Descrizione
La basilica di San Zeno è uno dei luoghi di culto più importanti di Verona: dedicata al santo patrono Zeno, sorge nel quartiere a lui dedicato e padroneggia la piazza (sempre a lui dedicata) grazie alla facciata in stile romanico e il campanile che svetta sulla navata destra. La chiesa rappresenta uno dei punti culturali più importanti nella città di Verona sia per il suo valore storico e spirituale – culla del culto del patrono della città – sia per il valore artistico che racchiude. Il portale bronzeo è, per esempio, uno degli elementi architettonici più caratteristici, sia per il suo valore artistico sia per la sua storia enigmatica. La pala di San Zeno, opera del Mantegna, è una delle opere più importanti di tutta Verona. La Basilica nasconde al suo interno, inoltre, una cripta e un chiosco meravigliosi.
Cenni storici
L’attuale chiesa edificata sorge sul luogo dove vennero precedentemente costruiti altri cinque templi religiosi. Si ritiene che Zeno sia morto fra il 372 e il 380. Secondo le fonti, venne eretta una piccola chiesa sopra la tomba del vescovo. Stando alla tradizione, l’edificio venne allargato e ingrandito nel VI secolo, dopo che i veronesi vi trovarono rifugio da un’inondazione dell’Adige. L’edificio probabilmente suscitò le attenzioni dei Goti e dopo un breve periodo di dominio bizantino passò in mano ai Longobardi il cui re, Alboino, ne fece una delle sue residenze preferite. Nel IX secolo la chiesa non versava in condizioni ottimali: probabilmente venne bruciata e fortemente danneggiata e quando il vescovo Ratoldo insieme al re d’Italia Pipino visitarono la città decisero di edificare un nuovo templio. La consacrazione del nuovo edificio fu nell’806 d.C. e il corpo del santo venne mosso nella cripta, in cui ancora oggi risiede. Il nuovo edificio venne probabilmente danneggiato dagli Ungari e in generale dalla seconda ondata di invasioni che infuriò in Europa nel X secolo. I lavori di riparazione e ricostruzione subirono ritardi dovuti all’uso personale del denaro raccolto da parte degli incaricati a presiedere i lavori e vennero ultimati solo nell’XI secolo, quando iniziarono anche i lavori di costruzione del campanile. L’ennesimo problema fu portato da un terremoto che colpì la città di Verona, a seguito del quale furono necessari gli ennesimi lavori di ristrutturazione che diedero alla chiesa il taglio che tutt’oggi possiamo ammirare. Al XIII secolo risale la sopraelevazione del chiostro e il completamento della facciata unita alla definitiva sistemazione del rosone centrale (opera del Maestro Briolato). Successivamente vennero fatte modifiche di stampo gotico, mentre modifiche estetiche e strutturali per rendere la chiesa più adatta alla gestione dei credenti che si riunivano all’interno si susseguirono fino al XVIII secolo. Nel 1770 il monastero venne soppresso – a causa del ridotto numero di frati – seguendo le rigide regole dettate dalla Serenissima repubblica veneta. A inizio XIX secolo non mancarono le predazioni da parte di Napoleone. Fra il 1927 e il 1931 venne diretto un cantiere al fine di ricollocare il trittico di san Zeno all’interno della chiesa dopo che era stato spostato all’interno del museo civico cittadino per proteggerlo durante la Prima guerra mondiale. Venne costruito quindi un nuovo altare, più grande. Successivamente venne dato inizio al lavoro di restauro dei dipinti sull’abside e nell’arco trionfale, uniti alla realizzazione id nuove vetrate e alla riapertura della finestra posta sul fianco meridiano. Nel 1938 vennero infine eseguiti alcuni lavori nell’abside della cripta per migliorare le condizioni igieniche.
Focus narrativi
San Zeno è il patrono della città di Verona. La sua storia si perde in leggenda: è nato in Mauretania, motivo per cui viene anche ricordato come il Vescovo moro, e fu vescovo di Verona negli ultimi decenni del IV secolo. Le fonti lo descrivono come una persona semplice, che fino alla morte si cibò del pesce che egli stesso pescava nel fiume Adige. Sicuramente la scuola retorica africana – alla stregua di Apuleio, Tertulliano e Lattanzio – gli permise di avere una formazione particolarmente erudita e anche grazie a questa riuscì a ricoprire la carica di vescovo. Nella sua opera di evangelizzazione e diffusione del cristianesimo si confrontò in maniera aperta e disponibile verso il paganesimo, cercando di confutare in maniera pacifica l’arianesimo.
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I miracoli che vengono ascritti alla figura di San Zeno sono molteplici. Uno di questi parla di una guarigione miracolosa: Zeno avrebbe guarito la figlia del magistrato Gallieno di Rezia, impossessata dal demonio, ricevendo in cambio una corona d’oro. Un’altra leggenda narra di una scommessa fatta e vinta col diavolo: dopo aver vinto una partita a palla, giocata con la punta di una montagna, avrebbe ottenuto un battesimale in porfido che Satana in persona avrebbe trasportato sulle spalle fino a Verona. La leggenda più importante, sia per gli interessi della chiesa di San Zeno, sia per il fatto che a parlarcene fu Gregorio Magno, è quella dell’inondazione dell’Adige. Al tempo del re longobardo Autari, un improvviso straripamento dell’Adige sommerse tutta la città fino ai tetti. Le acque arrivarono anche davanti alla chiesa dove il re aveva appena sposato la principessa Teodolinda ma si sarebbero arrestate sulla porta, sospese, tanto da potersi bere ma senza allagare l’interno. Ciò salvò i veronesi che decisero di costruire qui la chiesa dedicata all’autore di quel miracolo e patrono della cattedrale. Il miracolo e la sua fama si diffusero e i pistoiesi, che ogni anno dovevano combattere con le acque del fiume Ombrone, assistettero a un miracolo simile che anch’essi attribuirono a San Zeno e lo elevarono a patrono della cattedrale.
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L’aspetto esterno della basilica di San Zeno riflette le diverse epoche di costruzione, gli innumerevoli lavori di ristrutturazione e rifacimento in seguito a tutte le difficoltà che dovette affrontare la chiesa e, più in generale, la città di Verona. La facciata rappresenta il prototipo del romanico veronese: è costruita in pietra dorata dal tempo e ravvivata da diversi elementi plastici che la impreziosiscono. La divisione fra la navata maggiore e quelle minori è segnata da lesene a sezione triangolare, mentre altre lesene di minore rilievo corrono parallele scandendo gli spazi fino agli archetti rampanti sotto il cornicione. Sulla parte destra della facciata è inserito un piccolo bassorilievo in tufo, databile agli inizi del XII secolo, dove sono stilizzate tre figure in piedi raffiguranti Cristo con l’aureola, a sinistra un Santo e a destre un abate col pastorale. La parte centrale invece viene distinta in due zone: quella inferiore che da terra giunge fino al rosone e quella superiore, comprendente il rosone stesso e il timpano. Il rosone è decorato da sei statue raffiguranti le fasi della vita umana, conosciuta come “Ruota delle Fortuna”, nel senso latino di destino. È divisa in dodici settori grazie ad altrettante colonnette di marmo. Esternamente è circondato da una ghiera a tre gradini terminante in una cornice di pietra. Si trovano anche sei figure scolpite in marmo greco rappresentanti i mutamenti del destino dovuti appunto alla Fortuna: in basso e in alto si trovano gli estremi – maggior fortuna e massimo abbandono da parte di questa – le quattro laterali rappresentano invece i momenti intermedi di salita e discesa. Il protiro riporta tre tipi di rappresentazioni: quelle sacre relative alla vita del santo, quelle politiche relative alla vita del comune quelle profane rappresentate dai mesi e i mestieri a loro collegati. Ai lati del protiro stesso sono collocati diciotto bassorilievi che presentano storie dell’Antico e Nuovo Testamento insieme a racconti riguardanti Teodorico il Grande. Per quel che riguarda invece i fianchi della costruzione è proprio qui che si notano le diverse fasi di costruzione: è presente una parte costruita in mattoni di laterizio, quella intermedia un’unione di laterizio e tufo mentre quella più recente, vicino alla facciata, risulta pienamente in tufo. Quest’alternanza di stili costruttivi dona al fianco meridionale un aspetto estetico tanto peculiare quanto unico nel suo genere.
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L’interno della chiesa è diviso in tre navate, scandite da due file di pilastri possenti con sezioni cruciforme. Entrambe le navate accolgono diversi tipi di capolavori che rendono l’ambiente interno della chiesa estremamente affascinante, anche grazie al soffitto ligneo a forma di carena di nave. Nella navata destra è presente una croce affrescata, un affresco raffigurante San Benedetto e subito dopo un altare con una pala affrescata dal pittore Francesco Torbido. Nella navata di sinistra, invece, troviamo l’altare di porfido ottenuto da Zeno dopo aver sconfitto il Diavolo in persona. Si ritiene che i segni su di esso siano stati fatti da Satana nell’atto di trasportarlo dalla Siria a Verona. Il presbiterio è diviso dal resto della chiesa con un pontile-tramezzo che scandisce anche l’entrata verso la cripta, situata sotto il presbiterio stesso. Il presbiterio accoglie diversi affreschi che raffigurano alcuni fatti della storia di Verona: un terremoto, un’inondazione, un sacco da parte dei milanesi. Nella piccola abside di sinistra è presente la statua di San Zeno che ride mentre a servire come altare maggiore vi è il sarcofago dei santi Lupicino, Lucillo e Crescenziano. Le pareti alte del presbiterio sono ricoperte da affreschi trecenteschi; immagini non facenti parte di un vero e proprio ciclo ma con una funzione didattica per i fedeli, per avvicinarli alla bibbia in un’epoca in cui la messa veniva recitata in latino e il popolo era in buona parte analfabeta. Per questo motivo questo tipo di immagini vengono definite “la bibbia dei poveri”, sono facilmente comprensibili e i personaggi al loro interno sono chiaramente identificabili. Sicuramente, l’opera più importante nel presbiterio – e in tutta la chiesa – è la pala affrescata da Andrea Mantegna. La pala non fu solo affrescata dal Mantegna, ma questi si occupò anche di disegnare la cornice del trittico, tutt’ora comprendente sei tavole. Fece aprire espressamente la finestra sul lato destro dell’abside al fine di far coincidere la fonte di luce naturale con quella rappresentata nel dipinto. La pala di San Zeno collocata la Vergine col Bambino al centro, i santi Pietro, Paolo, Giovanni evangelista e Zeno a sinistra mentre a destra Benedetto, Lorenzo, Gregorio e Giovanni Battista. L’aspetto innovativo del trittico sta nella concezione unitaria: tre tavole distinte che compongono una grande opera. L’architettura che circonda la pala conferisce un’aura di sacralità e magia al tutto. Le predelle raffigurano tre momenti della vita di Gesù: l’Orazione, la Crocifissione e la Resurrezione.
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All’interno della ricchissima basilica di San Zeno sono presenti altri elementi architettonici che accrescono il valore culturale ed estetico dell’edificio. Un corridoio posto a sinistra della facciata conduce al chiostro. Questo accresce la bellezza estetica e il fascino della cappella in maniera esponenziale. Due dei quattro lati sono formati da arcatelle ad arco acuto, gli altri due ad arco a tutto sesto. Sul lato settentrionale sporge un’edicola quadrangolare in cui si trovava l’antico pozzo dell’abbazia. Nei muri perimetrali sono posti sarcofagi e lapidi sepolcrali, sul lato meridionali è presente il sepolcro dei monaci dell’abbazia. Altro elemento architettonico di straordinario interesse è la cripta, cui si accede dal pontile tramezzo posto prima del presbiterio. I lavori per la cripta iniziarono intorno al X secolo e da allora fu soggetta a diverse lavorazioni e modifiche dovute a delle irregolarità nelle volte e nelle colonne. L’ambiente interno è suddiviso in dodici navate e nell’abside della cripta si trova il corpo di San Zeno, custodito in un sarcofago. Qui una volta erano custoditi anche i corpi dei santi che adesso sostengono l’altare principale della chiesa, nella parte superiore.
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La porta d’ingresso alla basilica è un portale di enormi dimensioni costituito da un totale di 73 formelle di diverse epoche e grandezze, non determinate con precisione. Il portale, come praticamente tutto il complesso della basilica, ha una storia complessa e travagliata. Sarebbe stato smontato e rimontato almeno due volte, probabilmente questo è il motivo per cui le storie raccontate nelle formelle non seguono un ciclo unico e non sono collegate fra di loro. Alcuni studi recenti hanno teorizzato che parte di queste formelle risalissero a un portale precedente, probabilmente fuse in Sassonia vista la vicinanza stilistica con alcuni portarli di chiese germaniche. Queste formelle più antiche furono realizzate probabilmente durante una generale ristrutturazione della Chiesa quando questa era molto più corta e piccola, consentendo la creazione di un numero più piccolo di formelle. Più avanti, dopo il terremoto, con l’ampliamento e le modifiche alla chiesa, si decise di preservare il patrimonio artistico mantenendo e ricomponendo la porta. Bisogna tenere presente che non rimasero tutte le formelle della prima porta, alcune vennero rubate. In alcune formelle si possono evidenziare resti di colorazione che probabilmente rientrano nel gusto coloristico del Medioevo, considerato che l’architettura e scultura di quel periodo erano coloratissime. Gli interventi di colorazione, che si rifecero anche sulle statue esterne, avevano anche una valenza civica: i vessilli, le bandiere, gli scudi dei soldati ricevuti dalle mani di San Zeno vengono adeguati con le insegne del Comune di Verona. Le formelle riportano, in buona parte, storie del Vecchio e del Nuovo Testamento. Le altre storie che vengono raccontate riguardano la storia di San Zeno.
Spunti videoludici
La storia plurisecolare della Basilica lascia intravedere spunti interessanti da utilizzare in chiave videoludica. Le distruzioni dovute a invasioni, incendi o terremoti permettono di creare dinamiche di fuga, sopravvivenza o battaglia molto avvincenti nel contesto di un videogioco di avventura. Dopo la distruzione, per altro, viene la ricostruzione e anche questo processo lascia spazio per svolgimenti interessanti: si può creare il classico pattern spesso utilizzato negli ultimi anni per cui si utilizza una base operativa – in questo caso la Basilica – da ricostruire e da cui partire per ricostruire alcune zone di città, aumentando gli introiti che ne derivano. Volendo, si potrebbe anche sfruttare la leggenda di San Zeno e i suoi diversi miracoli, fra cui quello che permette di salvare il matrimonio di Teodolinda fermando lo straripamento dell’Adige. La Basilica in sé, dal punto di vista architettonico, è piuttosto spettacolare, soprattutto la Cripta e il Chiostro, sfruttabili magari in un videogioco di ruolo come luogo di scontro con un boss, come luogo in cui viene custodito un segreto da svelare o dove sia necessario risolvere enigmi o misteri.