Castel Sismondo

Descrizione

Il castello di Rimini, o Castel Sismondo, è comunemente ritenuto il capolavoro per eccellenza dell’architettura militare malatestiana. Esso doveva essere la reggia di Sigismondo, da cui prende il nome, affinché rappresentasse al meglio il suo potere. Le sue cinte murarie irregolari e l’imponenza delle sue torri contribuiscono a dare all’edificio un aspetto poderoso, sostenuto anche dalla sua imponente grandezza. La bislacca distribuzione di alcuni elementi portanti deriva in parte dalla necessità di adeguarsi a strutture preesistenti, in parte dalla volontà di costruire una vera e propria cittadella fortificata e all’avanguardia, che testimoniasse la potestà dei Malatesta sulla città di Rimini.

Location

Get directions

Cenni storici

Sigismondo Pandolfo Malatesta ordinò la costruzione del castello nel 1437, momento di massima prosperità per la famiglia dei Malatesta. Fu Sigismondo stesso a condurre i lavori di costruzione, basandosi sulla propria esperienza militare per ottimizzare le caratteristiche difensive della rocca e delle fortificazioni circostanti, ma al cantiere ricevette l’aiuto di numerosi condottieri, nonché degli architetti Filippo Brunelleschi, Cristoforo Foschi e Matteo Nuti. Benché sia possibile che la rocca non sia stata completata come prevedevano i progetti iniziali, la gran parte dei lavori di costruzione fu conclusa nel 1446, e solo alcuni si protrassero fino al 1454. La caduta dei Malatesta gettò, dalla fine del XV secolo, il Castello Sismondo in un lungo periodo di decadenza. Dapprima venne destinato al solo scopo militare, con tanto di ristrutturazioni la cui necessità era determinata dall’avvento delle armi da fuoco e dal ricalcolo degli assetti difensivi in base a quest’ultimo.
Tale processo di rinnovamento venne portato avanti a seguito del sopralluogo, nel 1503 (in piena dominazione veneziana) dal provveditore Vincenzo Valier. Furono allora introdotti dei bastioni poligonali al posto dei precedenti quadrati, e fu rivisto l’assetto della cinta muraria. Altri cambiamenti seguirono tra il 1626 e il 1626, quando l’edificio prese il nome di Castello Urbano in onore di papa Urbano VIII. Dal 1821, dopo ulteriori cambiamenti strutturali, il castello divenne caserma dei carabinieri, poi un deposito, infine nel 1857 una prigione. Prima di assumere il ruolo attuale, il Castello è rimasto una prigione fino al 1967.

Focus narrativi

Inizialmente il palazzo doveva avere una dimensione spiazzante, che però per vari motivi non è quella che ci è pervenuta fino a oggi. La sua grandezza originaria è ad oggi ricordata da poche testimonianze, tra cui una medaglia celebrativa a opera di Matteo de’ Pasti e un affresco di Piero della Francesca. In entrambe, la gigantesca costruzione svetta con le cinque torri ripide e incurvate, tra le quali è piazzato il robusto edificio centrale, protetto da due cinte di mura.

***

La costruzione del castello richiese inizialmente la demolizione di vari edifici preesistenti, tra i quali il vescovado, il Battistero di San Giovanni e il convento di Santa Caterina, nonché l’intera sommità del campanile della cattedrale.

***

La costruzione del castello ebbe inizio il 20 maggio 1437 alle ore 18.48. Una decisione così specifica si deve ai calcoli degli astrologi di corte.

***

Nel De re militari Roberto Valturio declama le enormi dimensioni del castello: paragona le scarpe alle piramidi d’Egitto, definisce come imponenti i terrapieni, annovera con piacere il gran numero di finestre (160), l’altezza delle sei torri, la maestosità dei quattro ponti e l’ampiezza del cammino di ronda.

***

I documenti e le mappe del tempo testimoniano la presenza, ormai perduta, di una fitta rete di passaggi sotterranei atti a collegare il castello con l’esterno. Alcuni di questi pare fossero addirittura percorribili a cavallo. Si dice che il nipote di Sigismondo, Pandolfo IV Malatesta (detto “Pandolfaccio”) utilizzasse sadicamente le numerose trappole che costellavano questi corridoi: il ragazzo attirava degli sventurati in dei punti in cui il pavimento si apriva su delle fosse riempite di ferri taglienti e acuminati, e osservava le vittime sprofondare e andare incontro a morte certa.

***

Benché fosse destinato ad andare incontro all’obsolescenza a causa dell’avvento dell’artiglieria e delle armi da fuoco, inizialmente il Castello era all’avanguardia, e addirittura anticipò la tendenza architettonica e difensiva di costruzioni molto successive. Il merito di ciò va a Sigismondo, che al tempo si vantava di essere un genio militare.

***

Il Castello, oltre al mastio e alle torri, comprendeva tre diverse corti, nonché un palazzo residenziale temporaneo dedicato alla moglie di Sigismondo, Isotta.

***

Prima che l’architetto Carla Tommasini Pietramellara si occupasse dei lavori di restauro, il Castello era ridotto a un rudere. Era in quel rudere che vennero trattenuti i prigionieri fino al 1967, anno in cui la struttura cessò di essere impiegata come carcere.

***

Nel 1498 ai merli del castello furono impiccati tredici cospiratori, tra cui Adimaro Adimari. A monito della forza dei Malatesta, i corpi furono esposti al sole e alle intemperie dal 13 febbraio. La colpa dei tredici era stata quella di cospirare contro Pandolfaccio, fino ad arrivare la notte del 20 gennaio a riunirsi alla chiesa di Sant’Agostino e sguainare le armi contro di lui. A partecipare alla congiura le famiglie più in vista di Rimini. Rocambolesca la fuga di Pandolfaccio, che con un balzo agile, si dice, balzò prima sull’organo e poi sull’altare, traendosi in salvo mentre gli organisti si armavano in sua difesa. L’attacco destò una sommossa popolare: alcuni nobili si schierarono dalla parte di Pandolfo, mentre gran parte del popolo, fomentato da famiglie invise, persisteva a volerlo morto. La situazione fu risolta nel peggiore dei modi: Pandolfo, alla guida di un gruppo armato, uccise due dei mandanti del suo omicidio, dette alle fiamme quattro case e ne saccheggiò altre quindici, quindi fece impiccare i 13 ai merli del castello.

***

Impossibile slegare Castelli Sismondo dalla figura di Sigismondo Malatesta. Di lui Oreste Delucca scrive: “Forte, bello, raffinato, elegantissimo; desiderato dalle donne, invidiato dagli uomini, odiato da molti, ammirato da tutti. Condottiero geniale, reputato il migliore; coraggioso e temerario, sempre in testa ai suoi uomini; ferito innumerevoli volte, eppure mai domo. Signore della guerra, ma disastroso in diplomazia; assolutamente incapace di districarsi nella ingarbugliata situazione italica di metà Quattrocento. Passionale e impulsivo, mutevole nelle opinioni e nelle alleanze, tanto da venire spesso considerato inaffidabile e pericoloso. Reso feroce e crudele dalla durezza delle mille battaglie; e tuttavia dolce con la madre, tenero coi figlioletti, poetico con l’amata Isotta. Così attaccato alla sua Rimini, dove riposano le ossa degli antenati, da esser disposto a morire mille volte pur di non scambiarla con qualunque altra città. Colto e sensibile, ha avuto la capacità di cogliere prima d’altri i fermenti artistici che stavano sbocciando in Italia.” (da Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe).

Spunti videoludici

Il grande fascino di Sigismondo Malatesta, il cui genio militare sta dietro la creazione del Castello, è senza dubbio fonte d’ispirazione per qualsiasi racconto che voglia ambientarsi tra il 1400 e il 1500.
La costruzione del Castello può d’altro canto fare da fulcro per un titolo strategico o gestionale, che consideri le difficoltà nella distruzione degli edifici preesistenti o, più nello specifico, i vari accorgimenti strategici della cinta muraria e dei bastioni.
Le vicende di Pandolfaccio, infine, collegandosi a livello spaziale al sistema di gallerie sotterraneo del castello, adesso perduto, e a livello narrativo con le stragi dei cospiratori, può fare da chiave interpretativa per scandagliare gli anfratti più oscuri e torbidi del tempo. Giocando sul sistema di gallerie e trappole, è possibile immaginare un mondo sotterraneo in tutta libertà.

[Bibliografia]

– Pier Giorgio Pasini, “Castel Sismondo”, in Domenico Berardi, Gian Franco Fontana, Ferruccio Montevecchi (a cura di), Rocche e castelli di Romagna, University Press Bologna, Bologna, 1999.
– Pier Giorgio Pasini, Rocche e castelli malatestiani, Rimini, 2003.
– Oreste Delucca, Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe, Rimini, Bookstones, 2016.
– Ferruccio Farina, Sigismondo Malatesta, 1417-1468: le imprese, il volto e la fama di un principe del Rinascimento, Rimini, Maggioli Editore, 2017.

[Sitografia]

Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini
Miti di Romagna

[Scheda Film Commission]

Emilia-Romagna Film Commission

Si ringrazia il Comune di Rimini per la collaborazione.

Contact Listing Owner