasciate dall’antico popolo preistorico dei Camuni, rappresentanti case, armi, ruote e figure antropomorfe. Il promontorio della fortezza, inoltre, veniva probabilmente utilizzato come luogo di riparo dai cacciatori della zona: sono stati infatti ritrovati resti di abitazioni e rifugi nella roccia.

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L’aspetto originale del castello di Cimbergo è difficile da ricostruire: lo storico bresciano Favallini lo descrive non molto esteso ma tozzo, dalla pianta pentagonale, circondato da terrapieni e muraglioni e dotato di sotterranei. Era utilizzato come fortilizio e punto di osservazione sulla valle e succeddivamente adibito ad abitazione. Al giorno d’oggi rimangono solo parte delle mura merlate, il portale d’ingresso e alcune finestre.

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Difficile è anche stabilire chi l’abbia progettato e chi abbia iniziato i lavori. La rocca originariamente venne costruita, probabilmente, per contrastare le frequenti invasioni degli Ungari del IX secolo. La struttura attuale venne edificata da una famiglia nobile locale tra il XII e il XIII secolo; i primi proprietari vengono tradizionalmente individuati nella famiglia Antonioli. Il castello è nominato per la prima volta negli Statuti Bresciani del XIII secolo: qui si dice che il 2 gennaio 1158 Cimbergo venne infeudata dal Vescovo di Brescia e Duca di Valle Camonica, ai fratelli Martinengo di Brescia. Successivamente passò di proprietà in proprietà tra numerose famiglie nobili, seguendo le sorti del feudatario della Contea di Cemmo, sempre legato alla Curia bresciana e alla causa guelfa. Nel 1439 il castello venne conquistato dal ghibellino Minolo Federici e dai suoi fratelli, che ingannarono Venezia fingendosi alleati, mentre in realtà tramavano con i milanesi per il controllo della zona. La fortezza venne quindi risistemata a dimora.

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Nel 1411 arrivarono i veneziani e nel 1438 la Serenissima diede l’investitura della contea, e quindi del castello, a Paride di Lodrone. Nel 1455, terminate le ostilità con Milano, Venezia dispose di distruggere tutte le fortezze in Valle Camonica ad eccezione dello strategico castello di Breno. L’unica altra fortezza risparmiata fu proprio il castello di Cimbergo, che non venne demolito come atto di benemerenza nei confronti dei fedeli Lodrone. La famiglia trentina, discesa nella Pianura Padana per combattere i Visconti, abitò la rocca fino al famoso incendio che la distrusse nel XVIII secolo. I Lodrone vendettero quindi la proprietà alla vicinia del borgo.

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Una tradizione orale locale, storicamente non verificata, afferma che l’imperatore Federico Barbarossa soggiornò nel castello durante una delle sue numerose discese in Italia.

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Il 6 luglio 1355, come rappresaglia per una rivolta contro i Visconti, Bernabò Visconti fece impiccare nel castello, in una sola giornata, 38 guelfi. L’episodio generò terrore nella Valle e venne ricordato per numerosi anni a venire.

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Durante le sanguinose lotte tra Guelfi e Ghibellini valligiani, un prete di nome Martino Maggiorati tentò di portare la pace tra le due fazioni: il 2 marzo 1378, il sacerdote riuscì a far riunire nel castello di Cimbergo un assise con tutti i capi famiglia valligiani, Guelfi e Ghibellini, quali i Lozio, i Federici, gli Albrici e i Ronchi di Breno. La pace sembrava vicina: le famiglie si sarebbero impegnate a restituire le fortezze e i territori conquistati a danno delle altre, ma l’accordo fallì quando la famiglia Nobili si rifiutò di riconsegnare il forte del Dosso di Cemmo, da poco conquistato. Le violenze proseguirono.

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Il castello di Cimbergo, secondo alcuni, è l’ambientazione di una leggenda locale, quella della principessa Camilla. Di seguito un riassunto della novella nella versione di Romelli. Dieci, cento, mille anni fa, in un castello, tutti erano felici e si dedicavano agli ozi. Tutti tranne la principessa Camilla, tanto bella quanto infelice. La ragazza non voleva la spensieratezza e la baldoria del castello, ma desiderava scappare e aiutare i bisognosi. Una notte, eludendo le guardie, riuscì a scappare dalla rocca e iniziò la sua caritatevole missione. Con il passare degli anni la sua leggendaria bellezza svanì, lasciando il posto ad una donna sfiorita dalla fatica e dal lavoro. Tuttavia i bisognosi, a cui lei si dedicava, continuavano a vederla come un angelo bellissimo. Un giorno, sfinita, cadde esausta in un bosco. Quando finalmente la poverina spirò, le giunse incontro uno spirito etereo, che le disse: “muori in pace tu che hai sofferto, perché sulla tua tomba in memoria di te spunterà un umile fiore che sarà di conforto a quelli che hai amato”. Quando il giorno dopo i contadini trovarono la salma, la seppellirono e subito un fiore bianco e giallo spuntò e crebbe in gran numero sulla tomba. Quel fiore umile prese poi il nome della principessa (camomilla) ed esercita da allora una nobile missione, essendo la “medicina del povero”.

Spunti videoludici

Le rovine del castello, che affiorano dalla cima del colle, sono di grande impatto visivo. Pochi muri aguzzi creano un ambiente spettrale, che fa intuire il passato sofferto della struttura. Il largo spiazzo erboso, dove ora giacciono le rovine, può essere un ottimo modello per un’arena di combattimento, ad esempio per un picchiaduro, per un duello medievaleggiante o per la resa dei conti con qualche antica entità pagana.
L’insolita pianta pentagonale, il mistero delle sue origini, le cruenti morti dei 38 Guelfi del 1355 e il grande incendio che distrusse la rocca, sono elementi che accendono l’interesse di molti appassionati di occulto e mistero. Le cronache dei secoli passati e di inizio ‘900 parlano inoltre della presenza di sotterranei soggiacenti al castello, tuttavia al giorno d’oggi non sembra essercene traccia.
Come tante altre località della Valle Camonica, anche il rilievo su cui sorge il castello di Cimbergo venne frequentato sin dalla preistoria. Le incisioni rupestri camune, vicinissime alle rovine medievali, creano una verticalità storica interessantissima per una narrazione che si svolge nell’arco di più secoli.

[Bibliografia]

– Bortolo Rizzi, Illustrazione della Valle Camonica, Pisogne, Pietro Ghitti Librajo, 1870.

[Sitografia]

Fondo Ambiente Italiano
Intercam

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