Bacino di Suviana e Brasimone

Descrizione

Il bacino di Suviana e quello del Brasimone sono due laghi artificiali venutisi a formare grazie alla costruzione di due dighe edificate da Ferrovie dello Stato per la realizzazione di centrali idroelettriche allo scopo di alimentare la linea ferroviaria Bologna-Firenze.
La diga di Suviana, alta 97 metri circa e lunga 225, è del tipo a gravità a profilo triangolare con pianta leggermente arcuata; il bacino, di 46.7 milioni di m3, è alimentato principalmente, oltre che dalle acque del torrente Limentra di Treppio, dalle acque del fiume Reno e del torrente Limentra di Sambuca, che vengono convogliate, tramite condotte sotterranee, dalle località Molino del Pallone e Pavana. Ciò permette di ingrandire il bacino imbrifero naturale dell’invaso di Suviana da 77.6 a 208 km², che così risulta alimentato per circa 2/3 dalle catture idriche operate nelle valli limitrofe.
La centrale idroelettrica che si trova ai piedi della diga sfrutta il salto creato dallo sbarramento per la produzione di energia elettrica tramite l’utilizzo di turbine.
A monte della diga si trova poi la centrale idroelettrica di Bargi, la più potente dell’Emilia-Romagna, che viene alimentata anche dalle acque del non lontano bacino del Brasimone collegato al bacino di Suviana tramite una doppia condotta di 5.40 m di diametro che sfrutta il dislivello di circa 380 m tra i due bacini. La particolarità della centrale di Bargi è che si tratta di un impianto di generazione e pompaggio che scambia, in funzione delle esigenze, notevoli volumi di acqua tra i due bacini: durante le ore di massima richiesta viene utilizzata per produrre energia elettrica mentre nelle ore di minimo carico, in genere di notte, ripompa l’acqua da Suviana al Brasimone.
Il bacino del Brasimone, di circa 6.4 milioni di m3, si è formato con la costruzione della diga di Scalere, diga a gravità alta 40 m e lunga 158 in muratura, realizzata con pietrame del luogo, che intercetta le acque del rio Torto e del torrente Brasimone, principale affluente di sinistra del fiume Setta, che ha un bacino imbrifero di 73.7 km²; sulla riva sud-orientale del lago si trova il Centro Ricerche Brasimone dell’Enea.

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Cenni storici

La diga di Scalere, che portò alla formazione del bacino del Brasimone, risale ai primi anni del XX secolo: il progetto dell’invaso è del 1906 e l’opera risulta terminata nel 1911.
La costruzione della diga di Suviana iniziò invece nel 1928 e terminò nel 1932; a lavori terminati la diga risulta essere tra le più imponenti d’Italia, con il suo bacino di oltre 40 milioni di m3, e la centrale elettrica ai piedi della stessa è la maggiore tra quelle di proprietà pubblica.
Negli anni 1970-1975 venne costruita, sempre nel bacino di Suviana, la centrale di Bargi, dove vennero forzate anche le acque del bacino del Brasimone, facendo così del complesso Suviana-Brasimone il principale dell’Appennino settentrionale, con livelli di potenza e produzione comparabili a quelli delle centrali alpine.

Focus narrativi

Sulle sponde del lago Brasimone si trova il “Centro del Brasimone”, un centro di ricerca dell’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) che è “uno dei maggiori centri di ricerca a livello nazionale e internazionale dedicato allo studio e allo sviluppo delle tecnologie nei settori della fissione di quarta generazione e fusione nucleare a confinamento magnetico”.
Il Centro Enea del Brasimone all’inizio degli anni ‘70 venne scelto quale sito in cui realizzare un reattore sperimentale, l’impianto PEC, per condurre, in base al “Programma Reattori Veloci” siglato dall’Italia insieme alla Francia, prove sugli elementi di combustibile in condizioni termiche e neutroniche comparabili con quelle degli impianti nucleari veloci di potenza (un particolare tipo di reattore nucleare), attuali o futuri.
Dopo l’incidente di Chernobyl del 1986 e al successivo referendum sul nucleare del 1987, iniziò un processo di riconversione del Centro del Brasimone.
Attualmente il Centro è impegnato su diversi progetti di ricerca: si va dalla fusione nucleare, per produrre energia senza il rischio di emissioni radioattive con lo stesso meccanismo che alimenta il sole e le stelle, alla fissione nucleare di quarta generazione, ai radiofarmaci impiegati nella medicina nucleare destinati alla diagnosi e alla terapia dei tumori o alla radioterapia.

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Come detto precedentemente, dopo il disastro di Chernobyl e il seguente referendum abrogativo del 1987, l’Italia abbandonò il nucleare quale forma di produzione di energia e nel 1988 il Governo italiano, recependo i risultati del referendum, nel nuovo “Piano energetico nazionale” deliberò la moratoria nell’utilizzo del nucleare da fissione quale fonte energetica, dando così il via al processo di arresto dell’assemblaggio di combustibile nucleare e ponendosi il problema dello smantellamento delle centrali nucleari esistenti.
Nel 1986 infatti a Chernobyl, in Unione Sovietica nell’Ucraina settentrionale vicino al confine con la Bielorussia, ci fu quello che è considerato il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare: nella notte del 26 aprile, durante un test di sicurezza, a causa di gravi errori del personale e a gravi difetti di progettazione della struttura e degli impianti, si arrivò alla fusione del nocciolo del reattore 4 con conseguenti esplosioni non nucleari che lanciarono nell’atmosfera materiale radioattivo, comportando una contaminazione ambientale 100 volte superiore a quella conseguente alle esplosioni nucleari di Hiroshima e Nagasaki. Nei giorni successivi la nube radioattiva toccò quasi tutta l’Europa con livelli di radioattività via via minori allontanandosi dall’epicentro dell’esplosione.

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I due bacini si trovano all’interno del Parco regionale dei Laghi di Suviana e Brasimone, un’area protetta istituita nel 1995, che contiene al suo interno anche un sito di interesse comunitario; il territorio, caratterizzato da un’altitudine che varia dai 468 ai 1283 metri, è coperto per oltre l’85% da boschi di acero, castagno, sorbo, conifere, biancospino, carpino nero, faggio e roverella alternati a pascoli e radure. Tra la fauna, oltre a cervi, daini, caprioli e cinghiali bisogna segnalare anche la presenza stabile del lupo.
All’interno del parco si trovano anche alcuni borghi medievali come Bargi, Baigno, Badi e Stagno e il piccolo villaggio ormai fantasma di Chiapporato.

Spunti videoludici

Echi di Chernobyl sull’Appennino tosco-emiliano. Il contesto di alta tecnologia legato alla ricerca sul nucleare (dagli studi per un reattore sperimentale per la produzione di energia nucleare iniziati negli anni ’70 fino alla conversione in centro di ricerca dopo il referendum dell’87) crea un interessante dialogo “per opposti” se messo in relazione con l’ambiente particolarmente bucolico del parco regionale e i borghi medievali dei dintorni: una possibile fruttuosa premessa narrativa per immaginare un videogioco di genere distopico che narri di pericolosi orizzonti di sviluppo tecnologico portati avanti sotto la superficie idilliaca della zona. Dopotutto, l’ombra funesta del disastro nucleare di Chernobyl – lontana nel tempo e nello spazio – è sempre viva nella memoria. Il filone “nucleare”, peraltro, è ritornato in auge ultimamente con recenti produzioni seriali come Chernobyl e Dark.

L’acqua. Gli enormi bacini di Suviana e Brasimone definiscono il carattere primario della zona, incentrato sull’elemento naturale per antonomasia, l’acqua. Consistenti quantità di acqua mettono in scena categorie di opposti altamente significativi da un punto di vista narrativo, a partire dal binomio / superficie vs profondità /. Questa coppia di opposti può essere sviluppata videoludicamente in diverse direzioni: si potrebbe sviluppare un gioco sulla memoria (sul recupero del sommerso), considerando che i bacini sono artificiali, e che quindi hanno riempito una valle preesistente, e che nei bacini confluiscono le acque, ed eventuali materiali trasportati, di fiumi e condotti sotterranei; sul segreto / arcano (ciò che l’acqua nasconde; ciò che si è sviluppato sotto la superficie, magari a partire dagli esperimenti nucleari del centro di ricerca); anche il vicino borgo abbandonato di Chiapporato potrebbe contribuire a definire l’atmosfera di mistero della zona.
Interessante anche il tema in sottotraccia dell’equilibrio tra le superfici delle acque e dei relativi dislivelli. Questo tema – oltre a una generale semantica della precarietà – potrebbe contribuire a mettere in campo dinamiche ludiche di genere “puzzle” volte alla gestione delle livelli dell’acqua in vista, magari, di scoperte e disvelamenti.

[Bibliografia]

– R. Bacchelli, La diga del Brasimone, in Nel cinquantenario della società bolognese di elettricità, 1906-1955, Bologna, Il Resto Del Carlino, 1955.
– F. Palmieri, R. Zagnoni, Il “motore idraulico” dal mulino all’idroelettrico. Dieci secoli di energie rinnovabili nell’Appennino bolognese, Porretta Terme, CISA, 2007.
– L. Righetti, La nascita dell’industria idroelettrica nella valle del Brasimone, 1911-1923. 90° anniversario della costruzione della diga delle Scalere, 1911-2001, Bologna, Gruppo di studi Savena Setta Sambro, 2000.
Suviana e Pavana 1934. Mezzo secolo di energia pulita sull’Appennino bolognese e pistoiese. La costruzione degli impianti idroelettrici dell’alto Reno e Limentre, Porretta Terme, Editoriale Nueter, 1987.

[Sitografia]

Brasimone.it
Ambiente Regione Emilia-Romagna

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