Descrizione
Sito archeologico, fortezza, prigione, tappa obbligatoria per i visitatori, Castel Sant’Angelo è tutto questo, oltre ad essere una delle immagini principali della città eterna. È situato sulla sponda destra del Tevere, di fronte al pons Aelius – al giorno d’oggi ponte Sant’Angelo – a poca distanza dal Vaticano. Si collega allo Stato del Vaticano tramite il corridoio del “passetto”. Il castello, modificato diverse volte in epoca romana, medievale e rinascimentale, vanta una storia millenaria, come d’altra parte moltissimi monumenti all’interno della città. Entrò nel demanio dello Stato italiano nel 1870 come carcere militare e caserma. Dal dicembre del 2014 il Ministero della Cultura lo gestisce tramite il Polo museale del Lazio e dal 2019 attraverso la Direzione Musei statali di Roma. Si articola su sette differenti livelli sovrapposti in un susseguirsi di cortili, bastioni, terrazzi, sale interne, loggiati e prigioni. È un concentrato di storia, arte e in generale conoscenza, sempre pronto a rivelare qualcosa di nuovo. Non a caso, nel 2016 risulta il quinto museo italiano per numero di visitatori.
Cenni storici
La costruzione del Castello iniziò nel 135 d.C. per volontà di Adriano. L’imperatore voleva creare un mausoleo funebre per sé e per i suoi familiari, ispirandosi al mausoleo di Augusto. I lavori furono ultimati dal successore di Adriano, Antonio Pio, nel 139. Venne scelta quella porzione di territorio nella periferia di Roma chiamata Ager Vaticanus. La posizione decentrata del colle e il divieto di inumare i morti all’interno della città fece sì che lungo i lati delle principali vie della zona fossero allineate tombe, fra cui – si diceva – quella dell’apostolo Pietro. La costruzione di Castel Sant’Angelo, vicino alla tomba di Pietro, influì tantissimo sulle evoluzioni dell’Ager Vaticanus e dell’urbanismo di Roma. Si univa alla città tramite il Ponte Elio; è difficile immaginare l’aspetto originario dell’edificio, ma si può dedurre che richiamasse l’Augusteum. Il mausoleo ospitò i resti dell’imperatore Adriano, Antonino Pio, Commodo, Marco Aurelio, Settimio Severo, delle loro rispettive mogli e anche di qualche loro figlio. Dal 403 Onorio incluse l’edificio all’interno delle mura aureliane. Da quel momento perse la sua funzione di sepolcro e funzionò come baluardo difensivo. Salvò la zona durante il sacco del 410 e del 455. Nell’età medievale il forte fu conteso da diverse famiglie nobili romane finché il papa Niccolò III decise di trasferirvi la sede apostolica, almeno parzialmente. Per garantire una sicurezza ancor maggiore, fece costruire il passetto, passaggio protetto per il pontefice dalla basilica di San Pietro alla fortezza. Nel 1367 vennero consegnate a papa Urbano V le chiavi del castello, per sollecitare il rientro dall’esilio ad Avignone. Da qui in poi Castel Sant’Angelo venne usato come rifugio per i Papi in momenti di pericolo, per ospitare l’Archivio e tesori Vaticani e come prigione. Le successive modifiche attuate dai papi resero il Castello un forte sempre più grande e sicuro, dando prova di ciò in diverse occasioni. Dopo l’unità d’Italia venne impiegato prima come caserma, poi come museo.
Focus narrativi
Secondo la tradizione, il nome di Castel Sant’Angelo deriva da un evento accaduto durante un’epidemia di peste ai tempi di papa Gregorio Magno. Il papa aveva deciso di indire una processione penitenziale che avrebbe guidato lui stesso. Mentre il pontefice stava attraversando il ponte Elio, ebbe una visione dell’arcangelo Michele in cima alla mole Adriana che rinfoderava la spada. Venne interpretato come un segno celeste che preannunciava la fine dell’epidemia, che effettivamente cessò di mietere vittime di lì a poco. La mole Adriana, da quel momento in poi, venne chiamata Castel Sant’Angelo. Ancora oggi nel Museo Capitolino è conservata una pietra circolare cui la tradizione riconosce l’impronta dei piedi dell’Arcangelo quando si fermò per dare il suo segno. Come se non bastasse, per commemorare l’avvenimento, venne eretta una statua raffigurante un angelo nell’atto di rinfoderare la spada. Inizialmente, la statua fu di legno e finì per consunzione. Poi di marmo, distrutto durante un assedio. Nel tentativo successivo lo si costruì di nuovo di marmo, con le ali di bronzo, ma venne incenerito da un fulmine che fece esplodere, per altro, la polveriera del castello. Allora si tentò con un angelo di bronzo dorato, ma venne fuso per farne dei cannoni. Finalmente si fece un angelo di marmo con le ali di bronzo, statua attualmente visibile nel cortile dell’Angelo. La statua attuale fu creata da Peter Anton Von Verschaffelt nel XVIII secolo. Per evitare altre distruzioni, la statua è stata sottoposta a restauro negli ultimi decenni del ventesimo secolo.
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Il Castello nasconde in sé tantissime storie di amori, tradimenti, prigionie e scontri. La storia di Marozia racchiude tutti queste parole. Marozia era figlia del Senatore di Roma Teofilatto, che padroneggiava su Roma e aveva preso il Castello come Roccaforte personale, e regina consorte d’Italia a cavallo fra IX e X secolo. Descritta dal vescovo di Cremona Liutprando come “bella come una dea e focosa come una cagna”, era detta dai romani “la papessa”. Questo perché già alla tenera età di quattordici anni era l’amante del papa Sergio III dalla cui unione nacque un figlio. Secondo la storiografia, che non ha un’opinione ottima di Marozia come della sua famiglia, c’è una buona possibilità che la papessa fosse spinta dalla madre nel diventare l’amante del papa. Infatti, anche la madre viene descritta da Liutprando come una “impudentissima meretrice” e una “sgualdrina svergognata”. Per dare conferma alle opinioni di Liutprando, la famiglia pare abbia provveduto a fare strangolare l’ex amante fra le mura di Castel Sant’Angelo. Dalla loro unione era nato però un figlio che salì sul soglio pontificio in giovanissima età, visto che probabilmente Marozia aveva provveduto a eliminare il predecessore. L’anno successivo la nobildonna arrivò a sposarsi per la terza volta, con l’importantissimo signore Ugo di Provenza e le nozze si tennero a Castel Sant’Angelo, le uniche celebrate all’interno delle mura del Castello. Durante le nozze, Ugo offese il figlio minore della papessa, Alberico, schiaffeggiandolo. Questo decise di rispondere, chiamando a raccolta il popolo romano, incitandolo alla rivolta. Le porte della città vennero chiuse, con Ugo dentro che non poteva essere raggiunto dalle sue truppe. Il re riuscì a fuggire fortunosamente dal Castello, lasciandosi tutto alle spalle. Alberico, forte della situazione, prese il potere. La madre si consegnò ad Alberico, convinta del suo amore, ma lui memore delle azioni passate della papessa la fece rinchiudere nelle prigioni del Castello, inaugurando la tradizione carceraria che lo accompagnerà per buona parte della sua storia. Marozia troverà la morte nelle prigioni da lì a qualche anno.
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Il Castello ha avuto diverse occasioni nella sua storia di confermare le sue potenzialità e capacità difensive. Dopo la caduta di Roma la città era in completa decadenza e oggetto di continui sacchi e incursioni. L’ex sepolcro di Adriano divenne il punto di resistenza della città, unica vera roccaforte romana. Durante la guerra gotico-bizantina le truppe greche al comando di Narsete si rifugiarono all’interno del castello mentre poco lontano erano accampate le truppe del goto Totila. La posizione naturalmente protetta, elevata del Castello unita alla robustezza delle sue mura resero molto difficile il compito ai goti. Secondo la leggenda, durante un assalto delle truppe di Totila, i bizantini a corto di munizioni, fecero a pezzi le statue che ornavano l’edificio e le scagliarono sugli aggressori: teste, mani, piedi di marmo che massacrarono un buon numero di goti mettendo in fuga i superstiti. Fu qui che il Mausoleo si slegò dalla funzione di sepolcro per connotarsi come avamposto fortificato per controllare l’accesso settentrionale della città. Un altro momento in cui il Castello funzionò da avamposto difensivo fu nel Sacco di Roma dei lanzichenecchi. 18.000 mercenari tedeschi al comando di Carlo di Borbone diedero assedio alla città leonina, penetrando nel Vaticano. I soldati misero a ferro e fuoco la città depredando e massacrando gli abitanti, i preti, le monache, i poveri e gli ammalati. Una parte della popolazione fece in tempo a rifugiarsi fra le mura di Castel Sant’Angelo. Allo stesso modo papa Clemente VII fu lesto nel percorrere il Passetto di Borgo e mettersi in salvo. Entro sera Roma fu nelle mani degli invasori che per una settimana fecero scorrerie. Dopo alcuni giorni, si verificarono i primi casi di peste fra i Lanzichenecchi e poco meno di una settimana dopo l’epidemia dilagò a Roma, mietendo vittime fin dentro le mura di Castel Sant’Angelo. La fortezza comunque non cedette e solo dopo un mese la guarnigione imperiale riuscì a penetrare e imprigionare Clemente VII.
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Castel Sant’Angelo, quindi, venne usata spesso come carcere. Numerosi sono gli ambienti adibiti a questo scopo, ancora oggi visitabili. Negli ambienti inferiori erano presenti le celle riservate a personaggi di riguardo. Qui, per esempio, venne detenuto Benvenuto Cellini. Personaggio famoso anche per la sua indole inquieta, Cellini si era rifugiato a Roma per scappare da Firenze dove era stato coinvolto in una rissa. Venne rinchiuso nel Castello dopo essere stato messo sotto accusa da Pier Luigi Farnese, incolpato di aver rubato dei beni di Clemente VII nella difesa del sacco di Roma ad opera dei Lanzichenecchi. Il Cellini riuscì ad evadere durante una festa in corso presso il castello. Si calò dall’altro del muro di cinta con una corda creata con delle lenzuola. Si ruppe una gamba nella caduta, ma riuscì comunque a raggiungere la casa del suo amico cardinale. Venne nuovamente catturato e messo nelle segrete, celle a prova di evasione. Ricevette la grazia un anno dopo. Pare che all’interno della cella il Cellini abbia disegnato un Cristo risorto con un rudimentale carboncino. Fra gli altri illustri personaggi rinchiusi troviamo Giordano Bruno e Giovanni Battista Orsini. Venne imprigionato in Castel Sant’Angelo accusato dalla famiglia Borgia di aver tentato di avvelenare il papa e restituito alla famiglia morto. Fra le celle, quella più malfamata era quella di Sammalò o San Marocco, sul retro del bastione di San Marco. Il condannato veniva calato dall’alto e a malapena aveva spazio per sistemarsi mezzo piegato, non potendo stare né in piedi né sdraiato. La cella era uno dei quattro sfiatatoi che davano aria alla sala centrale del Mausoleo di Adriano, dove si trovavano le urne imperiali.
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Il Castello è stato anche set di Assassin’s Creed. I creatori della Ubisoft utilizzarono la fortezza, giustamente, come residenza del papa Alessandro VI e di suo figlio Cesare, intenti nel progetto di unificare l’Italia. Diverse volte Ezio si ritrova all’interno delle mura del Castello, per cercare di carpire informazioni, liberare alleati o tentare di assassinare qualche membro della famiglia Borgia. La ricostruzione del Castello è piuttosto fedele, la storia inevitabilmente si discosta un po’ dalla storia attuale, ma è giusto che sia così. In una delle missioni, per liberare un alleato, Ezio imprigiona Lucrezia Borgia, dopo aver scoperto che tradisce Cesare con un poeta. In un’altra missione, sempre all’interno del Castello, Ezio assiste all’assassinio di Alessandro VI da parte di suo figlio Cesare. In realtà, il piano iniziale di Alessandro VI era quello di avvelenare Cesare, ma un tempestivo intervento di Lucrezia stravolge i piani. Cesare, assetato di potere, non perde neanche tempo a ringraziare Lucrezia di avergli salvato la vita e, dopo aver ucciso il padre, corre alla rincorda della tanto agognata Mela dell’Eden. Ezio trova il cadavere di Alessandro VI e dopo un veloce scambio di parole con la tanto odiata Lucrezia corre alla rincorsa di Cesare.
Spunti videoludici
Il Castello di Sant’Angelo è esteticamente bellissimo. Se lo si mette nel contesto di Roma, diventa inevitabilmente spettacolare. Il ponte che lo collega al Vaticano, il ponte che lo collega alla città, la vista su Roma, tutti questi sono elementi difficilmente pareggiabili. Il fatto che storicamente parlando sia stato una prigione, un mausoleo, una rocca, un castello gli dona delle potenzialità ludiche molto forti. In un videogioco storico di avventura si può essere rinchiusi qui dentro, evadere, fare evadere, resistere a un assedio di Lanzichenecchi, avere interazioni con papi, con i Borgia o altre famiglie importanti, tralasciando il fatto poi che in epoca romana fosse un mausoleo. I suoi corridoi, giardini, le sue segrete lo rendono poi un oggetto videoludico potentissimo dove è possibile ambientare pressoché qualsiasi tipo di dinamica o evento, soprattutto considerando che si è all’interno di una città dalla storia tanto lunga quanto importante.